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Johnny Otis, il "padrino" del Rhythm&Blues

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Ricorderemo certo il 2012 come un anno piuttosto nefasto per, tra le tante cose, la grande quantità di musicisti che sono morti nel corso dei dodici mesi, da Whitney Houston a David S. Ware, da Donna Summer a Dave Brubeck, passando per Etta James, Adam Yauch, Fontella Bass, Levon Helm, John Tchicai e decine di altri.

Uno tra i primi a aprire le "danze" è stato Johnny Otis, che ci ha lasciati il 17 gennaio alla rispettabile età di 90 anni.

Originale e poliedrica figura di musicista, produttore, conduttore radiofonico, impresario, Otis era figlio di emigrati greci [il suo vero nome era infatti Ioannis Alexandres Veliotes] ed è cresciuto in California a stretto contatto con l'ambiente afroamericano cui sarà sempre legato in modo indissolubile pur essendo bianco.

Se è vero che non sempre il "vorrei la pelle nera" corrisponde a realtà (assolutamente da leggere in questo senso è l'esilarante libro di Mishna Wolff, Credetemi, ci ho provato, pubblicato in Italia da Fandango, basato sui fallimentari tentativi di un padre ossessionato dallo stile di vita black di educare la figlia come nera!), Otis ha invece incarnato al meglio questa ambizione, distinguendosi anche come attivista per la difesa dei diritti degli afromericani e contribuendo al lancio e alla fama di musicisti come Jackie Wilson, Etta James o - e solo questo basterebbe a tributargli gloria imperitura - di una giovanissima Esther Phillips, all'epoca conosciuta come Little Esther.

A partire dagli anni Quaranta ha contribuito a definire con la sua musica i canoni dell'R&B e di conseguenza del Rock'n'Roll delle origini, come ben testimoniato da una raccolta di sue registrazioni tra il 1957 e il 1959, pubblicata ora dalla Hoodoo Records, etichetta specializzata in ristampe del genere.

Il disco si chiama Hum-Ding-a-Ling e riunisce ben 30 tracce pubblicate originariamente dalla Capitol e dalla Dig [label da lui stesso fondata nel 1955], con un gruppo di musicisti in cui gli appassionati più raffinati di jazz non potranno fare a meno di apprezzare il contrabbasso del fenomenale Curtis Counce.

Tra queste, quella che da più parti viene considerata la sua hit più rappresentativa, "Willie and the Hand Jive".

Sapiente alchimista di sonorità e influenze disparate, dal jazz al gospel, dai ritmi latini [che introdusse già nei primi anni Cinquanta all'interno del blues], uomo dalle mille risorse imprenditoriali - non ultime quelle di politico, pastore religioso e commerciante di cibi biologici - è un musicista da non dimenticare.

Anche perché padre di quello Shuggie Otis, a sua volta musicista misconosiuto e fantastico, chitarrista originale e compositore dalla cui penna è uscito un successo come "Strawberry Letter 23" (portato alla fama dai Brothers Johnson) e un disco seminale come Inspiration Information.

Mica male, eh?

Per saperne di più su Johhny Otis si può dare un'occhiata al sito ufficiale del musicista, o leggere la splendida biografia che George Lipsitz ha scritto, Midnight at the Barrelhouse: The Johnny Otis Story (University of Minnesota Press).


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