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Enrico Tommasini, Direttore Artistico di Dolomiti Ski Jazz
Oggi il jazz non è più, in queste valli di montagna, la passione di pochi "matti" appassionati, ma ha raggiunto un pubblico numericamente molto più vasto... Direi un ottimo risultato.
All About Jazz: Ventun anni fa nasceva il Fiemme Ski Jazz, poi diventato Dolomiti Ski Jazz. Vuoi raccontarci la nascita ed il percorso evolutivo del festival?
Enrico Tommasini: All'inizio è stata veramente una grande sfida. Il jazz, in quegli anni, non era certo una musica molto conosciuta ed apprezzata in queste valli. Direi che abbiamo dovuto combattere piuttosto duramente per fare accettare l'idea che si potesse interessare il pubblico con questo genere per nulla popolare e commerciale. Abbiamo fatto appello a tutta la nostra passione ed al nostro entusiasmo. I primi risultati li abbiamo avuti dopo tre o quattro anni, grazie alla lungimiranza e al costante sostegno dell'Azienda di promozione della Val di Fiemme, che aveva da subito intuito il valore culturale, artistico, e l'innovativa originalità che la proposta poteva avere in un contesto turistico invernale.
AAJ: Come si posiziona, come si differenzia rispetto alle altre proposte musicali presenti nel territorio?
ET: In Trentino le principali iniziative dedicate al jazz si svolgono per lo più durante la stagione estiva. Direi che Dolomiti Ski Jazz è l'unico appuntamento invernale di rilievo nel panorama regionale. Altri numerosi eventi musicali sono nati e cresciuti con l'obiettivo di portare la musica dal vivo sulle piste da sci, per lo più con proposte molto commerciali. Possiamo dire che il nostro festival rimane il capostipite di altre iniziative simili, organizzate in località turistiche dell'arco alpino in Francia e in Austria.
AAJ: Quali obiettivi ti poni quando inizi a lavorare sulla programmazione?
ET: L'obiettivo è sempre quello di dare il massimo, di trovare proposte interessanti, attraenti e di buona qualità. Ovviamente cercando di rimanere all'interno del budget disponibile.
AAJ: Che criteri adotti nella scelta dei musicisti?
ET: Molto spesso sono persone che conosco bene, amici che propongono nuove idee, che portano le loro esperienze con altri musicisti, oppure incontri che faccio ad altri festival e concerti. Devo dire che ricevo moltissime proposte dall'Italia e anche dall'estero e non è affatto facile trovare il tempo per valutarle tutte. Mi spiace non riuscire a rispondere a tutti quelli che si propongono, ma sono davvero troppi.
AAJ: Come selezioni gli spazi a tua disposizione per abbinarli con i musicisti adatti?
ET: Il nostro festival si svolge sostanzialmente in tre tipi di location: a mezzogiorno sulle terrazze delle baite a bordo delle piste da sci, la sera nei teatri e poi nei club. Per i concerti diurni devo scegliere situazioni musicali adatte al contesto, dove il pubblico è in gran parte casuale, che va coinvolto con generi non eccessivamente impegnativi, che devono anche poter intrattenere. La sera nei teatri, in un contesto molto più adeguato all'ascolto, con un pubblico consapevole e più preparato il livello delle proposte può essere più impegnativo e ricercato. Nei club penso possa o debba rivivere l'atmosfera del jazz più sanguigno e istintivo.
AAJ: Come ti relazioni con il territorio?
ET: Dopo tanti anni credo di aver raggiunto un buon equilibrio e un ottimo rapporto con tutti coloro, persone ed enti, che collaborano, sostengono e apprezzano Dolomiti Ski Jazz. Sono certo che la maggioranza dei valligiani e dei turisti che frequentano abitualmente la Valle in marzo considerano il festival un appuntamento ormai irrinunciabile, che fa parte non solo dell'offerta turistica ma sopratutto del panorama culturale fiemmese.
AAJ: Qual è il segno più tangibile che il festival lascia sul territorio?
ET: Oggi il jazz non è più, in queste valli di montagna, la passione di pochi "matti" appassionati, ma ha raggiunto un pubblico numericamente molto più vasto, specialmente tra i giovani musicisti che frequentano, sempre più numerosi, i corsi di jazz nelle scuole della regione, nei conservatori italiani e anche esteri. Direi un ottimo risultato.
AAJ: Quali sono le maggiori difficoltà con cui ti devi confrontare nell'organizzazione del festival?
ET: A me piacerebbe molto sviluppare la formula del festival e ampliarne l'offerta con proposte innovative, magari prendendo qualche rischio in più. Servirebbero maggiori risorse economiche e molto coraggio per creare qualcosa di veramente nuovo... Spero di riuscirci!
AAJ: Indicativamente, che budget ha il festival? E che percentuale è allocata direttamente ai musicisti?
ET: Rispetto alla maggior parte delle altre rassegne regionali, Dolomiti Ski Jazz è dotato di un buon budget, all'interno del quale circa il 50% va direttamente ai musicisti. Dolomiti Ski Jazz prevede una logistica molto complessa e articolata: quest'anno presenteremo sedici appuntamenti in sedici diversi spazi, con una grande cura dell'aspetto tecnico e un'attenzione totale all'ospitalità dei musicisti, della stampa, e con una grande cura nella promozione. Tutto questo ha ovviamente dei costi.
AAJ: Quali sono i festival, nazionali o internazionali, che ammiri?
ET: Non sono un frequentatore dei grandi festival. Ad esempio in Umbria non vado dal 1993. Preferisco andare per club, singoli concerti o piccoli festival un po' ruspanti, dove posso intrattenere rapporti diretti con i musicisti. I grandi eventi mi suonano sempre troppo artefatti e un po' freddi.
AAJ: Una volta iniziato il festival, riesci a goderti i concerti che hai organizzato come uno spettatore comune?
ET: Negli ultimi anni sono più rilassato e mi godo la musica. Quando la musica è veramente buona riesco a dimenticare l'organizzazione. Del resto la "macchina" è ormai rodata e funziona ottimamente. Una certa dose di apprensione però c'é sempre... E va bene così.
Foto: Danilo Codazzi.
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