Marco Tardito Quintet: Kangaroux

Si sa che i ricordi sono immagini ferme nel passato che azioniamo all’occorrenza. È, in fondo, la prima e più intima esperienza cinematografica della nostra vita al rallenti delle emozioni. Spesso li rievochiamo, così come rivediamo e ascoltiamo gli odori di un tempo, le facce e i colori. Spesso, quei ricordi, li trasformiamo o si trasformano e diventano la materia prima della creazione artistica. Un punto di partenza per trasformare le emozioni nell’arte che preferiamo.

E il musicista non si lascia sfuggire questa ispirazione. “Storia d’Amore”, “Azzurro”, ”O Bella Ciao” (suggestivo il minaccioso solo al contrabbasso di Risso), per citarne alcune, sono solo punti di partenza (anche di arrivo) dal quale si dispiega una tavolozza di colori timbrici che, a parte le sortite di Tardito ai sassofoni e al clarinetto, hanno nel trombone di Giorgio Giovannini e nella tromba di Piergiorgio Miotto le tonalità più calde e liriche.

Si diceva anche di punti di arrivo. Sì, perché molte volte il savoir faire di “cuoco” musicale di Tardito accosta temi e song con interessanti e gustosi risultati, medley dopo medley. “There Will Never Be Another Me” si fonde con lo standard “There Will Never Be Another You” (e non è solo questione di pronomi personali). Per passare alla “Cucaracha” e sfinire nel “Bolero” di Ravel (qualche taglio di qua e di là non sarebbe guastato, il cd è forse un po’ troppo condito e insistito...) Stessa ricetta con “Nero”, composizione dello stesso Tardito, che introduce l’”azzurro” di Paolo Conte.

Kangaroux è un piatto particolare da assaporare lentamente. Con tutto il rispetto per i canguri, ovviamente.

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