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Garda Jazz 2019

Garda Jazz 2019
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Garda Jazz Festival
Riva del Garda, Arco, Torbole e altre località dell'Alto Garda
26.7-10.8.2019

Il Garda Jazz Festival, giunto alla sua diciannovesima edizione nella attuale formula, che coinvolge numerosi comuni trentini del Basso Sarca, affonda però le proprie radici negli anni Ottanta, nell'eredità del glorioso e storico Torbole Jazz. Il cartellone di quest'anno ha dato modo in particolare di apprezzare alcuni validi esponenti delle più recenti generazioni in Italia e in Europa, come il trombonista Filippo Vignato, in duo con il coetaneo pianista e tastierista francese Enzo Carniel, il sassofonista Massimiliano Milesi, il contrabbassista Giulio Corini e il batterista Filippo Sala, nel quartetto Double Cut di Tino Tracanna, il batterista Gioele Pagliaccia e il contrabbassista Giordano Grossi, in trio con il pianoforte di Alfonso Santimone.

Anche l'esordio del festival, nella lizza del castello di Arco, presentava una giovanissima con il suo quartetto: la ventiquattrenne trombettista e vocalist catalana Andrea Motis, che non abbiamo potuto ascoltare, ma che ha già nel proprio carnet registrazioni da leader per etichette come la Impulse! e la Verve, e soprattutto proviene da un vivaio attivissimo come la scuola del veterano contrabbassista Joan Chamorro (presente nel quartetto in scena ad Arco) e la sua Sant Andreu Jazz Band di Barcellona.

Le condizioni meteo molto instabili hanno costretto molti appuntamenti dentro gli ambienti chiusi, ma questa emergenza, affrontata anche all'ultimo momento, non ha nuociuto alle esibizioni. Anzi, nel caso dei concerti di Double Cut e del trio con Santimone, complice l'acustica eccellente all'auditorium del Conservatorio di Riva, ha offerto ai musicisti la possibilità di una sfida senza amplificazione, dove senza dubbio ha vinto la musica. I due sax tenore (ma anche soprano in diverse combinazioni) di Tracanna e Milesi hanno avuto modo di mostrare la potenza dell'emissione, le caratteristiche timbriche ed espressive differenti, la capacità di amalgama, in misura per certi versi preferibile a quella supportata dai microfoni.

Con un minimo di amplificazione per il contrabbasso di Corini, il quartetto ha mostrato di sapersi destreggiare bene nelle proprie dinamiche interne, anche attraverso l'apporto sensibile di Sala, batterista senz'altro da tenere in considerazione. Il quartetto, giunto alla fine di una serie di concerti, era ben galvanizzato sul repertorio dell'ultimo CD, Mappe, con brani degli stessi componenti, tra cui "Olii Esausti," "Spiritual Legacy" e "Triads," oltre al delizioso "The Train and The River," tratto dal repertorio di Jimmy Giuffre.

Inedito era il trio con Santimone, Grossi e Pagliaccia, che presentava un lavoro incentrato sulle composizioni e sulla personalità di Misha Mengelberg. Finalmente, nella girandola di omaggi, uno il cui intento è di portare l'attenzione su un musicista ben poco apprezzato. Santimone conosce bene la musica e il temperamento del pianista olandese scomparso nel 2017, e il trio ne ha elaborato un significativo, intelligente itinerario dentro l'ironia dinoccolata, la geniale miscela di free e motivi tratti dalla tradizione popolare. Spiccavano le interpretazioni di "Poor Wheel" e dell'ellingtoniano "Isfahan," e anche in questo caso il trio ha saputo amministrare con accortezza e rendere godibile la dimensione non amplificata, dentro lo stesso auditorium.

A proposito di Mengelberg, la rassegna gardesana ha ospitato anche un solo di Daniele D'Agaro, che del musicista olandese è stato allievo ad Amsterdam, per poi collaborare a lungo con tutta quella vivace scena, negli anni Ottanta e Novanta. Tra le mura del castello di Drena, il solo di D'Agaro si è dipanato con verve narrativa e tanti umori timbrici tra clarinetto, clarinetto piccolo, clarinetto basso e sax tenore, sviluppando percorsi improvvisati, dai quali hanno fatto capolino alcuni brani di Monk, come "Ask Me Now," Light Blue," Little Rootie Tootie," e ancora Ellington, con il poco frequentato "The Girl In My Dreams Tries to Look Like You."

Le avversità meteorologiche hanno costretto anche il duo Silent Room, di Vignato e Carniel, all'interno della Casa degli Artisti, a Canale di Tenno. Un ambiente suggestivo, anche se la accogliente, irregolare piazzetta dell'antico borgo, dove era programmato il concerto, è particolarmente adatta alla musica. Nel duo intenso e ben calibrato, con Carniel per l'occasione solo alla tastiera Rhodes e alla misurata elaborazione elettronica, si è ascoltata musica degli stessi protagonisti, imperniata sul reciproco stimolo, sull'attenta e diversificata ricerca timbrica, in cui si avvicendano spunti tematici, bordoni e ostinati ritmici. Ampie campiture contrastano con agili fraseggi bebop, dense inflessioni blues si incontrano con sperimentazioni garbate. Con un brano finale tratto dal repertorio del grande Albert Mangelsdorff.

La fase conclusiva del festival ha toccato due polarità molto lontane, tra la vitalità ruspante napoletana di James Senese e il virtuosismo laccato del trombettista germanico Till Bronner. Il primo, insieme al suo Napoli Centrale, ha percorso con dignità le proprie geografie, tra colori partenopei e funk nero. Brönner, in duo con il contrabbassista Dieter Ilg, gioca con le acrobazie strabilianti, ma prevedibili e senza emozione, del proprio virtuosismo.

Foto: Vigilio Forelli.

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