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Ground Music Festival 2017

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Ground Music Festival
Franciacorta e Val Trompia
23.6-2.7.2017

La nascita di un nuovo festival dedicato alla musica improvvisata è sempre da accogliere con grande attenzione ed entusiasmo soprattutto se arriva non per volontà di qualche occasionale investitore o interessato amministratore ma dalla passione, dalla competenza, dalla voglia di mettersi in gioco e di condividere esperienze. È il caso del Ground Music Festival, rassegna itinerante tra Franciacorta e Val Trompia pensata, cercata, fortemente voluta e alla fine realizzata da Gabriele Mitelli, trombettista, compositore e molto altro ancora, capace di trovare non scontate sinergie tra la musica di ricerca e la storia secolare di luoghi incantati segnati dalla fatica del lavoro, dalla cura e dal rispetto della terra e dall'eccellenza dei prodotti ottenuti.

Per due week-end consecutivi si sono susseguiti concerti, paesaggi mozzafiato, incontri letterari, degustazioni, mostre fotografiche (scatti di Luciano Rossetti, Maurizio Zorzi, Luca D'Agostino e Jean Pillon), installazioni sonore. Sul versante letterario strettamente legato al mondo del jazz tre gli eventi previsti. Il giornalista e critico musicale Luca Canini ha intervistato rispettivamente Enrico Bettinello per il libro "Storie di Jazz," Daniela Veronesi per "Lawrence D. "Butch" Morris, The Art of Conduction" e Francesco Martinelli per "Conversazioni con Steve Lacy," tra curiosità, aneddoti e gustose disquisizioni.

Venendo ai concerti da segnalare, l'alta qualità complessiva delle esibizioni, caratterizzate da una grande forza comunicativa che ha coinvolto il pubblico ben oltre i normali standard di ascolto. L'Enrico Rava New Quartet con Gabriele Evangelista al contrabbasso, Enrico Morello alla batteria e Francesco Diodati alla chitarra ha offerto quasi due ore di musica in bilico tra atmosfere sospese, improvvise accelerazioni, momenti quasi free e meraviglie melodiche. In un gruppo molto compatto in evidenza la chitarra di Diodati autore di pregevoli interventi solisti e la maestria di Rava messa al servizio dei giovani compagni di viaggio. Altra storia quella raccontata da Ooopopoiooo, duo formato da Vincenzo Vasi e Valeria Sturba. Circondati da chitarre, violini e oggetti in serie, entrambi specialisti del theremin, appaiono come due cantastorie del XXI secolo, visionari e grotteschi, dispensatori di una saggezza popolare a volte sottilmente inquietante ma sempre sostenuta da una contagiosa dolcezza di fondo.

Era l'evento del festival e tale si è confermato. Mats Gustafsson, Ingebrigt Håker Flaten e Paal Nilssen-Love -ossia The Thing -hanno messo in campo la solita dose di muscoli, cuore, energia, riff micidiali, accelerazioni e souplesse. Rispetto al passato, nelle nuove composizioni -materiale per il disco che verrà registrato tra pochissimo -certi spigoli vengono smussati, la maggior attenzione al suono e le alchimie prodotte con un pizzico di elettronica aumentano l'impatto espressivo della band, meno monolitica nella sua solita devastante potenza ma più convincente nella capacità di variare dinamiche, atmosfere e paesaggi sonori. Super! Così come di grande suggestione si è rivelato l'incontro tra il trio VER formato da Gabriele Mitelli, Pasquale Mirra, Cristiano Calcagnile, e Unzalab -tre artisti alle prese con proiettori 8 mm e 16 mm, più Nino Sammartino al giradischi e oggetti vari. Immagini sovrapposte, sgranate, alterate, rielaborate in tempo reale, vecchi dischi e voci in loop interagiscono con i tre improvvisatori dando origini ad un magma ipnotico, ossessivo, talvolta incandescente, di immagini e suoni che non lascia scampo. Il massiccio uso dell'elettronica e la delicatezza che sfocia in poesia di alcune sequenze sia filmiche che sonore è ulteriore elemento di contrasto che aumenta il fascino della performance.

Non avendo potuto seguire l'esibizione solitaria ai clarinetti e campane di Giancarlo Locatelli su musica di Steve Lacy e il trio Libero Motu ( Giulio Corini, Francesco Bigoni, Nelide Bandello) presentare l'album Future Revival, l'ultimo concerto da ricordare rimane l'esibizione solitaria di Rob Mazurek all'interno della cinquecentesca chiesa di San Michele a Ome. Ma tutt'altro che ecumenica è risultata la performance del musicista di Jersey City. Alle prese con la piccolo trumpet -strumento strettamente legato alla musica barocca -Mazurek ha suonato una musica per certi versi aliena, costruita su frammenti di frasi, su emissioni appena percettibili destinate a deflagrare violentemente, su qualche minima sequenza melodica da interpretare come momento di decantazione, su momenti di ancestrale ritualità. Ma è stata la componente elettronica a far saltare il banco, bordoni portati all'esasperazione, frequenze distorte, alterazioni timbriche e dinamiche, groviglio di segnali che arrivano come un pugno nello stomaco. E quando Mazurek chiama Mitelli sul palco a condividere la chiusura dell'esibizione l'invito ha tutta l'aria di un augurio a dar seguito negli anni alla splendida avventura chiamata Ground Music Festival.

Foto: Luciano Rossetti (Phocus Agency)

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