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I nuovi mondi di Satoko Fujii: Spring Storm / Gen Himmel / Tornado
ByIn questo 2013 sono ben tre i dischi che la Fujii ha pubblicato e sono tutti come sempre articolati, complessi e interessanti.
Satoko Fujii New Trio
Spring Storm
Libra Records
Primo fra tutti il nuovo lavoro in trio, Spring Storm: formazione dalla Fujii molto praticata [anche negli anni americani, con Mark Dresser e Jim Black come compagni], il trio permette alla musicista di innestare il suo denso pianismo in dinamiche di ulteriore articolazione formale e espressiva.
Qui in compagnia di Todd Nicholson al contrabbasso e del connazionale Takashi Itani alla batteria, si muove con grande coerenza espressiva all'interno di mondi differenti, riallacciandosi alla tradizione afroamericana per il profondo senso del dialogo con gli altri musicisti, ma esplorando con pertinacia architetture originali [ad esempio l'ostinato groviglio di "Conviction"] che spingono i compagni a trovare di volta in volta interazioni imprevedibili.
Rimangono echi di impasti "tayloriani," come in "Fuki," ma affascinano anche gli spigoli della più concisa "Whirlwind" prima di tuffarsi nella complessa drammaturgia di "Maebure," che Nicholson trasporta dentro un dilaniato spazio espressionista prima che si ricomponga in una sorta di piccolo gioiello danzante e lirico.
Un disco impegnativo e affascinante nella sua capacità di sfaccettare il gesto compositivo in processi di interazione al tempo stesso stratificati ma intimi. Molto bello.
Satoko Fujii
Gen Himmel
Libra Records
Abituati ai tumulti espressivi che caratterizzano il suo percorso, è un'oasi lirica quasi sorprendente il nuovo lavoro in solo, Gen Himmel: i dodici pezzi che lo compongono sono prevalentemente brevi e riflettono una bellezza contenuta e elegiaca.
Ben lontana comunque da soluzioni di facile presa, con un tocco che pur nella delicatezza rimarca il peso di ogni nota, la Fujii ci svela qui come anche trame apparentemente semplici si possano costruire con una sapienza armonico/melodica particolare. Vengono in mente paesaggi che siamo usi associare al Giappone [meraviglioso l'effetto iniziale con la preparazione del piano], ma al di là dell'ovvia suggestione, tutto il disco è pervaso da un senso di bellezza mai pacificata, forse aliena e per questo necessaria.
Kaze
Tornado
Libra Records
Due trombe, pianoforte e batteria: questo l'organico del quartetto Kaze, al suo secondo lavoro. Con la Fujii ci sono il marito Natsuki Tamura e due musicisti francesi, il trombettista Christian Pruvost e il batterista Peter Orins.
Torniamo qui a scenari sonori assai più irrequieti e lo si capisce sin dalle prime note di "Wao," tra urla della tromba, fibrillazioni pianistiche e il rombare dei tamburi. La materia è frammentata e spiazzante, il virtuosismo si colloca ad alti livelli, la tranquillità dell'ascoltatore un po' meno.
Il resto del disco si divide tra due composizioni del batterista e due della Fujii, tra atmosfere più sornione ["Mecanique"] e la tempesta pneumatica della bellissima title-track, con le trombe a inseguirsi dietro una frase danzante prima di un sommesso e lontano gioco di richiami.
I punti di forza del disco sono le architetture, che abbinano moduli anche molto differenti tra loro in una narrazione sempre intrigante. Sfaccettato.
Natsuki Tamura
Dragon Nat
Libra Records
C'è spazio poi anche per qualche parola sul nuovo disco in solo di Tamura, Dragon Nat: il trombettista ha ormai con la Fujii una sintonia/simbiosi/complementarietà assoluta, non solo per l'ovvia ragione personale e affettiva [come messo in evidenza su questa pagine da Angelo Leonardi in un'intervista di qualche anno fa], ma anche perché il suo strumentismo asciutto e lacerato ben si inserisce in una tavolozza composita di emozioni quale quella della moglie.
Il riferimento più spontaneo è quello a Don Cherry, ma Tamura segue le proprie traiettorie senza fretta, scandendo note, respiri, piccole melodie in una sorta di monologo dall'intenso sapore spirituale.
Altro tassello nei mondi, sfaccettati e stimolanti che ruotano attorno alla bravissima Satoko Fujii.
Foto di Claudio Casanova
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