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L’alchimista: intervista a Bebo Ferra

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Sono arrivato a pensare a un progetto elettrico dopo la militanza sia con gli Apogeo che con il Devil Quartet di Paolo Fresu, situazioni nelle quali c'è un aspetto di aggressività e una grande ricerca sonora.
Specs People è il nuovo album che Bebo Ferra ha realizzato in trio con il batterista Maxx Furian e Gianluca Di Ienno all'organo Hammond, per l'etichetta Tuk Music di Paolo Fresu. Una formazione inedita che il chitarrista sardo ha scelto per dar vita alla sua nuova visione musicale, più "British" e meno mediterranea. Per il chitarrista si tratta di un momento di trasformazione: dalle sonorità acustiche, che spesso hanno rimandato a scenari dall'impronta melodica mediterranea, alle tensioni dello strumento elettrico, che da qualche tempo sta entrando in maniera decisiva nel suo modo di fare musica. Un approccio derivato dagli interessi e dalle esperienze con il Devil Quartet di Paolo Fresu e Apogeo di Giovanni Tommaso, che lo hanno portato a concepire un lavoro indirizzato verso lidi psichedelici, pieno di inserti elettronici e risvolti di varia natura: dalla musica da film ai deragliamenti in ambito rock, mantenendo intatto sul viso un sorriso di sottile ironia.

All About Jazz: Cosa ti ha spinto a sperimentare la formula chitarra, Hammond, batteria?

Bebo Ferra: Per questo tipo di line-up esiste già una grande tradizione, ma sinceramente non ho preso ispirazione da nessuno, perché tutte le cose che ho sentito non mi hanno mai influenzato più di tanto. Nel nostro caso ho pensato più al suono degli anni Settanta, che è un aspetto che non è stato mai troppo sfruttato. Ho preso maggiore ispirazione dai gruppi progressive, cercando di ottenere un suono particolare, il suono inglese di quel periodo.

AAJ: Nelle note di copertina di Specs People, tra i tanti ringraziamenti, c'è un riferimento ai Pink Floyd "per la loro ispirazione musicale". Quale aspetto della band inglese è entrato nel tuo DNA di compositore?

B.F.: Il loro aspetto psichedelico, che ritengo sia la caratteristica più interessante. Hanno sviluppato un fermento fantastico, in un periodo che non è stato molto considerato sotto il profilo jazzistico. Risentendo oggi alcune cose dei Pink Floyd, come quelle di altri gruppi del periodo, suonano molto più jazz che rock, perché erano dei grandi sperimentatori, improvvisavano molto. Certo, non c'era spazio per gli interventi solistici tipici del jazz, ma era una musica che funzionava in un insieme di grande affiatamento. In Specs People non ci sono molti spazi solistici. Ho cercato di mettere in musica delle idee che non avessero la classica struttura tema-solo, ho cercato il suono della band.

AAJ: In tema di psichedelia, il brano "L'alchimista" è una dedica a Syd Barrett?

B.F.: No, in realtà l'alchimista sono io (ride, N.d.R.). Nel gruppo ci siamo dati dei soprannomi: io sono l'alchimista, con le mie pozioni magiche fatte di effetti e dei miei giochi di suoni; il batterista Maxx Furian è il fabbro, perché è quello che deve picchiare; mentre il tastierista Gianluca Di Ienno è il farfallino, perché vola di qua e di là, adoperandosi in vari ruoli. Nel disco ci sono dei temi che si riferiscono a questi nomignoli.

AAJ: Hai fatto parte della band con la quale Rita Marcotulli ha rivisto parte del repertorio pinkfloydiano. Si è trattato di un'esperienza fine a se stessa o anche tu hai intenzione di omaggiare questa band in maniera concreta?

B.F.: Ho in mente varie cose. Sono molto attratto dai Pink Floyd, ma anche da band come i Radiohead. Sono gruppi che hanno fatto una ricerca sonora molto interessante. Sinceramente non posso dire di avere un progetto in mente ben definito, però è probabile che il prossimo lavoro sarà indirizzato verso questi aspetti.

AAJ: Stai attraversando un cambiamento di approccio molto importante.

B.F.: Mi sono costruito una credibilità come chitarrista acustico, avendo fatto almeno una quindicina di dischi con questo strumento, mettendo nella mia musica il mio lato 'etnico,' dovuto anche alla mia appartenenza geografica, visto che la Sardegna è una terra così ricca di suoni. Ora sto cercando con la chitarra elettrica una nuova strada, ispirata alla musica rock inglese, cercando sempre però una personale peculiarità in quello che realizzo.

AAJ: Rock e jazz che, come altre volte in passato, incrociano in maniera positiva il proprio cammino. Un po' come negli Apogeo di Giovanni Tommaso. Cosa si prova e cosa si impara nel dividere il palco con un monumento come Tommaso?

B.F.: Sono arrivato a pensare a un progetto elettrico dopo la militanza sia con gli Apogeo che con il Devil Quartet di Paolo Fresu, situazioni nelle quali c'è un aspetto di aggressività e una grande ricerca sonora, e nelle quali sono stato costretto a lavorare con la chitarra in maniera diversa rispetto al passato. In quello che sto facendo ora c'è sicuramente tanto delle cose che ho imparato da Giovanni Tommaso, che è un musicista fantastico, con un modo di scrivere musica - dai Perigeo a questa attualizzazione degli Apogeo - veramente notevole. Le esperienze fatte con Tommaso e Fresu sono entrate direttamente nel mio modo di fare musica.

AAJ: Specs People è uscito per la Tuk Music di Paolo Fresu. C'è un feeling particolare con lui?

B.F.: Si è creato un rapporto molto stretto. Abbiamo scritto anche una colonna sonora, per un film di Marina Spada che si intitola Il mio domani, con Claudia Gerini come attrice protagonista, che ha già ricevuto dei riconoscimenti di prestigio. Abbiamo delle idee in comune che ci stanno portando a lavorare in diversi settori, sia sul versante jazz che delle colonne sonore. Da poco abbiamo musicato il libro di filastrocche per bambini Nidi di note.

AAJ: A proposito di cinema, in Specs People, tra gli originali, c'è la cover di "Gran Torino". Come si relaziona la tua musica con gli altri aspetti artistici?

B.F.: Con il cinema ho un rapporto molto stretto. Una caratteristica della mia musica, che mi è stata spesso riconosciuta, è di essere descrittiva, adatta al commento di immagini. Mi è venuto naturale mettere un brano che adoro, di un film che adoro, di un regista che adoro, e ripeto la parola "adoro" perché stiamo parlando di un grande assoluto come Clint Eastwood. Un regista che ha realizzato anche diversi documentari sul jazz, del quale è un grande appassionato. Non è casuale che abbia scelto di fare "Gran Torino," un brano che mi ha colpito nel cuore, un brano semplice ma che descrive in maniera perfetta una situazione. Volevo farlo e sono molto contento di averlo fatto.

AAJ: C'è un pizzico di egocentrismo nel mettere in scaletta il brano "29 Aprile," data che si riferisce al tuo compleanno?

B.F.: No, è stato un gioco anche questo (ride, N.d.R.). Si riferisce alla mia data di nascita, ma anche a quella di Duke Ellington. Il brano ha avuto la sua origine con l'arrangiamento di "Caravan". Da quella idea è nata poi in studio una cosa diversa, ma volevo mantenere la dedica a Ellington.

AAJ: Mentre "La sagra delle quinte" si riferisce a qualche tua intuizione compositiva?

B.F.: Sì, lo sviluppo armonico del brano è fatto di quinte parallele, non ho usato altri intervalli. Mi sono ispirato alla "Sagra della primavera" di Stravinky, nella quale c'è una parte di archi con degli intervalli di quinta, e da lì ho sviluppato il tema. Quindi, con molta ironia, è nata "La sagra delle quinte".

AAJ: Nelle jazz band italiane, e non solo, la chitarra elettrica trova sempre più spazio. Pensi che questo fenomeno derivi da un background culturale specifico o si tratta solo di casualità?

B.F.: Dare una risposta precisa è difficile. Da Hendrix in poi la chitarra elettrica è lo strumento che si è più evoluto. Quindi il fatto che molte band usino il colore della chitarra è proprio una conseguenza, perché le possibilità e le diversità che può produrre una chitarra elettrica sono moltissime. Tra il suono di due chitarristi spesso c'è un abisso, metti per esempio Marc Ribot e Pat Metheny. Molti musicisti hanno voglia di inserire questo elemento che può dare molto in un contesto jazzistico, dove gli altri strumenti - che hanno dato tanto nel corso degli anni - sono meno legati al momento.

AAJ: Per dare un'idea di attualità a quello che si realizza di cosa c'è bisogno?

B.F.: Nel jazz confluiscono generi diversi, e anche i musicisti jazz sono molto diversi tra di loro. C'è chi suona in maniera mainstream e chi in maniera sperimentale. Spesso succede che tra le due schiere ci sia un attrito. Io non appartengo a nessuna parrocchia, e non mi interessa questo aspetto. Per me la musica attuale è quella che risente dell'influenza di tutti i generi musicali; nel jazz può confluire di tutto e storicamente è una musica che nasce mischiando le culture di vari popoli. È insito nella natura del jazz. Ritengo un errore schierarsi su posizioni determinate. Se vuoi fare una musica attuale devi tenere conto dei suoni del momento e quindi rendere il proprio linguaggio credibile in questo senso. I grandi come Miles Davis e John Coltrane hanno fatto questo, si sono confrontati con la propria epoca, senza preconcetti. Per essere attuali bisogna tenere presente la musica di tutto il Mondo.

Foto di Danilo Codazzi (la prima), Roberto Cifarelli (la seconda, la terza), Andrea Feliziani (la quarta), Paolo Mura (la quinta e la sesta).


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