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I 10 CD nel CD-Player di... Luca Dell'Anna

I 10 CD nel CD-Player di... Luca Dell'Anna
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01. Clifford BrownBrownie: The Complete EmArcy Recordings (Verve -1989).
A mio parere il punto più alto fra i giganti che stanno alla radice del jazz moderno è rappresentato da Clifford Brown. Ogni sua frase nasce già scolpita nella pietra, un'aderenza perfetta fra pensiero e azione. Ascoltando Clifford Brown mi ritorna chiara ogni volta l'importanza della scelta delle note e della decisione nella costruzione delle frasi.

02. Los munequitos de Matanzas—Vacunao (Qbadisc—1995).
Gruppo di rumba tradizionale cubana composto da soli percussionisti e cantanti. Nel loro linguaggio si trovano l'energia fluida e l'incastro perfetto della cultura ritmica africana che si è evoluta e ricodificata a Cuba. Questo disco ha cambiato radicalmente il mio approccio al tempo ed al fraseggio, aiutandomi a capire le radici autentiche del linguaggio latinoamericano ma anche come le regole sottintese della tradizione africana si siano evolute e siano poi confluite nel jazz, l'uso funzionale e non solo coloristico degli incastri codificati e della clave, a concepire la sovrapposizione ritmica ad un livello superiore.

03. Steve Coleman and Five Elements—Lucidarium (Label Bleu—2004).
Il lavoro di Steve Coleman è, fra i prodotti del jazz contemporaneo, quello che meglio unisce musica e ricerca interiore (intesa come misticismo ma, soprattutto, come tensione ad un livello più profondo di coscienza e consapevolezza nei confronti del momento presente). I concerti dei Five Elements dal vivo sono un'esperienza che trascende la musica, diventando momenti di meditazione collettiva, in cui ogni pensiero ed ogni nota vengono spogliati ed esaltati nella loro potenza originaria.

04. J.S. Bach, suites per violoncello di Ralph Kirshbaum (Parlophone UK—1994).
Di tutti i grandi compositori del passato, Bach è stato quello a me più caro fin da quando ero bambino. Ho sempre ascoltato molto i suoi lavori per strumenti a tastiera, tuttavia di recente ho riscoperto le suites per violoncello in cui sto apprezzando in più anche la genialità di una composizione che riesce a creare architetture armoniche complesse ma perfettamente chiare e complete soltanto con una singola melodia. Dimostra che se l'immagine è chiara nella mente del compositore (o dell'improvvisatore) ne diventano evidenti la bellezza e la tridimensionalità, senza bisogno di alcun sovraccarico.

05. Ray CharlesPure Genius: the complete Atlantic Records (Atlantic—2005).
Oltre ad essere a mio parere il più grande cantante di soul e Rhythm 'n' Blues che sia mai esistito, Ray Charles era anche un pianista incredibile ed un interprete jazz sia alla voce che al piano sorprendentemente completo. Ascoltando la sua intera produzione si trovano interpretazioni di standard jazz di livello altissimo, cantati e suonati con la piena consapevolezza del linguaggio ed in più con quell'anima che solo un genio completamente immerso nella sua arte come era lui poteva dare. Ray Charles mi dimostra ogni volta chiaramente che non c'è nessuna differenza fra blues, jazz, soul, r'n'b, pop (basta ascoltare la sua interpretazione di "Yesterday" dei Beatles... è da lacrime), sono tutti la stessa cosa. Ed ascoltare il suo lavoro lo dimostra in modo lampante. "Music Is Music," come amava dire Ray, è una verità assoluta che ci ricorda che le lotte di fazione; ed i puristi di una tradizione o di un'altra, che litigano fra di loro per preservare e cristallizzare linguaggi, sono vittima di uno stesso enorme inganno e dovrebbero semplicemente fermarsi, respirare ed aprire le orecchie.

06. Rage Against The Machine—Rage Against the Machine (Epic—1992).
Da ascoltatore, primi dischi che ho amato da ragazzo sono stati di rock ed hard rock, dai Deep Purple e gli Ac/Dc che amo moltissimo fino al crossover di Living Colour e Red Hot Chili Peppers. A mio parere il primo disco dei Rage Against the Machine è un monumento di semplicità, chiarezza e potenza, sia nella composizione che nell'esecuzione. L'energia e la concentrazione di Tom Morello e Zach de la Rocha in questo disco sono impressionanti. Da musicista, ascoltare questo disco mi ricorda l'importanza della decisione, chiarezza, sintesi e semplicità.

07. Red Garland Trio—Groovy (Prestige -1975).
Di tutti i pianisti nati dalle prime "nidiate" di Miles Davis che hanno assimilato ed evoluto il linguaggio bebop, Red Garland è forse il mio preferito. Amando io particolarmente un approccio ritmico e chiaro all'improvvisazione, il suo modo di portare il tempo e di costruire le frasi e l'uso della sinistra rappresentano per me una fonte inesauribile di ispirazione, a cui ritorno periodicamente per rimettere a fuoco le idee e lo studio.

08. The George Russell Smalltet—Jazz Workshop (RCA Victor—1956).
Trovo il lavoro di George Russell uno dei più interessanti della storia del jazz, anche se il suo genio purtroppo ancora non riceve la risonanza che gli spetterebbe. Questo Jazz Workshop può essere considerato a pieno titolo un lavoro di musica colta, con composizioni complesse ed ardite che non perdono di vista la tradizione ma senza mai fossilizzarsi e senza perdere una continua tensione alla libertà sia di scrittura che esecutiva (con Bill Evans al piano in forma incredibile, peraltro). Ed in più, detto questo, composizioni che sono in definitiva belle da ascoltare.

09. Shai Maestro Trio—The Road to Ithaca (Laborie Jazz—2013).
Fra le tendenze del jazz contemporaneo e i musicisti delle nuove generazioni trovo particolarmente affine il lavoro di musicisti dell'area di Avishai Cohen, Dhafer Youssef, Shai Maestro, in cui il recupero di tradizioni arcaiche diventa materiale vivo e pulsante per una composizione rigorosa ed un interplay che è insieme estremamente libero ma anche lucido e chiaro. Trovo le composizioni di Shai Maestro molto interessanti nel loro essere moderne senza cercare la spigolosità a tutti i costi ed insieme melodiche senza diventare scontate, e trovo il suo approccio pianistico molto affine a quello a cui aspiro e tendo nella mia ricerca.

10. Lionel LouekeHeritage (Blue Note—2012).
Altro disco notevole che sto ascoltando molto negli ultimi giorni questo di Lionel Loueke, che mostra un approccio all'improvvisazione ed all'interplay estremamente nuovo e interessante inserendosi perfettamente nella tradizione africana della circolarità del ritmo e dell'interscambio dialogico fra le parti. Loueke è un improvvisatore incredibilmente evoluto e la sezione ritmica dimostra una notevole attenzione ed intelligenza nel far muovere la macchina rilanciando e "rischiando" ad ogni battuta.

Foto
Francesca Riggi.

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