Stanton Moore: III

Le dodici misure e le cadenze blues qui sono colte nel loro incontro con il folklore, con il jazz e le sue forme improvvisative, con il rock e il funk, di cui questo disco trasuda abbondantemente.

Il viaggio del batterista parte da una delle capitali della musica americana del Sud, che è poi anche la sua città: New Orleans. O meglio dalla Preservation Hall, lo storico locale caro alla storia del jazz dove il disco è stato registrato e che, dopo il disastro dell'uragano Katrina, è rimasto a lungo chiuso.

Con Moore, oltre a un organista energico e dinamico come Robert Walter (che ha scritto cinque dei dieci pezzi del disco), c'è Will Bernard, un chitarrista davvero interessante e capace di farsi notare sia sull'elettrica sia con la slide.

In quattro brani il classico organ trio si rafforza rivelando una legnosa e verace personalità grazie al duo di fiati formato da Sherik e Mark Mullins.

Al di là delle composizioni originali, tutte valorizzate da limpide esecuzioni (anche se forse non troppo personali nella scrittura) val la pena di ascoltare il tradizionale "I Shall Not Be Moved" che chiude il disco, la vigorosa versione di "When the Levee Breaks" dei Led Zeppelin e "Water from an Ancient Well" di Abdullah Ibrahim.

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