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In the Shadow of No Towers: Art Spiegelman, Marco Cappelli e l'11 settembre

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L'impatto dell'11 settembre nell'arte andrebbe studiato anche per quanto riguarda la musica. Una curiosa voce di wikipedia (List of cultural references to the September 11 attacks) elenca per generi, opere, musiche, libri ispirati o semplicemente riguardanti il tragico evento.

Il DVD In the Shadow of No Towers di Marco Cappelli si inquadra nel novero di questa pluralità di voci, contribuendo in modo molto intelligente e significativo alla (ri)costruzione di un segmento di memoria collettiva e mostrando al contempo tutte le incrinature della contemporaneità laddove si parla di "memoria".

Il tema è ampio e non è questa la sede per svilupparlo in tutta la sua complessità. Rimane comunque un fatto che l'episodio sia rimasto impresso anche nella memoria musicale contemporanea e che il potenziale di questa vivenda - da più parti e con diverse prospettive narrata, musicata, illustrata, indagata, fotografata - sia a tutti gli effetti diventato patrimonio della comunità artistica. D'altronde, appare evidente che il narrare (mettendo in musica pensieri e parole o immagini) un evento tanto mediatizzato abbia assunto la duplice funzione di esorcizzare le paure generate da una iperproduzione di immagini su questo stesso evento e di rappresentare le "mutazioni antropologiche," sensoriali e cognitive, prodotte dall'impatto dei linguaggi multimediali sui processi di selezione della memoria storica.

Tale meccanismo, che nella narrazione contemporanea è oggetto di imporanti riflessioni [si rimanda al sito della rivista Carmilla e alle riflessioni sul tema sull'New Italian Epic], lo si può rintracciare anche in musica, con modalità che viste da vicino sono del tutto analoghe a quelle altrove messe in evidenza per il romanzo.

La constatazione che ha mosso l'intervista che segue è il fatto che In the Shadow of No Towers risulta essere un tassello di questo processo di (de)costruzione della memoria collettiva. Musica, immagini e animazione restituiscono la memoria di un giorno (l'11 settembre), di un anno (2001, con la guerra nel Golfo), ma anche di un secolo (1901-2011). In quest'arco di tempo ogni riferimento che non sia alla quotidianità di quanto ha vissuto Spiegelman (rappresentato nel fumetto da una famiglia davanti alla tv che assiste all'evento, la storia della figlia a scuola, una scarpa che volta, lo smarrimento di un Spiegelman-Maus nel panico) salta e si disintegra in un flusso mentale allucinato, che musica e animazione ben riproducono. L'evento esiste, anche se viene frantumato in un insieme di riferimenti che solo nella loro totalità restituiscono senso a quanto ha vissuto Spiegelman in prima persona e alla memoria (collettiva, perchè riconosciuta e conosciuta) del suo Maus.

AAJ: Il percorso delle 28 tracce del DVD parte dall'evento delle torri, ma tocca e sviluppa considerazioni molto più ampie. Mi piacerebbe partire da una tua analisi sull'evento e sul rapporto che esso ha avuto sulla tua memoria.

Marco Cappelli: Mi sembra che tu abbia colto un elemento fondamentale del libro di Art Spiegelman, che è al contempo ciò che mi ha ispirato, suggerendomi l'idea di questo lavoro multimediale. Gli elementi autobiografici compongono un mosaico nevrotico che ha come centro di gravità il bombardamento mediatico che tutto il mondo ha subito dopo (e durante) il crollo delle torri gemelle, il cui effetto principale è, secondo Spiegelman, l'annullamento di "ciò che ha visto davvero".

Nel disperato tentativo di ricostruire il suo ricordo delle torri in fiamme, scavalcando le immagini televisive, l'autore ripercorre gli eventi vissuti quel giorno dal suo "posto in prima fila," e nei giorni successivi divora notizie su notizie, in una paranoia insonne che lo porta a dubitare di se stesso e della propria percezione, come se realtà e allucinazione si confondessero.

Tale scenario psicologico da incubo - magistralmente disegnato a fumetti, perché solo nella lettura di fumetti d'epoca l'autore dichiara di trovare requie alla sua angoscia - diventa il teatro di una serie di riflessioni amare ed umane al tempo stesso, che forniscono al lettore/spettatore una fotografia fedele del "dopo bomba," con tutte le sue implicazioni politiche e sociali.

Oltre a condividere nei dettagli il punto di vista di Spiegelman, molto laico e per nulla manicheo, aggiungo che il suo racconto appare estremamente "musicale": le maxi tavole del libro, nelle quali le storie e le considerazioni estemporanee si accavallano in strati co-spaziali, si articolano come un contrappunto grafico che allude alla musica, suggerendo, almeno a noi, l'ipotesi che abbiamo realizzato in questo DVD.

AAJ: Dal punto di vista musicale, quali aspetti musicali hai maggiormente approfondito? Cosa ti interessava mettere in evidenza?

M.C.: La caotica compresenza degli strati grafico-narrativi cui accennavo suggerisce, vista anche l'ambientazione, una dimensione musicale molto "downtown New York anni '90" con il suo incedere per zapping.

Abbiamo dunque privilegiato una lettura musicale fatta di salti improvvisi tra dimensioni diverse, dalla "cartoon music" alla colonna sonora da "B movie," dalla marcetta militare di ispirazione Kageliana alla citazione dell'inno americano distorto da Jimi Hendrix, non trascurando di accompagnare il crescendo narrativo con drones di sapore psichedelico.

Abbiamo inoltre cercato istintivamente di rendere il passo narrativo nevrotico del racconto, tentando di dipingerlo di suono. Ho capito che ci eravamo riusciti l'11 Settembre del 2009, quando suonammo a New York per il memorial del 9/11, e Art venne ad ascoltarci con la sua famiglia protagonista del racconto: "mi avete rovinato la giornata," ci disse dopo aver rincorso la figlia scappata via dal teatro in preda al turbamento nel vedere la sua storia raccontata dal vivo e accompagnata dalla nostra musica "dunque direi che funziona, anche più del libro...".

AAJ: Le composizioni sono tue e di Daniele Ledda. Come avete lavorato?

M.C.: La musica di In the Shadow of No Towers è stata composta a sei mani da me, Daniele Ledda e Roberto Pellegrini (in arte il trio SINTAX ERROR). Abbiamo lavorato per tre giorni intensamente a Napoli, preparando la prima esecuzione per il Festival Dissonanzen nel Giugno 2008, mentre gli spezzoni del video arrivavano uno ad uno via email da New York, dove Anne Rothschild (video animatrice) e Maria Isabel Gouverneur (grafica) si arrampicavano sugli specchi per terminare il video in tempo. Non sarebbe stato possibile se non avessimo parlato già da tempo una lingua comune, fatta di musica, cinema, fumetti e letteratura. Io e Daniele abbiamo firmato le composizioni perché forse abbiamo dato una sistemata ad alcuni elementi, ma davvero mi preme dire che si è trattato di un lavoro corale, a firma di SINTAX ERROR (la i invece della y è voluta).

AAJ: John Turturro ed Enzo Salomone danno due interpretazioni ugualmente profonde e brillanti. Come hanno lavorato entrambi e/o come avete lavorato con entrambi? Sono partiti dal testo-immagini o dalla musica o avete lavorato insieme integrando le voci in un secondo tempo?

M.C.: Enzo Salomone ha partecipato fin dall'inizio all'esecuzione live del lavoro, che è nato in italiano utilizzando la traduzione a noi gentilmente concessa da Einaudi. Dunque ha visto la parte video crescere e svilupparsi, eseguendo la lettura dal vivo tutte le diverse volte che e` lo spettacolo e` stato rappresentato in Italiano.

John Turturro ha invece prestato la sua voce all'edizione in inglese del DVD su invito di Mode Records, ed ha dunque lavorato in studio: speriamo di avere presto occasione di lavorare con lui anche dal vivo per il pubblico americano.

Questa la sostanziale differenza nell'apporto che questi due straordinari attori hanno dato al lavoro, che ovviamente è impercettibile all'ascolto del prodotto finale.

AAJ: Secondo la tua sensibilità, questa diversità di voce conferisce alla versione italiana e a quella inglese anche una diversa interpretazione di Art Spiegelman? Senza dubbio la voce narrante è sempre quella di Spiegelman (uomo, cittadino, fumettista, padre, ebreo, con un continuo slittare di piani nella narrazione) ma le personalità (vocali per lo meno) dei due imprimono qualcosa di diverso a queste due anime. Un doppio ricercato o casuale?

M.C.: Direi senz'altro casuale. Questo lavoro è nato come spettacolo multimediale da eseguire in teatro, con l'interazione tra un video, una voce narrante ed un trio di musicisti. Lo abbiamo eseguito in diversi festival italiani con Salomone, e solo due volte a New York con due diversi narratori: l'attore Eric Bogosian (presentatoci da Elliott Sharp, che fu anche ospite della performance) ed il poeta Steve Dalachinsky. Solo successivamente ha suscitato l'attenzione dell'etichetta discografica Mode Records, che ha voluto un grande attore newyorchese come Turturro per l'edizione inglese. Abbiamo anche dovuto apportare piccoli cambiamenti al video per la versione in DVD, accomodandolo alla destinazione d'uso. Dunque si è trattato di un tipico work in progress, finalmente giunto ad un insperato compimento.

AAJ: A te, che non sei americano, ma che senza dubbio ti senti a pieno titolo cittadino di New York, cosa interessava maggiormente mettere in evidenza in/di In the Shadow of No Towers?

M.C.: Io ho avuto sempre un atteggiamento di grande rispetto nell'avvicinare una tematica tanto dolorosa per la città in cui attualmente vivo. Quasi di timore reverenziale direi, se non di vero e proprio disagio nel mettere le mani in un materiale emotivo tanto scottante. Però ho potuto ancora una volta verificare come New York sia uno strano luogo, che ha la caratteristica di far sentire chiunque a casa propria, e forse proprio per questo è stata colpita così duramente.

Nel mio piccolo ho pensato che riprendere ed amplificare il punto di vista di Spiegelman sull'11 Settembre potesse dare un contributo perché New York continui a mantenere questa sua straordinaria caratteristica, che rappresenta il meglio dell'America, tanto come nazione che come concetto, facendo fronte contro la deriva nazionalistica dell'era bushiana.

AAJ: Una collaborazione del genere (tra fumetto, teatro, improvvisazione) è una cosa che pare straordinaria e unica. Se si guarda indietro, incredibile la mescolanza di linguaggi... eppure non così sconvolgente nel raccontare il presente. Sono sicura che anche tu hai trovato questo progetto naturale...in qualche modo. Che ne pensi?

M.C.: Io mi sento molto attratto dalle mescolanze e mi concedo spesso il vezzo di lavorare su fonti di ispirazione "letteraria." Penso al lavoro Les Nuages en France con il Marco Cappelli Acoustic Trio (Ken Filiano al basso e Satoshi Takeishi alle percussioni) che ha debuttato con un CD dedicato ai personaggi dei gialli di Fred Vargas, ed attualmente lavora ad un progetto con lo scrittore napoletano Maurizio di Giovanni.

Da amante di Gulp! Fumetti in TV con cui sono cresciuto - insieme agli album di figurine di Nick Carter che non sono mai riuscito a terminare - mi è venuto spontaneo di lavorare sul fumetto, e mi fa piacere che in qualche modo tu abbia riscontrato una naturalezza nel gesto. Tanto che sto pensando ad un altro lavoro... ma non ne parlo neanche sotto tortura finchè non trovo un produttore disposto a sostenere l'impresa!

AAJ: Il montaggio di Anne Rothschild è a suo modo "musicale". Con chi ha lavorato maggiormente, te o Spiegelman?!

M.C.: Sono contento di questa domanda, perché mi dà l'occasione di raccontare come all'inizio, avendo avuto l'idea, mi sforzassi di mantenere una sorta di controllo su tutti gli aspetti tecnici del lavoro. Art Spiegelman ci ha "semplicemente" messo a disposizione i materiali ed autorizzato a procedere, ma non ha mai preso parte attiva al processo creativo, non volendo ostacolare il nostro lavoro con i suoi commenti negativi e dichiarando senza ritegno che a lui non piace nulla, neanche quello che fa lui stesso. Quindi, dopo alcuni primi tentativi fallimentari, decisi di delegare interamente ad Anne e a Maria Isabel (Gouverneur) la parte visuale, conservando solo una collaborazione alla stesura dello story-board... e finalmente il video cominciò a prendere la forma attuale.

Ho così imparato che in lavori complessi come questo vale il lavoro di squadra, dove ognuno si rende responsabile per l'area in cui sente di essere competente. Dunque, al di là delle paternità concettuali, bisogna fidarsi degli altri ed imparare a delegare. Sembra un'ovvietà, vero? Eppure...

Foto di Claudio Casanova (Marco Cappelli) e Chris Anthony Diaz (Art Spiegelman).


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