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Fabrizio Savino: Stampo metropolitano

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Avevo bisogno di più stimoli possibili che mi dessero la possibilità di cercare un mio linguaggio di espressione, nella musica così come nella vita.
Stilisticamente ispirato da John Scofield, dotato di ottima tecnica e capace di esprimere un linguaggio jazzistico fresco e seducente, Fabrizio Savino - che si è da poco messo in mostra con l'album autografo Metropolitan Prints - è uno dei migliori giovani in circolazione. Abbiamo intervistato il chitarrista di Bari (classe '81), il quale ci ha illustrato la genesi del suo album e il proprio modo di intendere il jazz.

All About Jazz Italia: I brani di Metropolitan Prints hanno come tema ispiratore gli aspetti della città e le sue forme. Come nasce l'esigenza di raccontare in musica questi elementi?

Fabrizio Savino: Volevo racchiudere e raccontare in musica la mia esperienza passata. Ho viaggiato abbastanza per potermi formare artisticamente e questo mi ha dato la possibilità di confrontarmi con molte persone, sia musicalmente che non. Avevo bisogno di più stimoli possibili che mi dessero la possibilità di cercare un mio linguaggio di espressione, nella musica così come nella vita. Chiaramente questo percorso si è svolto principalmente in grandi città italiane ed estere; ed è lì che ho vissuto le varie forme di città, positive e negative.

AAJ: Come si è formato il gruppo che ha poi inciso il disco?

F.S.: Con Raffaele Casarano, Mike Minerva e Dario Congedo c'era già un'amicizia. Con loro ho avuto la possibilità di suonare in passato molte volte. Li ho voluti perché, conoscendoli bene musicalmente, sapevo che avrebbero contribuito alla realizzazione della mia idea in maniera positiva e soprattutto personale. Poi casualmente, in una jam durante un festival jazz, ho conosciuto Luca Aquino e lì ho capito che doveva esserci. Ho sempre adorato il suono della tromba, e lui, con la sua idea "elettronica," mi ha subito colpito.

AAJ: Ascoltando l'album traspare una certa attitudine per l'inserimento di piccoli elementi elettronici. Quando componi, in che modo ti relazioni con le macchine?

F.S.: Credo che l'elettronica sia veramente un gran passo verso la musica del futuro, anche se ormai è molto presente. Ho voluto nel disco queste sonorità, perché mi dessero la possibilità di suonare "dentro la metropoli". Mi spiego meglio: l'elettronica ti dà la possibilità di catapultarti in atmosfere in maniera molto realistica (un po' come il 3D utilizzato nei film di nuova generazione), e dato che Metropolitan Prints doveva essere questo, allora ho scritto sempre immaginando un effetto sonoro che poi le macchine mi avrebbero dato. Adoro molto il suono acustico e l'idea del trio mainstream, ma in questo disco dovevo suonare così. Quando compongo è la musica a fare da padrona, cerco sempre di non pensare a come dovrebbe suonare il brano, ma a suonarlo e basta. Più lo immagini, più lo suoni, più tutto viene da sé. Incominci a sentire atmosfere ed idee che diventando sempre più chiare, fino a quando non diventano realtà. Le codifichi e allora capisci ciò che serve.

AAJ: L'unico brano non autografo è "Gallerie" di Raffaele Casarano. Mi parli della vostra collaborazione?

F.S.: Con Raffaele suonare è bellissimo. È un artista che lascia molto alla tua personalità, e inoltre è una persona fantastica. Con lui ci siamo conosciuti per un concerto a Villa Celimontana, dove lo invitai come ospite del mio trio. Da lì è nata una bella amicizia e collaborazione. Volevo un suo brano nel disco, e così è nato. Il ricordo più bello durante la registrazione, è quando mi lasciò solo nella sala, mi fece abbassare le luci e partì il "rec".

AAJ: Artisticamente parlando sei attratto dalla figura di John Scofield. Quali sono le caratteristiche che vi accomunano?

F.S.: Difficilissimo da dire. Trovo più giusto parlare di quali sono le caratteristiche di Scofield che mi hanno sempre affascinato. Innanzi tutto l'idea di suono, il blues (costantemente presente nel suo linguaggio), le composizioni, il suo fraseggio. Ho voluto dedicargli un brano ("John Street") come una sorta di ringraziamento a un grande artista, capace di raccontare la musica, in ogni suo disco, in maniera differente. Basti pensare a Blue Matter, uno dei primi dischi di Scofield "fusion," fino ai dischi di oggi quasi del tutto blues. Un artista senza un preconcetto musicale, capace di racchiudere tutti i generi in una sola parola: MUSICA. E come lui citerei un altro artista importantissimo per me e per la storia della musica passata e futura: Miles Davis. Unico!

AAJ: Dove deve scavare un giovane jazzista per trovare la sua originalità?

F.S.: Credo innanzi tutto nel jazz come forma di linguaggio, prima ancora di genere. Quindi sicuramente per poter parlare bene una lingua, bisogna studiarla nella forma, costruzione, dialettica, e dopo subentra la fase dell'espressione. Qui la fa da padrone l'emozione. Basta vivere a 360° in rapporto con il mondo, per essere costantemente stimolati da ogni forma di emozione. "Purtroppo" il passato jazzistico ci ha segnati moltissimo, infatti ci ritroviamo a suonare ancora oggi quei brani e moltissime volte quegli stili. Tutto ciò va più che bene, anche perché abbiamo la possibilità di studiare il sound di vari periodi, ma dobbiamo anche soffermarci sulla loro originalità. Il be-bop, il cool jazz, l'hard-bop, sono nati per mano loro, noi non dobbiamo soltanto riprodurli, ma evolverli secondo la nostra idea di musica, e logicamente di espressione.

AAJ: Utilizzi le chitarre che tuo fratello Francesco costruisce. Quali sono le caratteristiche che deve avere il tuo strumento ideale?

F.S.: La chitarra è come se fosse il prolungamento delle mie idee, quindi deve essere il più vicino possibile a loro, in tutte le sue parti. Nella scelta dei legni, corde, hardware, tipo di chitarra (solidbody, hollowbody o archtop) fino ad arrivare al tipo di plettro, diversi in misure e materiale, e logicamente ampli ed effetti. La mia fortuna è avere un fratello liutaio (Savino Custom) che mi ha dato la possibilità di chiarirmi le idee su come diversi tipi di legni in combinazione tra loro mi dessero sonorità differenti. Tutt'ora utilizzo una chitarra hollow body, con corpo e manico in mogano, tastiera in ebano, e top in acero quilted, costruita da lui. Questo strumento ha la particolarità di non annullare l'idea elettrica, caratteristica delle solid body (per esempio utilizzo spesso anche un Sg Gibson), ma al tempo stesso mi dà la spinta acustica della cassa. Per adesso è la chitarra dove mi rispecchio di più.


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