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John Greaves al Fasano Jazz

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John Greaves
Fasano Jazz
Teatro Sociale
Fasano (BR)
14.05.2016

Come ha scritto una volta Aymeric Leroy, scrittore e profondo conoscitore della scena rock britannica, John Greaves è un musicista che ha trascorso la sua gioventù a suonare le composizioni ultracomplesse di gruppi come Henry Cow e National Health e una volta diventato un apprezzato solista (il primo album completamente a suo nome è Accident del 1982) non ha mai perso la passione per le architetture dalle ritmiche improbabili e per le melodie dall'andamento obliquo.

E a Fasano Jazz, ormai storica rassegna di musiche eterodosse sapientemente diretta da Domenico De Mola e giunta alla XIX edizione, ha messo in mostra proprie quelle abilità assolutamente uniche maturate ai tempi del Rock in Opposition in un recital per voce e pianoforte di rara intensità e bellezza.

A brillare una ventina di brani che hanno pescato in un repertorio quasi sterminato che include vari periodi, formazioni e cicli. Partendo dagli anni Settanta con quel concentrato di stravaganza, eclettismo e maestria compositiva che è Kew.Rhone., album del 1977 cofirmato insieme a Peter Blegvad e Lisa Herman, per arrivare al periodo francese iniziato con La Petite Bouteille de Linge, disco uscito per la piccola etichetta La Lichère nel 1991, e proseguito fino a oggi con il ciclo di lavori dedicati alle poesie di Paul Verlaine. Per non parlare delle connessioni con Robert Wyatt, al quale il concerto fasanese era dedicato (il recital è stato introdotto da una dotta presentazione della recente biografia autorizzata dell'ex Soft Machine, "Different Every Time" di Marcus O' Dair da parte di Alessandro Achilli, che ha curato e tradotto l'edizione italiana, intervistato dal giornalista Donato Zoppo).

Greaves ha, dunque, aperto le danze rispettando in pieno il leit motiv della serata, interpretando "God Song," gemma del repertorio wyattiano, superando a pieni voti la prova del confronto con l'originale. Cosa che, quando si parla di Wyatt, non è del tutto scontata. Tra una struggente "Rose c'est la vie," una raffinata e sempre stupefacente "The Green Fuse" (le liriche sono di Dylan Thomas), una drammatica "The Trouble with Happiness," Wyatt è ricomparso nella parte finale del concerto quando Greaves è stato raggiunto sul palco dalla giovane cantante Annie Barbazza, già partner del musicista gallese in Piacenza, live album uscito qualche mese fa per la Dark Companion.

I due si sono cimentati prima in "Sea Song" (con la cantante che si è alternata al piano), capolavoro da Rock Bottom, e in "The Song," brano della premiata ditta Greaves-Blegvad e cantato da Wyatt nell'album Songs del 1994. La miscela tra la voce ruvida e graffiante da chansonnier di Greaves e quella scintillante e calda della Barbazza ha donato nuova bellezza ai brani, creando un effetto di controcanto assolutamente piacevole ed efficace. Tanto che il duo ha affrontato con sicurezza un pezzo per arditi e acrobati del pentagramma come "Kew.Rhone." Applausi a scena aperta e richiesta di bis con l'esecuzione di "How Beautiful You Are," altra composizione magistrale della discografia di Greaves, sempre scritta insieme all'amico Blegvad e ripresa e riarrangiata più volte e in lavori diversi. Anzi portata al successo, si fa per dire, proprio dall'ex Slapp Happy in The Naked Shakespeare del 1983, Degno finale per un concerto che nonostante l'omaggio a Wyatt, i ricordi e le memorie che qua e là affioravano ogni tanto durante le esecuzioni dei brani, non è mai scivolato nel nostalgico o, peggio, nell'autocelebrazione. Tutti hanno mantenuto la "giusta distanza." Esempio raro di questi tempi.

Foto
Chicco Saponaro

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