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Fonterossa Day #5

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Fonterossa Day #5
Teatro Sant'Andrea Forisportam
Pisa
28.4.2019

Per il quinto anno consecutivo si è svolto al Pisa il "minifestival" di Fonterossa, nome che designa allo stesso tempo un'etichetta discografica, un'orchestra, un collettivo e—soprattutto—un ambiente caratterizzato da forti legami tra musicisti (e non solo) sviluppatosi attorno alla personalità di Silvia Bolognesi, e certo grazie al suo entusiasmo e alla sua energia.

Anche stavolta il Fonterossa Day si è svolto tra il Teatro Sant'Andrea—chiesa sconsacrata nel pieno centro della città toscana—e il vicino Sottobosco—locale dove, nella pausa tra il programma pomeridiano e quello serale, si svolge un rinfresco accompagnato da un concerto. E anche quest'anno il programma non ha mancato di stimolare il pubblico che ha preso parte all'evento.

Il primo concerto, nel tardo pomeriggio, vedeva di scena i protagonisti dell'ultimo CD uscito per Fonterossa Records: Due, del giovane contrabbassista Amedeo Verniani. Rispetto al lavoro registrato, la formazione era in realtà ridotta, mancando del pianista Joseph Nowell, ma anche trasformato in un quartetto—accanto al leader figuravano Emanuele Parrini al violino, Tony Cattano al trombone e Pierluigi Foschi alla batteria—il gruppo ha funzionato egualmente benissimo. Musica di una certa complessità, meditativa ma non priva di slanci dinamici, ricchissima di fraseggi e assoli, che ha messo a frutto nel modo migliore sia il virtuoso intreccio dei suoni di violino e trombone, sia l'intesa personale di Parrini e Cattano, collaboratori in numerosi contesti. Il tutto con una grande attenzione alla composizione complessiva del suono e ai dettagli dello sviluppo musicale. Una formazione molto, molto interessante—l'ascolto del disco lo conferma—e un musicista, Verniani—allievo della Bolognesi, che nel presentarlo non ha nascosto il suo commosso orgoglio—da seguire con altrettanta attenzione: se il buongiorno si vede dal mattino...

L'intermezzo al sottobosco ha visto in scena ancora Parrini e Cattano, stavolta però con la Bolognesi e Matteo Anelli ai contrabbassi. Concerto improvvisato, tra rodati compagni di strada affiatati anche dalle prossimità biografiche (non foss'altro il comune amore per l'adottiva Livorno), dal sapore ludico e appassionato in un contesto—sala piccola e stipata, tra tavolini e libagioni—che si prestava ben più a questo che alla raffinata ricerca timbrica. E perciò scoppiettante, divertente, gustoso.

Lunga e piena di belle sorprese la serata, che prevedeva tre concerti ed è iniziata con il quartetto Sonoria del pianista Alessandro Giachero. Accanto a lui tre musicisti tanto giovani, quanto bravi e puntigliosi: il sassofonista soprano Cosimo Fiaschi, il chitarrista Emanuele Guadagno e il batterista Nicholas Remondino, impegnato in modo non marginale anche ai live electronics. La formazione lavora su un ambizioso progetto di elaborazione timbrica, all'interno del quale c'è ben poco spazio per il lirismo e la narrazione lineare; prevalgono invece le sonorità puntiformi, i frammenti, le micro e le sovratonalità, gli stilemi e le forme espressive particolari. Tanto che, all'inizio, non è immediato cogliere il senso dell'operazione, a fronte del piano (anche preparato) che emette singole e diradate note, del sax che avanza a colpi d'ancia, soffi e sovracuti, della chitarra che suona come una percussione e della batteria che sviluppa rumori suggestivi più che ritmi. Ma sono sufficienti pochi minuti per essere assorbiti dall'atmosfera irreale prodotta dai quattro, anche grazie alla loro manifesta abilità: sorprendente il modo in cui Guadagno interpreta la chitarra; suggestivo quello in cui Remondino alterna suoni della batteria a campionamenti e distorsioni; commovente—come sempre, del resto—il tocco di Giachero sulla tastiera e direttamente sulle corde; entusiasmante e inattesa, infine e soprattutto, l'incredibile facilità con la quale il giovanissimo Fiaschi padroneggia uno strumento ostico, ancorché creativo, qual è il sax soprano, tirandone fuori suoni sorprendenti ed evocativi. Una rivelazione, il giovane musicista, che merita di essere seguito con attenzione e che è stata la ciliegina sulla splendida torta messa a punto da Giachero. La formazione ha registrato, aspettiamo con molto interesse l'uscita del disco.

A seguire in scena l'ospite d'onore della giornata, uno dei più grandi improvvisatori del nostro paese: Antonello Salis. Inizialmente affiancato solo dalla Bolognesi, il musicista sardo, per l'occasione impegnato quasi esclusivamente al pianoforte, si è esibito nelle sue imprevedibili, intense e zigzaganti improvvisazioni, che il contrabbasso faticava un po' a sostenere non foss'altro che per la loro elevata intensità dinamica. Le cose sono cambiate con l'ingresso del violino di Emanuele Parrini, vuoi perché l'intesa tra i due archi ha permesso un maggiore equilibrio timbrico, vuoi perché il gioco in trio ha consentito di costruire linee improvvisative più ampie e di aprire un maggior numero di spazi, a tutto vantaggio dell'interattività e della varietà espressiva. Difficile descrivere lo scoppiettante e mutevolissimo set, nel corso del quale si sono alternati momenti corali, dialoghi di coppia e assoli che hanno offerto ai tre musicisti l'opportunità per esprimere il meglio del loro repertorio individuale e per scambiarsi stimoli e ispirazioni. Con uno spirito gioioso che si trasmetteva al pubblico. Grande concerto, che avrebbe anch'esso meritato una documentazione registrata.

La giornata si è conclusa con il concerto dell'Orchestra Laboratorio, della quale facevano parte anche membri della Fonterossa Open Orchesta vista dieci giorni prima a Prato (clicca qui per leggere la recensione del concerto). Sono andate in scena ben quattro conductions, assai diverse l'una dall'altra, ciascuna diretta da un conduttore differente e frutto di un laboratorio da questi precedentemente svolto con l'orchestra. Ha iniziato proprio la Bolognesi, che ha condotto una suite abbastanza lunga, che riprendeva lo stile più collaudato dell'orchestra, alternando assoli e tutti, tracce liriche e magma sonoro, sempre con coerenza e spirito ludico. Ha proseguito Alessandro Giachero, che ha proposto la conduction più singolare, anch'essa come il suo precedente concerto incentrata su sofisticati contrasti timbrici, che in questo caso hanno sfruttato la molteplicità di strumenti disponibili, tuttavia non impiegandoli assieme, bensì frazionando la conduzione in più parti, ciascuna delle quali impiegava in piccoli gruppi solo alcuni musicisti alla volta. È stato poi il turno di Salis, che accompagnandosi alla fisarmonica (tanto che, a un certo punto, si è avvalso dell'aiuto della Bolognesi) ha diretto l'orchestra sui suoi territori: tessuto sonoro fitto e roboante, ricco di scarti e di invenzioni scoppiettanti, spesso ironiche e giocose. Per finire, una conduction messa a punto in laboratorio da Stefano Tamborrino, il quale tuttavia per un contrattempo non è potuto essere presente a dirigere e ha lasciato l'incarico alla Bolognesi: un intreccio originale, apparentemente semplice e caratterizzato da un maggior lirismo dei precedenti, meno frammentato ma non per questo privo di sorprese. Le quattro conductions hanno confermato una volta di più la qualità della ricerca che l'Orchestra sta portando avanti, le sue molteplici possibilità e la sua impressionante vivacità, cosa rara -almeno in Italia -per un organico di queste dimensioni e per il tipo di musica con cui essa si cimenta.

Un'edizione della "festa" di Fonterossa di qualità particolarmente elevata, quindi, con concerti tutti avvincenti e convincenti, che ha messo in vetrina la qualità delle produzioni discografiche e il livello della ricerca musicale che la comunità svolge in più direzioni. Segni tangibili della vitalità dell'"ambiente Fonterossa," una di quelle non numerosissime realtà la cui esistenza, qui in Italia, risolleva il morale in questi tempi oscuri.

Foto: Neri Pollastri.

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