Nativo della Cornovaglia (1950) ma trasferitosi a Londra poco più che ventenne (1972), Veryan Weston, generalmente dedito al pianoforte, si rivolge in questo tutto sommato singolare album all'organo a canne, riunendovi sette improvvisazioni di durate anche molto dissimili (dai 2'48" della prima ai 24 dell'ultima) effettuate in sette chiese e sette città diverse nel marzo 2014.
Il clima che si respira in questa ora abbondante di musica è scuro, cogitabondo, abbastanza dispersivo nel suo sdipanarsi, praticamente privo di centri nevralgici o comunque segmenti in grado di rivelare una struttura di base, uno sviluppo dinamico, o anche, più semplicemente, meri (e sia pur scheletrici, magari isolati) intenti comunicativi.
Weston (cognome impegnativo, per un tastierista, ne conveniamo) sembra proprio suonare per sé e per sé soltanto, procedendo con fare dimesso, decisamente monocorde, come si dice oggi spiccatamente "autoreferenziale." Un disco di cui si apprezza il rigore e la coerenza intestina (peraltro quasi crudeli), ma in cui accade veramente troppo poco per giustificarne un ascolto ripetuto: la parte centro-finale del conclusivo "Numerous Discoveries," sostanziale quintessenza dell'intero lavoro, basterebbe e avanzerebbe.
Track Listing: Quiet Fanfare; Proceeding with Caution; Air in a G Pipe; Poco a poco; Fair with Ground; Tripartite; Numerous Discoveries.
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