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Rich Halley: Live at the Penofin Jazz Festival

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Rich Halley: Live at the Penofin Jazz Festival
Un sassofonista che vive a Portland, nell'Oregon. Un cornettista eternamente in ombra nato a Cleveland, nel Mississippi, ma da quasi mezzo secolo attivo a Los Angeles e dintorni. Un festival fuori mano come il Penofin Jazz, che da diciassette anni si svolge a Potter Valley, centoventi miglia a nord di San Francisco. Ecco un disco che percorre sentieri poco battuti, provando a mettere in discussione quella percezione tutta europea che nel jazz americano di oggi [e di ieri] ci siano soltanto New York e Chicago.

Registrato in presa diretta il 17 maggio del 2008, Live at the Penofin Jazz Festival racconta le gesta del Rich Halley quartet, formazione che ha l'onore di ospitare il veterano Bobby Bradford. È lui il cornettista nativo di Cleveland citato qualche riga sopra, ottantasei anni compiuti lo scorso 19 luglio e primo nome sulla lista dei grandi che dal jazz hanno avuto meno di quel che hanno dato.

Svezzato dalla Los Angeles anni Cinquanta, madre rinnegata di una nutrita schiera di talenti [Mingus, Dolphy, Ornette, tanto per citarne alcuni], Bradford è una delle vittime più illustri della sindrome da cono d'ombra che ha afflitto gli epigoni della scena free californiana [Horace Tapscott docet]. La scelta di restare a Los Angeles negli anni in cui tutto accadeva a New York, lo scarso feeling con i produttori e le sale d'incisione, la vocazione per l'insegnamento: è bastato poco per finire ai margini. Eppure siamo al cospetto di un musicista straordinario, che tra il '61 e il '63 ha spesso preso il posto di Don Cherry nel quartetto di Ornette Coleman [su disco, al fianco di Ornette, lo troviamo in Science Fiction], per poi instaurare una simbiosi creativa con John Carter durata fino al '91, anno della scomparsa del geniale clarinettista [che pure vanta un credito non indifferente nei confronti della storia del jazz].

Un musicista straordinario, si diceva. Ieri come oggi. Innanzitutto il suono: squillante, pulito, argentino; inconfondibile sintesi tra la lezione dei padri [quelli veri: Armstrong, King Oliver, Muggsy Spanier, "Papa" Celestin] e i dettami della rivoluzione ornettiana. Ascoltare per credere l'assolo in "Streets Below," un saggio di lucidità e compostezza; oppure quello che sta a cavallo dei quattro minuti di "Grey Stones/Shards of Sky," un gioiellino di eleganza a tempo di marcia.

Dato a Bradford quel che è di Bradford, resta da dire di una sezione ritmica un po' troppo legnosa e di un Rich Halley che si conferma tenorista di buona levatura, dotato di una pronuncia robusta ma non banale, avventuroso quanto basta, un coltraniano di larghe vedute.

Anche questa è America: tanti saluti da Potter Valley.

Personnel

Rich Halley
saxophone, tenor

Rich Halley: tenor saxophone; Bobby Bradford: cornet; Clyde Reed: bass; Carson Halley: drums.

Album information

Title: Live at the Penofin Jazz Festival | Year Released: 2011 | Record Label: Pine Eagle Records


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January 2011

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