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Intervista a Fabrizio Ottaviucci intorno a John Cage

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Una parte della ricerca in campo interpretativo del pianista e compositore Fabrizio Ottaviucci è dedicata a John Cage. Alcuni dei pezzi più belli del repertorio per piano di Cage vengono costatemente proposti in esecuzioni live e alcuni sono anche già stati registrati. Tra i suoi CD ricordiamo il bellissimo Dream [Wergo], con Nextime Ensemble, tra cui figura il compianto Stefano Scodanibbio [grande assente in questo speciale], con solo musiche di Cage. Nel suo sito, Fabrizio Ottaviucci & John Cage figura tra i suoi progetti e include l'esecuzione di "Sonatas and Interludes," "Music of Changes," "Concerto for Piano and Orchestra," "Baccanale," "In a Landscape," "Two Pastorales," "Dream," "Water Music," "Jazz Study," "Mysterious Adventure," "ASLSP" ("as slow as possible").

All About Jazz: Partiamo dall'uomo John Cage, prima ancora che da John Cage compositore e dalle sue idee. Che opinione ti sei fatto della sua persona?

Fabrizio Ottaviucci: Non ho avuto la preziosa esperienza di incontrarlo di persona, anche perché mi sono dedicato alla "nuova musica" nella seconda metà degli anni '80, dopo l'incontro con Giacinto Scelsi e Markus Stockhausen che mi aprirono la visione e la percezione ad un nuovo mondo sonoro. Quindi non fui reattivo e pronto per cogliere l'opportunità di seguire da vicino gli ultimi anni del grande compositore americano Cito un racconto che mi fece un mio amico, oggi valente interprete di livello internazionale, allora, negli anni '80, giovanissimo e sconosciuto esecutore di musica contemporanea. Il mio amico teneva un concerto a New York e invitò John Cage ad assistere; Cage, che allora era già il grande Cage, arrivò con un'ora di anticipo e chiese umilmente il permesso di assistere alle prove; seguì preparazione, concerto e post-concerto con una umiltà, curiosità e apertura che dimostrano come le qualità impresse nella sua musica erano parte del suo stesso modo di vivere.

AAJ: In quali aspetti secondo te John Cage è stata una figura fondamentale nella musica del novecento?

F.O.: Il secondo novecento ha portato alla luce altri aspetti del mondo dei suoni, aspetti che John Cage più di tutti e nel modo più completo ha posto in rilevanza e all'attenzione delle orecchie, delle menti e delle anime di tutti; aspetti che a mio avviso saranno determinanti nello sviluppo delle prossime vicende musicali del nuovo millennio, in quanto toccano prospettive ad angolazioni fino ad allora considerate; il prendere coscienza ed entrare nelle fasi di produzione, composizione, interpretazione, ricezione, ampliando le coordinate compositive ad aspetti extra-musicali eppur fondamentali del fare o essere musica è una rivoluzione di visione che ha il peso che nel passato hanno avuto la presa di consapevolezza della polifonia o della prospettiva. Una rivoluzione epocale, coadiuvata dai suoi allievi americani e da alcuni compositori italiani, tra cui Giacinto Scelsi, che in maniera totalmente diversa ha comunque scardinato i principi gerarchici del pensiero compositivo, imperanti dal rinascimento fino al primo novecento, ma ancora fortemente espressi dalle grandi personalità artistiche europee contemporanee (nel senso di post anni '50) che concepivano la composizione come un atto unicamente personale.

AAJ: Prima di addentrarci nel repertorio per piano, che ti tocca più da vicino, volevo avere una tua opinione su uno dei discorsi che più di tutti hanno reso celebre, mistificato, Cage, quello riguardante il silenzio.

F.O.: Io direi che con Cage il silenzio ha completato la sua "emancipazione," già negli aneliti romantici il silenzio aveva espresso la chiara presenza di suono, così come nelle strutture di Webern il silenzio aveva avuto paritaria importanza nella costruzione e nell'essenza della musica. Con Cage il silenzio diventa uno dei suoni più importanti della tavolozza a disposizione. Il silenzio non esiste, come dimostra il famoso "4'33"" dove il suono è prodotto dal pubblico. Si può dire, come sa chiunque lo abbia veramente ascoltato (il silenzio), che il suono-silenzio è come una cipolla, una sfera di bianco sonoro dalle molteplici gradazioni, infinitamente, come il suono appunto, modificabile e conoscibile. Chiunque ha sperimentato la diversità del silenzio nelle varie fasi orarie del giorno lo sa. Chi pratica meditazione sa, per esempio, quanto sia rumoroso il pensiero. Quello spazio di "silenzio" è stato con Cage integrato nel suono del nostro tempo ed ogni implicazione artistica, filosofica, storica appare evidente.

Oggi eseguire "4'33"" mi pone il problema compositivo dell'intero programma, cioè dove collocare quel suono per dargli pienamente il suo senso. Ma credo che sia un'opera la cui importanza sta più nell'esserci che nell'essere eseguita.

AAJ: Insieme al Nextime Ensemble hai inciso un CD interamente dedicato a John Cage, Dream. Partirei dal brano "Dream," un pezzo per piano solo, o per viola ed ensemble di quattro viole scritto per la danza di Merce Cunningham. Poiché è anche nel tuo repertorio su Cage, volevo sapere quali sono le specificità e le scelte della tua interpretazione.

F.O.: Suonare le opere di Cage definite su Wikipedia "romantiche" e che io amo definire, suscitando ovvie nausee, "new age," è una vera delizia che appartiene allo spirito "generoso" e leggero del compositore americano. In esse uno spirito nuovo (reso dai decenni successivi ammuffito dalle esperienze autenticamente new age) si inserisce nella musica e in particolare nel pianismo degli anni '40, uno spirito leggero, estatico, spirituale, aperto, semplice. Tra le mie opere preferite cito il famoso "In a Landscape".

Questi pezzi hanno partiture tradizionali e dettagliate, perciò il risultato musicale è comunque garantito dal percorso previsto; ciononostante l'ingrediente che fa la differenza è la capacità, ad ogni esecuzione, di aprire una porta e trovarsi all'aperto, tra il sogno e la notte, con ampia visione in tutte le direzioni. Ho avuto la fortuna di eseguire "Dream" nella versione di Stefano Scodanibbio, dove la parte armonica del pezzo viene affidata agli armonici elegiaci del contrabbasso.

AAJ: Nel tuo repertorio figurano le "Sonatas and Interludes" per piano preparato. Come "prepari" il tuo pianoforte? E su quale piano suoni generalmente questo pezzo?

F.O.: Le "Sonatas and Interludes" per pianoforte preparato sono senz'altro l'opera più ampia e completa dell'altra delizia che Cage ha tirato fuori dal cappello della sua genialità, ovvero il pianoforte preparato, cioè modificato nel suono attraverso l'introduzione di materiali vari nelle corde. Il repertorio degli anni '40, di cui le "Sonatas" sono il culmine, è molto variegato e di grandissimo pregio. Peccato, si fa per dire, che ogni pezzo richieda una sua specifica preparazione e che i numerosi pezzi non possano essere eseguiti in concerto se non uno alla volta. Questo non vale per le "Sonatas" che richiedono una preparazione unica per i venti movimenti dell'opera, sviscerando così in un modo amplissimo le possibilità di questa procedura. Entrare nel merito tecnico della preparazione richiederebbe un ampio approfondimento; basti dire, per riferimento, che la partitura prevede con precisione il tipo di preparazione; precisione che però deve necessariamente entrare in contatto con le coordinate variabili, del a) tipo di pianoforte (comunque sempre diverso dallo Steinway D anni '50 a cui si riferiva Cage), b) del tipo di materiali (comunque da personalizzare con varie ricerche presso i ferramenta attuali; sterile è stato il mio tentativo filologico di intervistare un rivenditore americano di ferramenta negli anni '50), c) dello spazio acustico, e d) della sintonia richiesta da Cage stesso di "raccogliere il materiale come si raccogliessero conchiglie sulla spiaggia".

In pratica l'esperienza esecutiva porta ad una sorta di conoscenza delle possibilità e le indaga ogni volta in modi diversi, "accordando" la preparazione secondo criteri interpretativi, legati al suono, che possono, anzi devono, secondo me, essere ogni volta diversi; le "Sonatas" sono una sorta di tema e variazioni, in cui il tema è il suono del pianoforte preparato e indicato da Cage nell'astrazione della partitura e le variazioni sono le concrete realizzazioni sonore ogni volta messe in atto dagli esecutori.

AAJ: La lista delle esecuzioni di questa composizione quando Cage era ancora in vita conta interpreti di straordinaria importanza, per non parlare delle registrazioni (una ventina circa). Chi propone questa composizione in qualche modo deve fare i conti con quanto già fatto, oppure, secondo te, affrontare questa composizione a mente libera?

F.O.: Conoscere e approfondire le esperienze degli altri, specialmente degli interpreti di maggior pregio, è senz'altro altamente consigliabile per ogni tipo di ricerca e questo vale anche per un compositore così fuori dagli schemi come Cage.

AAJ: Entrando nel merito della composizione e anche, credo, della tua personale ricerca filosofico-musicale. Nella composizione Cage ha dato la sua interpretazione delle emozioni della tradizione indiana, l'eroico, l'erotico, il meraviglioso, il comico (quattro umori luminosi) e dolore, paura, rabbia, l'odioso (quattro umori scuri) e la loro tendenza comune verso la tranquillità. È stata la prima composizione di Cage con cui ha toccato concetti della filosofia indù. Questa parte di ricerca filosofica come entra a far parte dell'interpretazione della composizione? È importante studiare anche ciò a cui si è riferito Cage?

F.O.: Anche questo è importante, ma forse meno essenziale, poiché la conoscenza teorica di certe cose a volte non incide sulla modalità del fare; ovviamente più se ne sa di un argomento e meglio è, ma forse è prioritario sviluppare percezioni proprie e indagare su quelle per arrivare alla meta di una interpretazione coerente anche da un punto di vista interiore.

AAJ: Nel libro "The Music of John Cage" James Pritchett effettua una analisi molto dettagliata della struttura di questo lavoro e anche del loro ordine. Tu che scelte operi nell'eseguirlo?

F.O.: Succede a volte di dover contenere il tempo cageano nel programma del concerto, procedendo così ad una necessaria scelta tra i venti movimenti. È un tipo di operazione che successivamente Cage inserirà in alcuni progetti compositivi, aperti a montaggi e smontaggi. Penso quindi che si possa fare senza essere blasfemi, cercando un criterio che abbia un senso (ogni volta diverso ovviamente!).

AAJ: Hai eseguito "Water Music," uno dei primi pezzi performativi di John Cage, "per un pianista, utilizzando anche una radio, 3 fischietti, contenitori per l'acqua, un mazzo di carte, un bastone di legno, quattro oggetti per la preparazione di un pianoforte e un cronometro". Come esegui questo lavoro? Cosa secondo te è particolarmente interessante?

F.O.: "Water Music" è uno dei pezzi performativi in cui il suono silenzio fa da collante al tutto: è fresco e geniale come tutte le opere simili cageane, dove lo spirito antiretorico, alogico, atemporale del compositore si coniuga con la possibilità di creare un colore generale "rinfrescante" e vivo.

AAJ: Sono molto curiosa di approfondire il tuo lavoro su "Mysterious Adventure," una composizione per piano preparato che non è così frequente sentire. Questo lavoro è stato scritto per la danza e segue la struttura ritmica. È suddiviso in cinque sezioni, disposte in blocchi simili, in delle sorte di segmenti modulari riappaiono in forme diverse. La preparazione pianoforte è complessa e tocca 27 note. Come prepari il piano a questo lavoro?

F.O.: Lo spirito dada del pezzo è evidente: una sorta di fiaba sonora, delizioso. La preparazione pur complessa non è paragonabile a quella delle "Sonatas". Mi è capitato alcune volte, eseguendo il pezzo all'inizio di un programma misto, di non potere dedicare alla preparazione un tempo adeguato (due ore circa per me) e di dover, per esigenze di palcoscenico, degli altri interpreti, dell'accordatore etc., fare le cose in fretta. Ho scoperto che la maggiore indeterminatezza della preparazione conferisce al pezzo una veste a volte così imprevedibile da risultare esaltante per chi suona e conseguentemente per chi ascolta. Così da un po' lascio filtrare più casualità nella preparazione di questo pezzo per renderlo appunto imprevedibile anche a me; è ovviamente una forzatura live, non ne farei una registrazione, ma i risultati di questo approccio sono stati convincenti.

AAJ: Poiché All About Jazz è una rivista dedicata al jazz e in repertorio ho visto che hai "Jazz Study" volevo chiederti la ragione di questo inserimento (tra l'altro ci sono anche dubbi sull'attribuzione a Cage). L'uso di elementi jazz è non-cageano, mentre la ripetizione di un numero limitato di elementi musicali è tipica delle composizioni di Cage di questo periodo (anni '40). Cage non amava il jazz e non ne ha mai fatto mistero. Tu che pensi?

F.O.: Non conosco bene la storia del pezzo; posso dire che ci scommetterei sulla paternità per l'evidenza di alcuni comportamenti! Il jazz ha poco a che vedere con i due studi, più orientati dalle struttura dei pezzi legati alle coreografie che dallo spirito afroamericano. Quella vena di "citazione jazzistica" è comunque presente qua e là nel Cage anni '40-50. Non li ritengo pezzi di grande spessore, ma senz'altro sono pagine di piacevole ascolto.

Foto di Claudio Casanova (Ottaviucci).


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