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Due progetti originali di Fabbrica Europa a Firenze

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Michel Godard e Nataša Mirković, Rob Mazurek e Gabriele Mitelli
Firenze
Fabbrica Europa
Stazione Leopolda
9-10.5.2018

Tra le molte belle proposte di Fabbrica Europa, festival multidisciplinare giunto quest'anno alle venticinquesima edizione e aperto per la sezione musicale dal quartetto di Mark Guiliana, figuravano due eccezionali produzioni originali: Risplendenti, Riversi, opera di un formidabile quartetto guidato da Michel Godard e Natascha Mirkovic-DeRo , e il live dell'inedito quanto appropriato duo tra Rob Mazurek e Gabriele Mitelli.

Il primo progetto è andato in scena alla Stazione Leopolda di Firenze il 9 maggio e ha proposto una musica particolare e suggestiva, personalissima nonostante facesse riferimento a composizioni di epoche e provenienze diverse. Sono stati infatti proposti brani di Girolamo Frescobaldi e Andrea Falconieri, ma anche pezzi della tradizione balcanica, fino a composizioni originali dei membri della formazione, il tutto tenuto assieme da una certa dose di improvvisazione.

L'originalità dell'operazione scaturiva dalla particolarità della formazione, che vedeva Godard impegnato in prevalenza al serpentone, strumento che produce sempre molta emozione, e solo in poche parti al basso elettrico (era invece esclusa del tutto la tuba), affiancato dalla fisarmonica del sempre brillantissimo Luciano Biondini e da un sorprendente Jarrod Cagwin , vero maestro creativo delle percussioni. Su tutti, comunque, svettava la voce incantevole e originalissima della Mirković, a suo agio sia nei passaggi più "classici," sia nei duetti con serpentone e/o fisarmonica, sia nelle improvvisazioni vocali, che la portavano anche lontano dal piano lirico-narrativo su cui perlopiù si basavano le composizioni.

Ampio lo spazio per l'espressività di ciascun singolo, ciascuno dei quali ha mostrato di avere molte cose da offrire, la sorprendente bellezza del progetto (che ha palesemente convinto la totalità del pubblico presente) era comunque data da un lato dalla raffinatezza dei suoni, dall'altro dalla magica sospensione della musica in uno spazio senza tempo, sognante ed evocativo, privo di concessioni al pubblico e di scivolamenti nella banalità. Davvero un progetto di alto livello che speriamo venga documentato su disco.

Il giorno dopo, sempre alla Stazione Leopolda, è andato in scena l'altro e ben diverso progetto. Mitelli e Mazurek, per la prima volta assieme, hanno dato vita a uno spettacolo improvvisato e scoppiettante, utilizzando non solo la tromba -loro strumento principale -ma anche una serie di apparecchiature elettroniche, percussioni e oggetti vari, disposti su un tavolo attorno al quale i due si muovevano, intervenendo ora su uno, ora su un altro dei molti "produttori di suoni."

La performance si è scenograficamente avviata con l'arrivo dei due dal buio retrostante il palcoscenico, suonando la tromba (e la conclusione è avvenuta nello stesso modo), ma subito dopo è iniziata la loro opera di inventiva sui suoni: ora fatta di rumori, scrocchi, cigolii, soffi negli strumenti a fiato (Mitelli ne aveva a disposizione diversi, tra i quali anche un sax soprano ricurvo), ora invece diventando avvolgente grazie all'impiego, a momenti anche massiccio, dell'elettronica. Tra i tanti curiosi "strumenti" sul tavolo spiccava una cassetta di legno amplificata, che è stata percossa, strusciata, perfino caricata di oggetti in movimento, e che ne riproduceva a suo modo le sonorità, producendo situazioni di grande suggestione.

Fatalmente il concerto ha alternato momenti anche molto diversi tra loro, non tutti apprezzati allo stesso modo dal pubblico; quelli più dinamicamente intensi e narrativamente più continui hanno tuttavia prodotto grande impatto, mentre anche complessivamente la performance ha convinto, anche grazie alla sinergia delle luci —che, in un luogo particolare qual'è la Leopolda, producevano un effetto potente —e al tangibile entusiasmo dei musicisti, pienamente in sintonia tra loro e decisamente molto divertiti dall'esperienza, come hanno poi confermato a fine concerto.

Due progetti quindi molto interessanti, nella loro profonda diversità ben rappresentativi della varietà tematica e stilistica del festival e nella loro originalità testimoni di quel vivacissimo spirito di ricerca che lo alimenta da un quarto di secolo e che, ancor più nei tempi culturalmente piuttosto bui che stiamo attraversando, è importantissimo tenere vivo.

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