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Lagarina Jazz Festival 2016
Lagarina Jazz Festival 2016 Ala, Brentonico, Isera, Mori, Villa Lagarina 29.07-17.09.2016
Alla sua dodicesima edizione, il Lagarina Jazz Festival ha articolato la propria programmazione in blocchi di due- tre concerti (intervallati ogni dieci giorni circa), a coprire tutto il mese di agosto e la prima metà del mese di settembre.
Filo conduttore di quest'anno l'interazione, l'incontro di nuovi suoni e linguaggi, che scaturiscono anche dall'impiego di nuovi strumenti e tecnologie, con la tradizione del jazz.
La nostra cronaca si concentrerà sul nucleo centrale del festival, che ha proposto tre concerti a loro modo paradigmatici di tre differenti modalità in cui tale interazione può esplicitarsi e prendere forma.
Il quintetto del trombettista Alessandro Presti (Daniele Tittarelli al sax alto, Alessandro Lanzoni al pianoforte, Gabriele Evangelista al contrabbasso e Francesco Ciniglio alla batteria) ha scelto l'approccio più classico: il confronto, l'interplay, tra i diversi linguaggi di cui si fanno portatori gli strumentisti sul palco. Nello specifico, tra una front-line orientata verso la tradizione, una sezione contrabbasso-batteria di impronta più contemporanea, ed il pianoforte che si carica del ruolo di mediatore, di bilanciamento degli equilibri sul palco. In scaletta, composizioni di Presti tratte dall'album Halaesa, di prossima pubblicazione per l'etichetta Cam Jazz. Un'opera prima che mostra chiaramente la conoscenza e l'amore che Presti nutre nei confronti del jazz degli anni '50-'60, ma che lascia anche intravedere una giusta propensione a seguire una via più attuale. Del resto lo stesso trombettista, conversando con il pubblico prima del concerto, spiegava come una sua recente esperienza newyorkese abbia influenzato e modificato profondamente in tal senso il suo approccio alla musica ed alla composizione.
Il chitarrista Kurt Rosenwinkel, qui con il suo trio Bandit 65 (Tim Motzer a chitarra ed elettronica e Gintas Janusonis alla batteria), ha presentato invece una musica decisamente più fusion, tra rock progressivo ed elettronica. Bandit 65 è un progetto che esiste da circa sei anni, a cui i tre musicisti tornano periodicamente. Segno di un'esigenza artistica forte e di un'altrettanto forte adesione a quanto suonato: echi di Pink Floyd, Pat Metheny, King Crimson, qualche lampo di blues e tanta elettronica. Il trio mostra una tecnica strumentale mostruosa, non sempre sostenuta da un gusto adeguato, da un'idea musicale altrettanto raffinata. Dobbiamo tuttavia rilevare come questa formazione fosse in realtà un ripiego dell'ultimo minuto causa indisponibilità del trio originariamente programmato e che prevedeva, oltre allo stesso Rosenwinkel, Eric Revis al contrabbasso e John Patocha alla batteria. Altra formazione e, verrebbe da dire, tutta un'altra musica.
La sera successiva abbiamo assistito al concerto del duo composto dal vibrafonista Pasquale Mirra e dal trombettista Gabriele Mitelli, senza dubbio una delle formazioni più belle scaturite dal jazz italiano negli ultimi anni. Come di consueto, i due musicisti hanno lavorato seguendo un percorso di improvvisazione libera e strutturale, muovendosi tra frammenti di Thelonious Monk, Charles Mingus, Don Cherry ed altri, scelti e sviluppati in corso d'opera secondo l'estro del momento. Echi d'Africa e della tradizione si sono intrecciati con atmosfere avant e frammenti di gusto minimalista, in un concerto intenso e coinvolgente, purtroppo non premiato da un'adeguata affluenza di pubblico. Proprio vero che gli assenti hanno sempre torto!
Foto
Gianluca Carè
Alla sua dodicesima edizione, il Lagarina Jazz Festival ha articolato la propria programmazione in blocchi di due- tre concerti (intervallati ogni dieci giorni circa), a coprire tutto il mese di agosto e la prima metà del mese di settembre.
Filo conduttore di quest'anno l'interazione, l'incontro di nuovi suoni e linguaggi, che scaturiscono anche dall'impiego di nuovi strumenti e tecnologie, con la tradizione del jazz.
La nostra cronaca si concentrerà sul nucleo centrale del festival, che ha proposto tre concerti a loro modo paradigmatici di tre differenti modalità in cui tale interazione può esplicitarsi e prendere forma.
Il quintetto del trombettista Alessandro Presti (Daniele Tittarelli al sax alto, Alessandro Lanzoni al pianoforte, Gabriele Evangelista al contrabbasso e Francesco Ciniglio alla batteria) ha scelto l'approccio più classico: il confronto, l'interplay, tra i diversi linguaggi di cui si fanno portatori gli strumentisti sul palco. Nello specifico, tra una front-line orientata verso la tradizione, una sezione contrabbasso-batteria di impronta più contemporanea, ed il pianoforte che si carica del ruolo di mediatore, di bilanciamento degli equilibri sul palco. In scaletta, composizioni di Presti tratte dall'album Halaesa, di prossima pubblicazione per l'etichetta Cam Jazz. Un'opera prima che mostra chiaramente la conoscenza e l'amore che Presti nutre nei confronti del jazz degli anni '50-'60, ma che lascia anche intravedere una giusta propensione a seguire una via più attuale. Del resto lo stesso trombettista, conversando con il pubblico prima del concerto, spiegava come una sua recente esperienza newyorkese abbia influenzato e modificato profondamente in tal senso il suo approccio alla musica ed alla composizione.
Il chitarrista Kurt Rosenwinkel, qui con il suo trio Bandit 65 (Tim Motzer a chitarra ed elettronica e Gintas Janusonis alla batteria), ha presentato invece una musica decisamente più fusion, tra rock progressivo ed elettronica. Bandit 65 è un progetto che esiste da circa sei anni, a cui i tre musicisti tornano periodicamente. Segno di un'esigenza artistica forte e di un'altrettanto forte adesione a quanto suonato: echi di Pink Floyd, Pat Metheny, King Crimson, qualche lampo di blues e tanta elettronica. Il trio mostra una tecnica strumentale mostruosa, non sempre sostenuta da un gusto adeguato, da un'idea musicale altrettanto raffinata. Dobbiamo tuttavia rilevare come questa formazione fosse in realtà un ripiego dell'ultimo minuto causa indisponibilità del trio originariamente programmato e che prevedeva, oltre allo stesso Rosenwinkel, Eric Revis al contrabbasso e John Patocha alla batteria. Altra formazione e, verrebbe da dire, tutta un'altra musica.
La sera successiva abbiamo assistito al concerto del duo composto dal vibrafonista Pasquale Mirra e dal trombettista Gabriele Mitelli, senza dubbio una delle formazioni più belle scaturite dal jazz italiano negli ultimi anni. Come di consueto, i due musicisti hanno lavorato seguendo un percorso di improvvisazione libera e strutturale, muovendosi tra frammenti di Thelonious Monk, Charles Mingus, Don Cherry ed altri, scelti e sviluppati in corso d'opera secondo l'estro del momento. Echi d'Africa e della tradizione si sono intrecciati con atmosfere avant e frammenti di gusto minimalista, in un concerto intenso e coinvolgente, purtroppo non premiato da un'adeguata affluenza di pubblico. Proprio vero che gli assenti hanno sempre torto!
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