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La persistente attualità di Tim Berne

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Negli ultimi tempi sembra che Tim Berne, sessant'anni compiuti il 16 ottobre 2014, stia vivendo una seconda giovinezza e una grande maturità creativa, che lo hanno portato anche a collaborare con vari gruppi di musicisti emergenti che si potrebbero idealmente considerare suoi allievi. Dopo essere giunto a incidere per la ECM ha raggiunto un riconoscimento ancora più diffuso. Fra l'altro, a capo del suo quartetto Snakeoil, ora diventato quintetto, o come membro di formazioni pilotate da altri, ha avuto modo di esibirsi spesso nel nostro Paese.

È il momento quindi di riprendere il discorso su di lui per cercare non tanto di condurre un'approfondita analisi critica del suo lavoro quasi quarantennale, quanto piuttosto di inquadrare la sua attività attuale alla luce di precedenti e costanti che ne convalidano la coerenza e l'autenticità. Per via dell'unitarietà della sua concezione musicale, propositiva e anticipatrice negli anni Ottanta, più equilibrata e consapevole in tempi recenti, non si può comprendere il Berne di oggi se non si ripercorre la sua esperienza musicale a partire da quegli anni. Interrogandoci su questa continuità, abbiamo avuto l'occasione di incontrare a Bologna il sassofonista americano, che ringraziamo per la disponibilità, e di affrontare con lui alcuni argomenti di centrale importanza.

Quando nel 1988 scrissi per Musica Jazz il mio articolo biografico, forse il primo in Italia su di lui, il contraltista di Syracuse aveva da poco vinto il referendum Top Jazz del 1987 nella categoria "miglior nuovo talento" e il suo nome si era già affacciato in varie categorie dei sondaggi di Down Beat. Spiccava dunque evidente lo spessore del personaggio: non si trattava solo di un talentuoso giovane emergente, ma di una forte personalità che s'imponeva sia per le doti strumentali, sia soprattutto per la qualità e l'originalità del suo mondo compositivo e per le capacità di leader, capace di contornarsi dei partner giusti e di trarre il meglio da loro.

Per quanto riguarda la produzione discografica, all'epoca egli aveva alle spalle i quattro dischi d'esordio, autoprodotti a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta per la propria etichetta Empire Productions, e gli Lp della Soul Note, connotati da una sensuale comunicativa: The Ancerstors e Mutant Variations pubblicati rispettivamente nel 1983 e nel 1984. Bisogna dare atto a tale proposito della lungimiranza di Giovanni Bonandrini per aver riconosciuto il valore di Berne e avergli dato l'opportunità di incidere prima di qualsiasi altra etichetta europea o americana. Ai medesimi anni risale anche l'incisione per la propria Empire del dimenticato e lirico Theoretically in duo con Bill Frisell, poi riedito dalla Minor Music.

Nella metà del 1986 firmò con una major come la CBS Columbia un invidiabile contratto quinquennale, che lui stesso però sciolse un paio d'anni dopo. Quel sodalizio diede comunque alla luce due dischi di fondamentale importanza: Fulton Street Maul, un unicum per la sua radicale, densa sintesi espressiva, e Sactified Dreams caratterizzato da un più maturo e calibrato controllo strutturale.

Gli anni Ottanta hanno rappresentato quindi per Berne un periodo di grande fermento creativo, di ricerca di una propria identità artistica, che potesse contraddistinguerlo nell'ambito del jazz più impegnato ed attuale. I dischi, come le numerose tournée che lo hanno fatto conoscere in Europa, testimoniano la qualità di quelle esperienze e di quelle mirate collaborazioni. Basti pensare a tale proposito al valore dei musicisti di cui egli riuscì a circondarsi in quegli anni giovanili: i fiati di John Carter, Olu Dara, Herb Robertson, Glenn Ferris, Ray Anderson, il violoncello di Hank Roberts, la chitarra di Nels Cline e Bill Frisell, i contrabbassisti Ed Schuller e Mark Dresser, i batteristi Alex Cline, Paul Motian, Joey Baron... Che dire? Il meglio che quel momento potesse offrire nell'area di un certo jazz di ricerca. La stessa considerazione vale anche per gli anni seguenti e fino ad oggi: Berne, come tutti i grandi leader, ha sempre saputo scegliere di volta in volta i partner ideali per i suoi progetti, talvolta portando alla ribalta e valorizzando giovani sconosciuti.

Sciolto il contratto con la Columbia, il suo lavoro continuò con invariata coerenza e motivazione alla testa di nuovi gruppi (il trio paritario Miniature con Hank Roberts e Joey Baron, il sestetto Caos totale, il quartetto Bloodcount...). Quella fase, fra la fine degli anni Ottanta e il 1995, venne documentata da una decina di CD editi dalla JMT, l'etichetta di Monaco fondata da Stefan Winter, univocamente orientata verso le esperienze della contemporaneità più significativa.
Dalla JMT Berne cooptò il grafico ed artista Steve Byram quando nel 1996 decise di affrontare di nuovo l'avventura complessa ma gratificante dell'autoproduzione, fondando la Scewgun. Fino al 2008 l'etichetta ha pubblicato una ventina di CD, del contraltista ma anche di altri validi esponenti dell'attualità, spesso suoi fidati compagni di strada: Marc Ducret, Michael Formanek, Django Bates... Fra l'altro nel 1998 il produttore ha avuto il merito di recuperare dall'oblio Blue Boyé (doppio Lp uscito originariamente nel 1977 per la Mbari) di Julius Hemphill, che nella metà degli anni Settanta era stato suo insegnante e mentore e che era deceduto nell'aprile 1995.

"Per ricordare il periodo della Screwgun—afferma Berne a tale proposito—sto per dare alle stampe un libro e un CD, che probabilmente usciranno a primavera avanzata. Comprenderà riproduzioni delle copertine di Byram, alcune mie foto e un CD antologico. Dopo l'esperienza della Empire Productions è stata questa la seconda volta che ho svolto il ruolo di produttore. Mi piace molto fare il produttore, ma oggi è molto più duro dal punto di vista finanziario, perché la situazione del mercato discografico richiede enormi attenzioni per la promozione e la distribuzione. Inoltre oggi sono molto più impegnato nell'attività concertistica, per cui sarebbe molto difficile, sarebbe davvero troppo avere anche la responsabilità di una produzione discografica."

Dalla fine degli anni Novanta al 2011 sono da annoverare anche altre stimolanti collaborazioni, a volte occasionali, documentate da altre case discografiche: soprattutto la nostra Splasc(H), la statunitense Thirsty Ear e la portoghese Clean Feed. Ma riguardo al consistente corpus d'incisioni edite in una dozzina d'anni dalla Screwgun, non si possono ignorare i limiti dovuti appunto all'autoproduzione, relativi innanzi tutto alla promozione e alla distribuzione, ma anche a un'operazione di editing non sempre adeguatamente selettiva e rigorosa. Il tutto per il nostro protagonista si è tradotto nella progressiva reclusione in una circoscritta enclave per specialisti, comportando un leggero offuscamento d'immagine.

Questa serie d'inconvenienti è stata decisamente superata quando Berne ha colto l'opportunità di collaborare con la ECM, guidando un nuovo quartetto, completato da Oscar Noriega ai clarinetti, Matt Mitchell al pianoforte e Ches Smith alla batteria. Al gennaio 2011 risale l'incisione (effettuata di nuovo in studio dopo una decina d'anni) di Snakeoil, uscito l'anno seguente. Dopo aver raggiunto questo traguardo e godendo ormai di una certa tranquillità nelle condizioni di lavoro, la carriera del sassofonista americano è ripartita con nuovo vigore creativo e con rinnovata motivazione, riconquistando di conseguenza una più ampia visibilità internazionale.

"Non è cambiato nulla nel mio modo di concepire la musica—sostiene in merito Berne -perché ho la massima libertà di fare ciò che ritengo opportuno; ma la qualità del lavoro con ECM è molto alta: la promozione, la distribuzione dei CD in tutto il mondo, l'organizzazione dei tour... e poi vendo molti più dischi. Mi ritengo molto fortunato e quasi mi sorprendo della fortuna che ho avuto."

A Snakeoil, che nel frattempo è diventato il nome del gruppo, nel 2013 ha fatto seguito l'altrettanto notevole Shadow Man. Oggi si giunge alla pubblicazione di You've Been Watching Me, il terzo CD per l'etichetta di Manfred Eicher. "La musica è stata registrata al Clubhouse Studio, -precisa Berne -un posto molto tranquillo a due ore di auto da New York, sotto la supervisione di David Torn. Il quartetto è diventato un quintetto con l'ingresso del giovane e bravo chitarrista Ryan Ferreira, con cui suono da circa un anno e mezzo. In un quintetto ovviamente cambiano le dinamiche e i rapporti; inoltre l'ambito sonoro è diverso rispetto ai precedenti CD perché Mitchell ha aggiunto degli effetti elettronici, mentre Smith suona spesso anche il vibrafono."

Oltre a Snakeoil, oggi quali altri gruppi dirige Berne? Quali progetti ha nel cassetto per il prossimo futuro? "Attualmente non ho altri gruppi miei. A volte suono in duo con Matt Mitchell; inoltre sto mettendo in piedi un nuovo quartetto con Michael Formanek, Ferreira e Ches Smith ed abbiamo già fatto qualche concerto. Oggi comunque mi concentro soprattutto su Snakeoil, ma siccome non posso permettermi di dedicarmi esclusivamente a questo gruppo, spesso suono in formazioni di altri leader, tutti miei amici: Formanek, Smith, Mitchell, David Torn, ogni tanto Mary Halvorson..."

Da Formanek, più giovane di quattro anni, suo amico e collaboratore di lunga data, Berne è stato definito "il mio fratello maggiore," ma bisogna sottolineare come, assieme ad altri protagonisti degli anni Ottanta, in primis Steve Coleman e Henry Threadgill, egli sia indubbiamente da considerare uno dei padri di molti trenta-quarantenni oggi sulla cresta dell'onda, non solo sassofonisti e non solo americani. La loro musica trasversale e ben strutturata, che giustamente ci avvince come espressione dell'originalità e vitalità del jazz di oggi, non potrebbe essere tale senza pagare il dovuto debito nei confronti di quei precedenti ineludibili. C'è da domandarsi allora se egli riesca a rendersi conto di ciò, se veda lo sviluppo delle proprie idee musicali nelle proposte di questi più giovani esponenti dell'attualità, con alcuni dei quali si trova a collaborare.

Con molta modestia risponde: "Forse è vero, ma non è facile per me ammetterlo. Io ho imparato da maestri come Hemphill e Threadgill, poi tutto si combina ed evolve. Negli anni Settanta personaggi come Leo Smith, Roscoe Mitchell, Anthony Braxton, Hemphill e Treadgill avevano un'individualità veramente forte, erano puri e intransigenti, ma oggi è tutto diverso e più intrecciato. Quando suono con questi giovani talenti, entriamo nel merito delle scelte musicali, ma io non sono che un elemento della loro band e cerco di non far pesare il fatto di essere più vecchio; collaboriamo e suoniamo in un rapporto di amicizia e se ogni tanto, durante le prove o in fase di registrazione, mi chiedono un consiglio, io lo do ma senza pretese."

Foto
Daniele Franchi e Luciano Rossetti (copertina).

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