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Livio Minafra - pianista diversamente abile

Livio Minafra - pianista diversamente abile
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Spesso, intervistando gli amici jazzisti, mi sono reso conto che parlano come suonano: le concatenazioni del loro linguaggio, la coloritura dei termini, le digressioni, la ponderatezza o la spontaneità delle considerazioni rappresentano la trasposizione in parole del loro mondo musicale. E questo è del tutto naturale e comprensibile perché una forte personalità nell'esternarsi si esprime sempre nello stesso modo qualunque sia il linguaggio espressivo che utilizza. Le risposte di Livio Minafra risultano concatenate e dirette ma torrenziali e imprevedibili, piene di espressioni fiorite, di addentellati, di esplicite provocazioni... Sono cioè manifestazione del suo carattere sincero, entusiasta, fantasioso, irrefrenabile, esattamente come il suo pianismo.

Nato a Ruvo di Puglia nel 1982, Livio pubblica il suo primo CD in solo nel 2003 e vince il Top Jazz nel 2008 come nuovo talento. Nell'affrontare una carriera composita, ricca di collaborazioni e incisioni, di progetti anomali e di tour in luoghi insospettabili, egli si confronta apertamente con culture diverse, di vari ambiti, dalla classica al jazz alla tradizione popolare, ma quasi tutte compromesse con un'idea di Sud che gli sta molto a cuore definire secondo una propria visione. Da anni inoltre affianca il padre Pino nella direzione del Talos Festival di Ruvo. Questi vari aspetti emergono e vengono approfonditi nell'intervista che ci ha concesso.

All About Jazz: Tuo padre è trombettista jazz, tua madre è clavicembalista classica. Come vivi il fatto di essere figlio d'arte, sia nella professione musicale che nella direzione artistica del Talos Festival?

Livio Minafra: Aver respirato arte in casa e in tutte le attività dei genitori fin da quando ero piccolo ha reso per me la musica e la cultura una condizione naturale. La musica dunque non da ambire o scoprire ma da vivere nel quotidiano. In questo senso anche la direzione artistica del Talos, formalizzata quest'anno ma da me praticata già da molti anni assieme a mio padre, conferma questo rapporto diretto tra la mia famiglia d'origine e me. Ed è ciò che, oggi che ho una mia famiglia e il secondo figlio in arrivo, continua a tenerci uniti: l'ideale della musica e della creatività calati in una terra, il Sud, dove ci vuole coraggio a rimanere e dove se sei tenace, testardo e lungimirante si può vincere sulla rassegnazione.

AAJ: In particolare, nelle idee e nella prassi cosa condividi con Pino Minafra e in che cosa ti differenzi?

LM: Io e mio padre condividiamo la ricerca del "folklore immaginario," ovvero quel modo di fare musica consapevole delle radici ma proiettato verso la fantasia e l'innovazione. Mi differenzio nei rapporti umani: lui è sferzante, io inclusivo; mio padre pensa solo alla musica e alle politiche musicali, io mi appassiono anche ad altro.

AAJ: Fra le peculiarità del Talos c'è l'attenzione per il patrimonio bandistico e il connubio fra musica e danza. Ci puoi chiarire in breve questi due aspetti portanti?

LM: Nel folklore immaginario non possono mancare gli attori di un territorio; la Banda, in questo senso, ne è la protagonista caduta in rovina. Ma, come si dice, nobili decaduti sempre nobili sono. E allora di qui l'idea di rilanciarla, sia nella salvaguardia del passato (marce e lirica) sia nella proiezione verso il nuovo con nuove composizioni e l'inserimento di improvvisatori. Quest'anno La Notte della Banda vedrà brani di Nicola Pisani, Charlie Haden, Michel Godard, dei Fratelli Mancuso (arrangiati da me), di Cesare Dell'Anna, Donato Semeraro e dello stesso Pino Minafra. La danza, soprattutto grazie al lavoro di Giulio De Leo e della Compagnia Menhir, intessendo trame neoclassiche e contemporanee, sta davvero sposando questa concezione di relazione col Sud nelle sue peculiarità. Non è un caso che alcuni lavori riprendano i rituali processionali, le gestualità meridionali o perfino riferimenti agli ulivi. E allora l'incontro è sincero e funzionale perché, pur giungendo da discipline diverse, ha un obbiettivo comune.

AAJ: Quali sono invece le innovazioni, gli esperimenti, le curiosità dell'edizione che si aprirà fra poco?

LM: La novità è che l'Amministrazione Comunale nella figura dell'Assessore alla Cultura Monica Filograno, compreso da subito il livello del Talos e la scommessa insita in questo laboratorio (più che festival), ha pensato di concepire l'estate ruvese come una sorta di attesa del Talos denominandola "Innesti." Ruvo di Puglia è un paese di tradizione agricola quindi l'innesto, inteso come innovazione nella tradizione, fa parte della nostra cultura. Trovo dunque fecondo e indovinato l'aver concepito iniziative adeguate: per esempio laboratori per adolescenti e bambini in cui si sono realizzati spaventapasseri ispirati a mio padre Pino, a Trilok Gurtu e alle Voci Bulgare, che addobberanno parte del centro storico. Questa e tante altre iniziative sono animate dall'Associazione Bembé di Ruvo di Puglia, sotto il coordinamento di Tommaso Scarimbolo con il supporto di Beatrice Mazzone, Bruno Soriato, Marco De Leo e Sabrina Vendola.

AAJ: In particolare su che cosa punta la programmazione?

LM: La programmazione del festival punta su bande, orchestre, big band e altre formazioni assieme alle innovazioni di Giorgio Distante e Vincenzo Mazzone. Nella danza contemporanea la Compagnia Menhir, assieme ai nomi di punta Rodolfo Piazza Pfitscher Da Silva e Sanna Myllilahti, coinvolge cento danzatori di tutte le età tra professionisti e non. Durante il festival ci saranno poi i laboratori collaterali di musica, tenuti da Michel Godard, Nicola Pisani e Roland Neffe. Una maniera dunque di unire il macrocosmo dei grandi artisti che vengono al Talos al microcosmo del paese che così è sempre più coinvolto e parte attiva di questo festival-laboratorio. L'appuntamento è dal 1° al 9 settembre a Ruvo.

AAJ: Un aspetto importante e spinoso: i finanziamenti pubblici e i contributi degli sponsor privati. Come sono cambiati nel tempo? Costituiscono tuttora una variabile troppo imprevedibile per una programmazione seria a lunga/media scadenza?

LM: Già, ma quale alternativa? Non facciamo Pop per cui chiedere 100.000 euro all'Heineken. E allora devi scervellarti per costituire una rete pubblico-privato virtuosa. L'Amministrazione Comunale sostiene da sempre il Talos, poi si aggiunge il contributo della Regione Puglia poiché siamo risultati secondi nel cosiddetto "bandone" triennale dell'anno scorso ed è questo già un cambiamento notevole: non si fa più domanda di finanziamento o non si caldeggia più l'Assessore di turno per ottenere un sostegno finanziario; oggi devi essere una sorta di impresa che imbratta le carte e partecipa a bandi pubblici dove devi farti valere nei contenuti e nell'esposizione. Burocrazia pura, che tuttavia fa crescere un festival e lo toglie dall'idea assistenzialistica che si ha della cultura.

In questo senso anche gli sponsor non vanno trattati come un tempo, in cui erano solo dei soggetti erogatori finanziari in cambio del logo sul depliant. Oggi uno sponsor va trattato come soggetto pensante e un festival che si rispetti deve avere la gioia e l'arguzia di collegare le proprie performance, concerti e spettacoli con la visione di uno sponsor. Mi spiego meglio con un esempio: per l'anno prossimo stiamo lavorando ad uno spettacolo sul grano, dove musica e danza interpreteranno questo prodotto del nostro territorio nei suoni e nelle gestualità della raccolta d'un tempo; per questo siamo in trattative con due grossi produttori agroalimentari per un sostegno al festival, ma anche per coniugare i due intenti. Questo è futuro. La variabile imprevedibile, infatti, è purtroppo pensare che le cose siano sempre uguali e che non cambino mai. Il futuro è a portata di mano e, sinceramente, è meglio che cambi così, benché sia dura starne al passo. In tutto questo il FUS, dopo che per due volte in questi venti anni ci ha ammesso ai finanziamenti, ci ha escluso dal Triennio 2018-2020... ma noi andiamo avanti!

AAJ: Prendendo ora in considerazione la tua attività di pianista, cosa ti ha portato in oltre un decennio a privilegiare le esibizioni in piano solo?

LM: La mia diversa abilità. Quando ti costruisci un immaginario tutto tuo, originale e autobiografico, fatichi a trovare tuoi simili e diventi un diversamente abile artistico. Quindi è difficile trovare dei fantasisti; nel migliore dei casi trovi splendidi musicisti, ma che cadono nei cliché. Io mi sento come Paolo Angeli, Giuliano Di Cesare o Renaud Garcia-Fons, artisti con un proprio immaginario così forte che con gli altri devono trovare isole comuni per far qualcosa insieme e il risultato è che si devono allontanare dalla propria isola. Così sono sempre più lontano dalle formazioni —benché mi divertano molto —e sono sempre più vicino al concetto di duo, che per me è dialogo. Quando si parla con una persona la si guarda negli occhi; se si è in tre non puoi guardare entrambi negli occhi e quindi devi guardarne uno alla volta. Quindi per me il duo rappresenta l'unica altra grande faccia del solo. In questi anni sono entusiasta di aver fatto un duo con Louis Moholo-Moholo (CD Born Free —Incipit Records, 2015), col tenore Aldo Caputo (tra lirica e jazz), con la fisarmonicista greco-ucraina Eugenia Cherkazova (tra musica da camera e balcanica) e un duo con la cantante popolare serba Svetlana Spajic.

AAJ: Cosa ci puoi dire allora della genesi e della musica del CD Campo Armonico, in trio con Roland Neffe e Michel Godard, che sarà presentato anche al festival?

LM: È stata un'intuizione di Thomas Hein, giornalista radiofonico austriaco. Prima ha creato un duo tra me e Roland Neffe (...ancora un duo) e poi ci ha aggiunto il polimorfo Michel Godard! La formazione è nata immediatamente, frutto di brani un po' miei, un po' di Roland e un po' di Michel e quest'anno abbiamo dato alla luce il CD per l'etichetta viennese Quinton Records. In effetti giochiamo con gli ambiti modali e improvvisiamo tanto: interplay a gogò per brani che sono più che altro canovacci. Non vedo l'ora di suonare di nuovo con loro al Talos e di fare altri concerti insieme!

AAJ: Quali altre collaborazioni significative degli ultimi anni ti preme ricordare?

LM: Tra i numerosi duo c'è anche quello con mio padre, che non so se suonerà ancora in futuro. Ma sono contento di averlo filmato a Liezen in Austria nella chiesa di St. Veit, dove io ho suonato l'organo a canne e lui la tromba e soprattutto il flicorno soprano. Inoltre affianco mia madre Margherita Porfido nel Festival e Concorso Internazionale Wanda Landowska, dove al centro c'è il clavicembalo nel suo repertorio antico e contemporaneo. Inoltre, collaborazione anomala, sono stato ospite della formazione moscovita La Villa Barocca, dal repertorio italiano rinascimentale e barocco, in cui ho potuto improvvisare al piano all'interno di ostinati tipici dell'epoca: follie, passacaglie, ciaccone... Con loro ho tenuto una tournée in Russia quest'anno.

AAJ: Cosa ti piacerebbe realizzare nel prossimo futuro?

LM: Mi godo la realizzazione del CD Sole Luna e quest'avventura che introduce nel mio solo la loop station. E mi godo l'aver vinto il bando Sillumina assieme alla Egea, che mi ha fatto suonare in Russia, Serbia, Austria e che mi riserva altri concerti a Parigi, Lione, al London Jazz Festival in novembre, oltreché in Svizzera nel 2019. Vado avanti, è strano, diversamente abile artisticamente e fiero dell'esser unico, come tutti noi se avessimo la possibilità e il coraggio di espletarlo. Unico per me significa essere autobiografico, non certo bravo. Il bravo è fallimentare come lo scarso. Si è unici anche con una sola nota (vedi Santana) ma dev'essere la propria.

AAJ: Come molti tuoi colleghi musicisti ti dedichi anche all'insegnamento. Che importanza assegni a quest'attività? Dove e cosa insegni oggi?

LM: Trasmettere i propri studi, la propria passione e la propria scelta di vita è bellissimo. Inoltre insegnare dove ti sei formato—insegno Pianoforte Jazz ed altre materie affini al Conservatorio Piccinni di Bari —è certamente gratificante. La mia visione a 360° mi ha imposto di specializzarmi in più ambiti: posseggo un diploma in Pianoforte classico, un diploma in Strumentazione per Banda e due lauree, in Jazz e in Composizione. Così sono sempre pronto alle domande dei ragazzi. Devo esprimere, tuttavia, un rammarico forte per la mancanza di curiosità da parte dei ragazzi verso il passato e verso il futuro. Si somigliano tutti, sono chiusi in modelli americani e pattern, studiati sui libri e non tratti dai cd. La differenza è tra bravi e deboli, mentre la vera diversità è rarissima, quasi assente. E in questo senso il Conservatorio, onestamente, lo vedo più affannato a insegnare i crismi del mainstream piuttosto che coltivare ogni studente come un unicum originale dove le barriere di uno stile non dovrebbero esistere.

Mi sento un po' solo e stupido a volte. Io suono coi piedi il pianoforte (e non è una battuta), ci metto giocattoli, invento brani dedicati alle Campane, al Muezzin, ai suoni della natura e gli studenti mi chiedono "All the Things You Are..." Naturalmente sono prontissimo a dar loro tutti gli strumenti per suonare questa splendida song, ma spero che un giorno tutto ciò cambi. In Italia abbiamo e abbiamo avuto gente come Giorgio Gaslini, Bruno Tommaso, Gianluigi Trovesi, Antonello Salis... e a tratti sembra non sia mai accaduto.

Foto: Valentina Pavone

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