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Do Tell: Hotend - Do Tell Plays the Music of Julius Hemphill

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Do Tell: Hotend - Do Tell Plays the Music of Julius Hemphill
Una delle prime cose che colpiscono, prendendo in mano questo CD dedicato al songbook di Julius Hemphill, è la brevità quasi lacyana dei titoli. Mettendo poi l'oggetto nel lettore (ma anche già scorrendo la formazione), ecco che un secondo elemento salta all'occhio (o all'orecchio): il fatto che un repertorio squisitamente sassofonistico sia interamente riletto da un trio con cornetta, tuba e batteria (nonché episodiche intromissioni elettroniche).

Lasciamo un attimo in stand-by quest'ultimo particolare per fare ordine appunto nel repertorio (ri)visitato. Repertorio sassofonistico, si diceva, e comunque—nello specifico—totalmente estraneo alla formazione più illustre in cui Hemphill ha militato (essendone di fatto la penna più autorevole e prolifica), il World Saxophone Quartet. Tutti e sei i brani ripresi in Hotend provengono in effetti da altre "costole" espressive, non senza un distinguo, di cui diremo.

Gli anni attraversati sono di preferenza quelli iniziali, da Dogon A.D., album del 1972 (il secondo a nome di Hemphill) in quartetto con tromba, violoncello e batteria da cui proviene il brano omonimo, a "The Hard Blues," tratto da Coon Bid'ness (Arista, 1975), in formazione allargata, da "Hotend," appartenente al solitario Blue Boyé (Mbari, 1977), a "G Song," tratto da Raw Materials and Residuals (1978, incisione novembre '77), con Abdul Wadud e Don Moye, fino a "Body," da Flat-Out Jump Suite, in quartetto con Olu Dara, ancora Wadud e Warren Smith (1980). Questi ultimi due album appartengono già alla prolifica serie di incisioni Black Saint del sassofonista, così come "Floppy," proveniente da Fat Man and the Hard Blues, che è un po' l'eccezione alla regola cui accennavamo: perché salta al 1991 e perché vede all'opera il sestetto only saxophones che Hemphill mise in piedi all'uscita dal WSQ (per la cronaca l'album contiene anche una nuova versione di "The Hard Blues").

Dilungatici il giusto su paternità e maternità varie, diciamo del disco in oggetto, che accosta alla già menzionata particolarità timbrica una sostanziale monoliticità di trattamento, sottendendo un chiaro cordone ombelicale fra questi pezzi e il jazz delle origini (l'organico docet, del resto), con periodiche inflessioni funky (in "Dogon A.D.," per esempio) e forse qualche carenza per quanto attiene alla cerebralità (che non è una parolaccia) insita nelle migliori pagine hemphilliane, a tratti agguantata da certe intercapedini percussive (in realtà atmosferico-coloristiche), laddove la cornetta viaggia un po' sempre per la (stessa) tangente e la tuba non si espande come potrebbe.

Alla fine ci si lascia alle spalle un ascolto in cui la grande attenzione iniziale si è via via un po' allentata, una sicura piacevolezza, pienezza e bellezza complessiva, ma magari non altrettanto scavo negli interstizi di una musica tutto sommato ancora in buona parte da dissodare (in generale).

Track Listing

Floppy; Dogon A.D.; Body; Hotend; The Hard Blues; G Song.

Personnel

Dan Clucas: cornet; Mark Weaver: tuba; Dave Wayne: batteria, elettronica.

Album information

Title: Hotend - Do Tell Plays the Music of Julius Hemphill | Year Released: 2015 | Record Label: Amirani Records

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