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Django - Vita e musica di una leggenda zingara

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Django - Vita e musica di una leggenda zingara.

di Michael Dregni

EDT - 2011

Per anni lo studio biografico per eccellenza su Django Reinhardt è stato quello di Charles Delaunay, il critico e impresario che fu a capo dell'Hot Club de France e promosse con Panassié il celebre quintetto a corde con Django e Stéphane Grappelli.

Sono poi seguiti altri studi interessanti, tra cui quelli italiani scritti da Maurizio Franco e Roberto Colombo. Ora il poderoso lavoro dell'americano Michael Dregni s'innalza sopra tutti e sembra rappresentare lo studio definitivo sul chitarrista manouche, per l'accurata ricostruzione storica (che colma alcuni vuoti con indagini di prima mano) l'ampiezza dei riferimenti trattati (ricostruendo con dovizia di particolari il clima della comunità zingara d'inizio Novecento), la scena musicale parigina (la nascita e le trasformazioni della musette, Josephine Baker, Oscar Alemán, gli anni dell'occupazione nazista eccetera) e l'analisi critica sulla musica del chitarrista e dei suoi partner.

Ma ovviamente l'oggetto principale del testo è Reinhardt, di cui Dregni tratteggia con passione la figura umana e gli incontri (musicali e non) che hanno costellato la sua vita. È noto che Django viveva alla giornata, spendendo rapidamente quello che guadagnava (al gioco, acquistando automobili sportive che guidava senza patente e regolarmente distruggeva) alternando un'esistenza da gran signore a quella di barbone.

La scrittura è avvincente, grazie all'accurata traduzione di Francesco Martinelli e all'infinita serie di testimonianze e aneddoti, che aiutano a capire la singolare figura del chitarrista.

I singoli ingaggi e la stessa stabilità del quintetto erano sempre in pericolo perché Django non rispettava gli appuntamenti e scappava di continuo tra i suoi cugini zingari a celebrare feste di famiglia, matrimoni, battesimi oppure semplicemente restava a letto quando non aveva voglia di suonare, assolutamente incurante della mancanza di denaro. Chiedeva cifre esorbitanti come simbolo del riconoscimento sociale presso il mondo dei gadjé ma in pochi giorni li sprecava tutti.

Comportamenti che possono sconcertare il lettore ma Dregni esce dalla semplice aneddotica con spiegazioni di taglio antropologico: "La vera ricchezza, dopo generazioni sulla strada, stava per i rom in una diversa moneta. I franchi della Francia o i marchi della Germania non valevano nulla se si era costretti a spostarsi da un paese all'altro; le proprietà immobili non avevano valore se un pogrom le radeva al suolo. Anche il loro capitale doveva essere mobile. Alcuni zingari accumulavano oro (...) altri riponevano il proprio orgoglio nei cavalli, beni che potevano essere scambiati ovunque".

Il volume si conclude con un capitolo sul jazz zingaro, un'ampia bibliografia e un'appendice sulla bibliografia italiana - davvero esaustiva - curata da Martinelli, che include una discografia consigliata e indicazioni filmografiche.

Se amate la musica di Django la lettura di questo volume risulterà ancor più avvincente e ogni pagina un piacere.


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