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La non linearità dell'ElectroAcoustic Silence: Intervista a Mirio Cosottini e Alessio Pisani

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La dicotomia suono e silenzio può altresì essere letta come il modo per mettere in evidenza caratteristiche rispettivamente lineari e non-lineari del fenomeno musicale.
L'uscita di Flatime impone una pausa di riflessione con gli animatori dell'EA Silence e di GRIM [Gruppo di Ricerca e Improvvisazione Musicale], il trombonista Mirio Cosottini e il fagottista Alessio Pisani. In questa intervista i due musicisti sviluppano certe riflessioni contenute in alcuni articoli di Cosottini apparsi negli ultimi anni - tra i quali in particolare Non-linearità: per aprirsi all'improvvisazione musicale (Musica Domani, nr. 151, 2009), Studio sul silenzio in contesti non lineari (De Musica, nr. 19, 2010) e Musical research through Young Bodies (Perspectives of New Music, nr. 46/1, 2008).

Flatime viene dopo altri due splendidi dischi, Cono di Ombra e Luce (EA Silence) e Cardinal (Cosottini-Pisani-Miano- Melani), ma sembra aver sintetizzato in una forma unica, in termini sonori, una ricerca teoretica ormai intrapresa da anni.

Lo stato dell'arte nell'ambito dell'improvvisazione è variegato, quello che segue è uno scorcio decisamente stimolante di quanto frulla nelle menti del GRIM.

Indice Non Linearità Improvvisazione Ensemble Flatime Silenzio

NON LINEARITÀ

All About Jazz Italia: Partiamo dalle riflessioni intorno al concetto di non-linearità contenute in "Non-linearità: per aprirsi all'improvvisazione musicale" (Musica Domani, nr. 151, 2009). Per dare una definizione di linearità/non-linearità partite, tra gli altri, dagli scritti di Jonathan Kramer (The Time of Music), fondamentale teorico del tempo musicale e del postmodernismo. Perché questo concetto e le riflessioni di Kramer sono centrali per la definizione del tempo musicale oggi?

Mirio Cosottini: Le riflessioni di Kramer non sono importanti tanto per la definizione del tempo musicale in sé, quanto per i modi in cui le temporalità determinano la musica nel suo svolgimento. Lineare è quella temporalità i cui eventi si susseguono in un rapporto di causa-effetto, i cui eventi rispondono ad una logica discorsiva, talvolta ad una finalità. Il sistema tonale è l'emblema della temporalità lineare nella musica occidentale. La non-linearità riguarda un'idea di tempo statico, immobile e l'attenzione si rivolge non tanto ai singoli eventi musicali quanto al brano nella sua interezza. Per questo motivo linearità e non-linearità non sono concetti contrapposti; in ogni brano musicali sono entrambi coinvolti come lo sono le diverse temporalità.

Per capire la differenza fra lineare e non-lineare Kramer fa un esempio molto chiaro: la differenza consiste nella diversità del viaggiare in treno piuttosto che in aereo. Nel primo caso io mi rendo conto del tempo che passa grazie al fatto che vedo scorrere un paesaggio in un altro e di tanto in tanto faccio delle tappe in stazioni che mi orientano nella geografia del luogo. Il viaggio assume caratteristiche fortemente lineari. Nel caso dell'aereo il mio viaggio sembra non percorrere alcuno spazio, ma piuttosto sospendere ogni moto fin quasi a fermare il tempo del nostro orologio o a perdere il "senso" del tempo.

Molte delle nostre attività sociali fanno emergere temporalità statiche, in cui la globalità dell'accadere è più importante dei singoli accadimenti, temporalità chiaramente non- lineari. La dicotomia fra lineare e non-lineare è più importante oggi di quanto non lo fosse in passato e di conseguenza questa consapevolezza influisce anche sul nostro modo di comporre e di ascoltare musica oggi.

AAJ: Sarebbe a questo punto opportuno che sintetizzaste per i lettori di AAJ il percorso (teorico e/o pratico) che vi ha portato alla vostra definizione di "non-linearità" e che significato essa ha nella vostra pratica dell'improvvisazione.

Alessio Pisani: Lavorare sui concetti di lineare e non lineare ci ha portati a essere più consapevoli dell'ascolto globale. Questo ci rende più efficaci- sensibili nell'essere consapevoli del proprio suono ed a individuare il suono nel quale ci immergeremo e di cui andremo a far parte.

M.C.: Infatti la non-linearità è per noi il modo migliore per comprendere come ad un ascolto di tipo lineare e teleologico si possa affiancare anche un ascolto di tipo statico e cumulativo, come ad un modo di comporre musica di tipo consequenziale si possa affiancare un modo di comporre musica che rispetta l'autonomia dei singoli eventi musicali e la loro indipendenza, come ad un modo di improvvisare che privilegia temporalità di tipo lineare si possa premettere una forte apertura alla non-linearità e alle sue conseguenze in campo performativo. D'altra parte la nostra musica non scaturisce da una metodica applicazione di principi di carattere lineare o non-lineare ma li assume come sostegni nella pratica del comporre e dell'improvvisare in modo molto naturale ed autentico.

AAJ: Un altro interessante aspetto sulla non linearità riguarda il fatto che alla riflessione teorica abbiate unito una serie di esercizi (es. Esercizio del metronomo, Esercizio del labirinto) "che servono a far dimenticare la linearità del discorso musicale, a rendere autonomi i vari interventi musicali del musicista, non consequenziali, maggiormente non-lineari". Come funziona questa pratica didattica nel corso dei workshops che organizzate?

M.C.: Nei nostri laboratori d'improvvisazione abbiamo notato come l'apertura alla questione della non-linearità facilita la pratica dell'improvvisazione, soprattutto quando si ha a che fare con musicisti che hanno ricevuto una formazione musicale accademica e che quindi hanno privilegiato metodi di studio basati su procedure analitiche di studio e metodi progressivi di apprendimento. La non-linearità permette di superare la più grande difficoltà che incontra un neofita nel momento in cui viene chiamato ad improvvisare, ovvero "cosa devo suonare?". Questa domanda e questa preoccupazione risiede in un fraintendimento, ovvero che al suonare io debba premettere una serie di considerazioni sul significato musicale di ciò che andrò suonando, considerazioni che hanno senza dubbio a che vedere con caratteristiche lineari della musica.

Viceversa, guardare al suono e alle sue caratteristiche di permanenza aiuta gli studenti a concentrarsi sul presente e ad improvvisare senza proiettare aspettative o inferenze sul come concatenare gli eventi musicali.

A.P.: ci siamo resi conto che creare di volta in volta esercizi da eseguire in gruppo o singolarmente alternandoli alla teoria dà modo all'allievo prima di tutto di capire meglio i concetti da Mirio e da me espressi e soprattutto lo porta a rendersi condo che si sta immergendo in una nuova modalità di ascolto e di conseguenza anche il suo modo di suonare e di improvvisare si arricchisce di nuove possibilità.

AAJ: ...e mentre suonate?

A.P.: Lavoriamo su questi concetti ormai da anni, addirittura negli ultimi tempi mi sono reso conto che tante cose che ora hanno un nome erano già presenti nel mio modo di suonare e di scrivere, ora chiaramente sono più chiare ed ho acquisito maggior consapevolezza; tutto questo comunque lo lascio al mio studio che dà sicuramente i suoi frutti quando suono e mi esibisco. In questa fase comunque cerco di non pensare o meglio cerco di spostare il mio pensiero su altri piani.

M.C.: La pratica dell'improvvisazione nella musica occidentale ha distinto storicamente fra il suonare in, out e free. Molto sinteticamente, il suonare in significa rimanere all'interno di strutture melodiche armoniche e ritmiche standardizzate; suonare out significa suonare fuori, a margine di queste strutture, ma sempre avendole come punto di riferimento; suonare free significa suonare senza avere queste strutture come riferimento da nessun punto di vista.

Ebbene, accanto a queste modalità d'improvvisazione potremmo aggiungere il suonare up, un termine provvisorio che abbiamo coniato io e Alessio, ovvero suonare sulla base di una caratteristica non-lineare del brano musicale di riferimento, ciò significa che la mia improvvisazione non si appoggia sulle caratteristiche lineari della musica come la melodia, il ritmo o l'armonia, ma su di una (o più) caratteristiche generali che valgono per l'intero brano o una sua parte significativa. La modernità di molti soli di Miles Davis risiede a mio avviso, ma anche di Alessio, proprio in questa modalità improvvisativa, il suo modo di concepire il silenzio rispondeva difatti più a criteri di non-linearità che di rapporto fra suono e silenzio nel senso analitico di nota e pausa.

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IMPROVVISAZIONE

AAJ: Per quanto riguarda invece il vostro personale modo di intendere l'improvvisazione, lasciando da parte presupposti meramente teorici, come si delinea, trasforma e traduce nella pratica, nel vostro fare o ascoltare musica?

M.C.: L'improvvisazione è quel veicolo che apre alla comprensione di alcune caratteristiche musicali importanti grazie alle quali svolgere il nostro discorso musicale. Un musicista riesce a comprendere maggiormente il rapporto fra il proprio strumento musicale e il suono che vuole ottenere da esso grazie alla pratica dell'improvvisazione proprio per il fatto che l'improvvisazione apre prioritariamente a temporalità di tipo statico e quindi concentra l'ascolto sul suono e sulle sue caratteristiche di permanenza. Per questo motivo riveste per noi una grande importanza dal punto di vista didattico e formativo.

D'altra parte la nostra musica scaturisce dalla sinergia di elementi improvvisativi e compositivi e questo è il motivo per cui oltre all'improvvisazione facciamo molta attenzione alle tecniche compositive attuali, sia che si tratti di tecniche che usano notazioni musicale standard e non oppure di sistemi di composizione assistita tramite computer.

A.P.: Di fatto, pratichiamo l'improvvisazione cosiddetta "controllata". Questo controllo avviene attraverso l'uso di partiture grafiche, raramente testuali e per quanto riguarda Mirio anche pittoriche. Trovo che l'improvvisazione sia una pratica e un modo di fare musica importantissimo che ha cambiato decisamente il mio modo di suonare, di creare e di ascoltare. Penso che tutti i musicisti dovrebbero praticare l'improvvisazione, qualsiasi musica essi suonino. Sia io che Mirio prima della nascita del GRIM abbiamo avuto esperienze svariate e diverse riguardo l'improvvisazione ma tornando all'inizio ormai da anni ci siamo concentrati sul "controllo". La parola "controllo" suona alle orecchie di molti come un vincolo troppo forte o che non può coesistere con la libertà propria dell'improvvisazione. Non è affatto così, anzi, il porre vincoli, limiti e strutture-guida semmai aumenta la creatività e il senso di libertà.

AAJ: ... e in una dimensione più allargata (d'ensemble per esempio)?

A.P.: Quando ci capita di lavorare in ensemble allargati, ad esempio con l'EAOrchestra, a volte aggiungiamo all'uso di partiture la conduction. Quello della conduzione è un tema che per questioni di tempo non ho ancora affrontato come vorrei ma che mi sono ripromesso di sviscerare a partire dal nuovo anno.

AAJ: Che importanza e funzione svolge GRIM nella vostra ricerca sull'improvvisazione? Avete voglia di presentare il Musical Improvisation Research Group?

A.P.: Il GRIM nasce nel 2005, Mirio ed io eravamo orfani di due grandi progetti: Timet per quanto riguarda Mirio e The Project Arkestra per quanto riguarda me. Già ci conoscevamo, ma solo quell'anno abbiamo cominciato a frequentarci con regolarità per suonare assieme. Decisamente provati dalle precedenti esperienze ci siamo aggrappati alla musica, all'improvvisazione libera e al suono. Proprio cominciando a ragionare su quest'ultimo ci siamo resi conto che avevamo attenzioni e aspettative comuni e progressivamente la voglia e le forze per intraprendere una nuova avventura sono riemerse.

M.C.: Da quel momento la ricerca musicale, didattica e teorica ha seguito di pari passo la pratica dell'improvvisazione. Dal 2005 ad oggi siamo riusciti a svolgere alcune ricerche sul rapporto fra linearità e non-linearità che si sono rivelate feconde per la pratica dell'insegnamento dell'improvvisazione ma anche per la definizione di un'estetica musicale originale e caratteristica del GRIM. L'attenzione al suono, al rapporto fra composizione e improvvisazione, al rispetto della nostra tradizione musicale occidentale pur nella consapevolezza della varietà di stili e generi musicali, tutto ciò ha contribuito a costruire un'idea molto originale di improvvisazione, di pratica dell'improvvisazione e di estetica dell'improvvisazione finanche una filosofia dell'improvvisazione.

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ENSEMBLE

AAJ: La vostra formazione è sostanzialmente un duo, che di volta in volta cerca gregari e si delinea nella sua forma stabile in un piccolo ensemble, quale potrebbe essere l'EA Silence di Flatime. È questa la sua forma "ultima"? Come scegliete i musicisti con cui collaborare?

A.P.: Tutto per noi parte dal suono. Una volta che questo è chiaro nelle nostre teste, cominciamo a pensare ai musicisti. Non li chiamerei gregari, sono da subito parte essenziale nella realizzazione del progetto e proprio per questo gli elementi che portano alla scelta del singolo musicista sono tanti e non solo musicali. Non ho proprio idea se la formazione del quintetto di Flatime sarà la forma ultima di EASilence, in questo momento sentiamo che con Andrea Melani, Filippo Pedol e Taketo Gohara abbiamo appena intrapreso la ricerca verso un'idea di suono che io e Mirio abbiamo da tempo. Sono musicisti straordinari e ci auguriamo di poter studiare e suonare con loro ancora per molto.

M.C.: Suonare la musica del GRIM significa entrare in un certo orizzonte estetico, ma anche di impegno di lavoro e di serietà collaborativa. Ecco perché ad esempio le collaborazioni del GRIM con altri musicisti non sono frequenti. Quando però avvengono il risultato testimonia appieno le premesse di cui parlavo e le aspettative di cui parlava Alessio.

AAJ: Il progetto dell'EAOrchestra (di cui ancora nulla è stato inciso) prevede l'approfondimento del rapporto fra conduction e improvvisazione. Avete voglia di spiegare in breve su cosa, con chi e come state lavorando al progetto.

A.P.: Sì hai ragione, ufficialmente a tutt'oggi non è stato registrato o meglio pubblicato niente. Come dicevo prima, per motivi di tempo non siamo riusciti ancora a sviscerare come avremmo voluto la questione Conduction-Controllo-Partitura.

Nel 2011 inizieremo anche a lavorare con l'EAOrchestra, abbiamo già un appuntamento live a gennaio. Questa formazione dal prossimo anno comprenderà anche alcuni nostri allievi che si sono formati nei nostri laboratori, di questo ne siamo molto felici e permettimi anche orgogliosi.

AAJ: Tra i vostri lavori in corso c'è Treatise, un progetto su Cornelius Cardew nel quale "il GRIM attraverso Cardew incontra altri musicisti". Come si svilupperà questo progetto e come si concilia l'idea di "liberazione musicale" di questo teorico, compositore, musicista sperimentale, fondatore della Scratch Orchestra, con le vostre teorizzazioni.

A.P.: Il Treatise è composto da oltre 100 partiture grafiche, diverse da quelle che progettiamo noi ma volte anch'esse ad un controllo-guida dell'improvvisazione. Abbiamo scelto queste partiture anche perché a nostro avviso non sono così vincolanti e quindi ci permettono di incontrare praticamente improvvisatori dagli approcci più disparati, dal jazzista all'improvvisatore radicale fino al musicista che proviene dall'ambito della musica contemporanea. Pensiamo di aver individuato un terreno per così dire "neutro" sul quale incontrarsi, mettersi in discussione, dialogare, tutti con la voglia di esprimere fantastiche performance.

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FLATIME

AAJ: Flatime nasce dalla sintesi di EAQuartett e Cono di Ombra e Luce mantenendo la stessa poetica, ma reintroducendo la pulsazione e il ritmo. Questo aspetto era già presente in EAQuartett; in quale direzione sono andate le vostre rielaborazioni e come si conciliano con la nuova dimensione dell'EA Silence.

M.C.: Flatime è un lavoro musicale che unisce la poetica del suono con quella dell'esplicitazione della pulsazione e in questo senso sintetizza EAQuartett e Cono di Ombra e Luce di quest'ultimo eredita la poetica del suono e del primo l'esplicitazione della pulsazione. La copula che ha permesso tale sintesi è l'attenzione verso questioni prettamente musicali come il rapporto fra suono e silenzio e fra elementi lineari e non-lineari piuttosto che la preoccupazione di abbracciare modelli stilistici consolidati o categorizzabili che da una parte avrebbero aumentato la fruibilità del lavoro ma dall'altra avrebbero inibito la creatività compositiva del GRIM.

A.P.: Inoltre, uno degli aspetti importanti che differenziano EAQuartett da Cono di Ombra e Luce, a parte la questione ritmica, è che nel primo l'elettronica era presente più in forma effettistica ed era pilotata in tempo reale da me e da Mirio mentre da Cono di Ombra e Luce in poi della questione elettronica se ne sono occupati in toto musicisti come Luca Cartolari e Taketo Gohara, quest'ultimo presente nell'ultimo nostro lavoro Flatime.

AAJ: Potete dirci di più sul ruolo dell'elettronica in Flatime e il lavoro fatto con Taketo Gohara.

M.C.: Le porte aperte da Gohara ci hanno spinto verso un'interpretazione diversa del suono elettronico che ha accolto con molta naturalezza la sua caratteristica di forte standardizzazione per contrasto al nostro vigile ed esigente controllo del suono. Il risultato è per noi una fonte continua di riflessione e un punto di partenza per problematizzare di nuovo il valore dell'elettronica all'interno della nostra musica.

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SILENZIO

AAJ: "Studio sul silenzio in contesti non lineari" (De Musica, nr. 19, 2010). offre le vostre riflessioni sul silenzio presentate. È la ricerca sul silenzio un punto di approdo?

A.P.: In questo momento per me il rapporto tra suono e silenzio resta il fulcro della ricerca anche se altri elementi stanno naturalmente entrando in gioco, comunque ho la sensazione che anche quest'ultimi rafforzeranno l'idea di suono sulla quale io e Mirio stiamo lavorando.

M.C.: Il caso del rapporto fra suono e silenzio è emblematico per capire la ricchezza della dicotomia lineare/non-lineare. Alcuni artisti del secolo scorso hanno considerato suono e silenzio concetti contrapposti per cui il silenzio è l'assenza di suono, il silenzio è una pausa fra (e dei) suoni. Da questo punto di vista la dialettica fra i due concetti si esprime su di un terreno prettamente ed esclusivamente lineare. Altri artisti hanno invece fatto propria la relazione fra essere e non-essere e hanno inteso applicarla al mondo dei suoni. Allora il suono deve la sua origine profonda al silenzio dal quale proviene. Molti compositori illustri del secolo scorso, come ad esempio Franco Evangelisti, hanno finito per smettere di comporre e di suonare perché sprofondati all'interno della poetica del silenzio.

La dicotomia suono e silenzio può altresì essere letta come il modo per mettere in evidenza caratteristiche rispettivamente lineari e non-lineari del fenomeno musicale. Nel primo caso il suono e il silenzio entrano alla pari nel tracciare il percorso musicale, entrambi inseriti nella serie degli eventi che determinano la drammaturgia compositiva del brano; nel secondo caso il silenzio concorre nella definizione delle varie temporalità compresenti all'interno dello stesso brano musicale.

Dalla lezione del silenzio possiamo sicuramente imparare la molteplicità dei percorsi temporali e narrativi che la nostra musica incarna e porta con sé. Più che il silenzio è il rapporto fra suono e silenzio che anima la nostra ricerca. Come ha detto Alessio, altri elementi bussano alla porta, del resto la nostra porta non è mai chiusa.

Foto di Claudio Casanova

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