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Günter “Baby” Sommer – Matthew Shipp
ByDei quattro concerti proposti nell'edizione 2011 dalla rassegna "Dialoghi: jazz per due," l'incontro tra le percussioni di Günter "Baby" Sommer ed il pianoforte di Matthew Shipp era senza alcun dubbio il più intrigante, in quanto metteva a confronto due universi artistici distinti, sia a livello generazionale che geografico.
L'uno cinquantenne, erede diretto di quel pianismo che parte da Bud Powell e passa attraverso Thelonious Monk e Cecil Taylor, esponente di punta della scena avant newyorkese. Quasi settantenne l'altro, free-jazzista nell'ottusa dittatura della DDR (e solo su questo si potrebbero scrivere dei romanzi!), tra gli elementi di spicco della cosiddetta via europea alla libera improvvisazione, più o meno radicale.
Una coppia inedita. I due si sono incontrati poche ore prima del concerto. Nessuna prova, nessun accordo preliminare. Solo un breve sound check, rivolto a verificare l'acustica della sala (hanno suonato senza amplificazione). E, magia del jazz, ne è uscito un concerto meraviglioso, incentrato su una musica di impostazione quasi-europea.
Stimolato dalle invenzioni e dalla forte personalità di Sommer, Shipp ha infatti ridotto al minimo indispensabile i momenti più magmatici del suo pianismo, privilegiando gli aspetti ritmici (frequente l'uso di staccati da primo novecento eurocolto) e mostrando una vena lirica cui solitamente non dà adeguato spazio.
Per contro Sommer, baricentro estetico ed emozionale del concerto, ha fatto sfoggio di tutte le qualità espressive e comunicative che gli sono peculiari, portando la musica su quel terreno (di cui è maestro) in cui si mescolano estremo rigore e grande divertimento.
In breve, un concerto straordinario, con momenti di altissimo livello. "Chi l'avrebbe detto ...", ha chiosato Sommer al termine del programma regolare, piacevolmente sorpreso e visibilmente soddisfatto dall'eccellente riuscita della serata. In serate come queste, il jazz regala grandi emozioni.