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I cubi di Alban Darche
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Il sassofonista e compositore di Nantes (dove ha fondato la Yolk, editrice di due dei tre CD qui sotto trattati) Alban Darche è certamente musicista vorace ediremmosorretto da non poca autostima. I suoi progetti ruotano attorno a un concetto "cubico" che è generosamente illustrato dalla sua più recente produzione.
Le Cube
Frelon Rouge
Yolk (2013)
* * *
Il concetto di cui sopra sembra procedere per progressione numerica. È così che il primo CD di cui ci occupiamo vede all'opera un puro e semplice trio (entro le cui maglie, peraltro, Darche non manca qua e là di inserire più voci di sax sovraincise).
Il linguaggio espresso non è particolarmente "francese," qui (non, per esempio, come nei vari Kassap, Padovani, Corneloup, Lourau, o altri colleghi di strumento del Nostro), e invece piuttosto americaneggiante (post-rollinsiano, verrebbe da dire). C'è una bella sonorità di gruppo, piena, solida, un incedere sicuro e coerente, magari non altrettanto avventuroso e originale (se non proprio in quelle sovrapposizioni sassofonistiche, a volte, peraltro, lievemente pleonastiche).
A dover indicare gli episodi maggiormente a fuoco, citeremmo l'iniziale "La pornicaise," la titletrack, "Seriatim," "Mon tribut à Tim Burton" e il conclusivo "La mort d'Archimède," il tutto entro un carnet di brani comunque senz'altro omogeneo.
L'OrphiCube
Pépin & Plume
Yolk (2013)
* * * ½
Qualche caduta di gusto, maper controanche tanta progettualità in più (leggi "idee," come sempre soggette alla verifica sul campo), stanno alla base dell'OrphiCube, gruppo ancor prima che disco, nello specifico un nonetto in cui ai tre di Le Cube si uniscono altri tre sassofonisti/clarinettisti (Sylvain Rifflet il più noto), violino, piano e fisarmonica. E si capisce quindi immediatamente come la componente europea (se non strettamente francese) sia qui palpabilissima.
Si respira un'aria qua e là vagamente third stream, peròcome dettosquisitamente europea. Darche dichiara agganci filmico-pittorici (cita il cubismo colorato di Robert Delaunay) per questo organico, e il risultato è una musica certamente spinta sul versante descrittivo, però evitandonei momenti migliori, almeno, che non sono pochidi scivolare sulla buccia di banana del calligrafico e del melenso (procedendo spesso su quel crinale, comunque).
Si parte con una parafrasi (una citazione, di fatto, in mezzo a tanto altro) dei "quattro fratelli" giuffreiani, per proseguirelimitandoci ai momenti i più significativicon un episodio ben costruito e assortito (pur con un po' di melassa sul finire) come "Une chanson pour François," e ancora con "Pour mieux rebondir," giocato nel prevalente segno degli archi (con qualcosa di certi esperimenti di un Vapirov, o lì intorno), fino al breve "Requiem" conclusivo, per piano solo.
Fra luci e qualche ombra, quindi, un disco che rivela una spiccata personalità e una discreta voglia di rischiare.
Alban Darche & Le Gros Cube
Queen Bishop
Yolk (2013)
* *
Alcune delle invenzioni che danno lustro a L'OrchiCube tornano nell'album dedicato ai Queen (e citiamo alcuni passaggi di "Innuendo" e "Ogre Battle," o l'interoquanto breve"Transition to the Killer Queen"), però annegate in parecchia paccottiglia, una temperatura da opera pop che non si risparmia nessuno (o quasi) degli orpelli del caso.
Ci sono continui coretti alquanto risibili (tutto l'apparato vocale costituisce il tallone d'Achilleil principale, almenodel disco), soluzioni tra l'aulico e il melenso, insomma un kitsch diffuso che, a voler essere generosi, potremmo definire di stampo più o meno intenzionalmente zappiano.
Qualcosa migliora strada facendo, ma nulla che ci dissuada dall'etichettare Queen Bishop come disco riservato ai "tuttologi" del quartetto inglese, oppure dello stesso Darche.
Elenco dei brani:
Frelon Rouge:
La pornicaise; Café du change; Caminhana; Frelon rouge; L'homme rigolo; La bille; La pascolaise; Seriatim; Mon tribut à Tim Burton; Spirale du phraseur; La mort d'Archimède.
L'OrphiCube:
4 Brothers; tbbm; La Martipontine; Le triangle du Douboto; Une chanson pour François; Pour mieux rebondir; Les parapluies; Codex etc; Requiem.
Queen Bishop:
Queen Bishop Opening; Bicycle Race; Death On Two Legs; Jealousy; I'm Going Slightly Mad; Love of My Life; The Prophet's Song; Seaside Rendez-vous; Innuendo; Transition To The Killer Queen; White Queen; Bohemian Rhapsody; Ogre Battle.
Musicisti:
Frelon Rouge:
Alban Darche: sax tenore, alto e soprano; Sébastien Boisseau: contrabbasso; Christophe Lavergne: batteria.
L'OrphiCube:
A. Darche (sax alto), Boisseau e Lavergne più François Ripoche: sax alto dritto e tenore; Sylvain Rifflet, Matthieu Donarier: sax tenore, clarinetti; Marie-Violaine Cadoret: violino; Didier Ithursarry: fisarmonica; Nathalie Darche: pianoforte.
Queen Bishop:
A. Darche (anche arrangiamenti), Boisseau (anche basso elettrico), Lavergne, Ripoche, Rifflet, Donarier, N. Darche più Alain Vankenhove, Geoffroy Tamisier, Yannick Neveu: tromba; Daniel Casimir, Jean-Louis Pommier, Pascal Benech: trombone; Gilles Coronado: chitarre; Emmanuel Birault: batteria; Arnaud Guillou, Thomas De Pourquery: voce; Freddie Mercury: voce in "Jealousy."
Le Cube
Frelon Rouge
Yolk (2013)
* * *
Il concetto di cui sopra sembra procedere per progressione numerica. È così che il primo CD di cui ci occupiamo vede all'opera un puro e semplice trio (entro le cui maglie, peraltro, Darche non manca qua e là di inserire più voci di sax sovraincise).
Il linguaggio espresso non è particolarmente "francese," qui (non, per esempio, come nei vari Kassap, Padovani, Corneloup, Lourau, o altri colleghi di strumento del Nostro), e invece piuttosto americaneggiante (post-rollinsiano, verrebbe da dire). C'è una bella sonorità di gruppo, piena, solida, un incedere sicuro e coerente, magari non altrettanto avventuroso e originale (se non proprio in quelle sovrapposizioni sassofonistiche, a volte, peraltro, lievemente pleonastiche).
A dover indicare gli episodi maggiormente a fuoco, citeremmo l'iniziale "La pornicaise," la titletrack, "Seriatim," "Mon tribut à Tim Burton" e il conclusivo "La mort d'Archimède," il tutto entro un carnet di brani comunque senz'altro omogeneo.
L'OrphiCube
Pépin & Plume
Yolk (2013)
* * * ½
Qualche caduta di gusto, maper controanche tanta progettualità in più (leggi "idee," come sempre soggette alla verifica sul campo), stanno alla base dell'OrphiCube, gruppo ancor prima che disco, nello specifico un nonetto in cui ai tre di Le Cube si uniscono altri tre sassofonisti/clarinettisti (Sylvain Rifflet il più noto), violino, piano e fisarmonica. E si capisce quindi immediatamente come la componente europea (se non strettamente francese) sia qui palpabilissima.
Si respira un'aria qua e là vagamente third stream, peròcome dettosquisitamente europea. Darche dichiara agganci filmico-pittorici (cita il cubismo colorato di Robert Delaunay) per questo organico, e il risultato è una musica certamente spinta sul versante descrittivo, però evitandonei momenti migliori, almeno, che non sono pochidi scivolare sulla buccia di banana del calligrafico e del melenso (procedendo spesso su quel crinale, comunque).
Si parte con una parafrasi (una citazione, di fatto, in mezzo a tanto altro) dei "quattro fratelli" giuffreiani, per proseguirelimitandoci ai momenti i più significativicon un episodio ben costruito e assortito (pur con un po' di melassa sul finire) come "Une chanson pour François," e ancora con "Pour mieux rebondir," giocato nel prevalente segno degli archi (con qualcosa di certi esperimenti di un Vapirov, o lì intorno), fino al breve "Requiem" conclusivo, per piano solo.
Fra luci e qualche ombra, quindi, un disco che rivela una spiccata personalità e una discreta voglia di rischiare.
Alban Darche & Le Gros Cube
Queen Bishop
Yolk (2013)
* *
Alcune delle invenzioni che danno lustro a L'OrchiCube tornano nell'album dedicato ai Queen (e citiamo alcuni passaggi di "Innuendo" e "Ogre Battle," o l'interoquanto breve"Transition to the Killer Queen"), però annegate in parecchia paccottiglia, una temperatura da opera pop che non si risparmia nessuno (o quasi) degli orpelli del caso.
Ci sono continui coretti alquanto risibili (tutto l'apparato vocale costituisce il tallone d'Achilleil principale, almenodel disco), soluzioni tra l'aulico e il melenso, insomma un kitsch diffuso che, a voler essere generosi, potremmo definire di stampo più o meno intenzionalmente zappiano.
Qualcosa migliora strada facendo, ma nulla che ci dissuada dall'etichettare Queen Bishop come disco riservato ai "tuttologi" del quartetto inglese, oppure dello stesso Darche.
Elenco dei brani:
Frelon Rouge:
La pornicaise; Café du change; Caminhana; Frelon rouge; L'homme rigolo; La bille; La pascolaise; Seriatim; Mon tribut à Tim Burton; Spirale du phraseur; La mort d'Archimède.
L'OrphiCube:
4 Brothers; tbbm; La Martipontine; Le triangle du Douboto; Une chanson pour François; Pour mieux rebondir; Les parapluies; Codex etc; Requiem.
Queen Bishop:
Queen Bishop Opening; Bicycle Race; Death On Two Legs; Jealousy; I'm Going Slightly Mad; Love of My Life; The Prophet's Song; Seaside Rendez-vous; Innuendo; Transition To The Killer Queen; White Queen; Bohemian Rhapsody; Ogre Battle.
Musicisti:
Frelon Rouge:
Alban Darche: sax tenore, alto e soprano; Sébastien Boisseau: contrabbasso; Christophe Lavergne: batteria.
L'OrphiCube:
A. Darche (sax alto), Boisseau e Lavergne più François Ripoche: sax alto dritto e tenore; Sylvain Rifflet, Matthieu Donarier: sax tenore, clarinetti; Marie-Violaine Cadoret: violino; Didier Ithursarry: fisarmonica; Nathalie Darche: pianoforte.
Queen Bishop:
A. Darche (anche arrangiamenti), Boisseau (anche basso elettrico), Lavergne, Ripoche, Rifflet, Donarier, N. Darche più Alain Vankenhove, Geoffroy Tamisier, Yannick Neveu: tromba; Daniel Casimir, Jean-Louis Pommier, Pascal Benech: trombone; Gilles Coronado: chitarre; Emmanuel Birault: batteria; Arnaud Guillou, Thomas De Pourquery: voce; Freddie Mercury: voce in "Jealousy."
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About Alban Darche
Instrument: Saxophone, tenor
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