Home » Articoli » Live Review » Digital Primitives
Digital Primitives
ByChi ha avuto la ventura di ascoltare Hum Crackle & Pop, ultima loro produzione, sa di quale geniale miscela blues, funky, jazz, free, pop siano capaci i Digital Primitives, ossia Assif Tsahar ance, Cooper-Moore strumenti auto-costruiti, Chad Taylor batteria.
La ghiotta possibilità di verificare dal vivo la loro proposta musicale ci è stata offerta da Gheroartè, benemerita associazione di appassionati che ospita nel'ex deposito della stazione di Corsico (periferia di Milano), esposizioni, mostre, laboratori, corsi e concerti di musicisti talentuosi spesso ignorati dai tradizionali circuiti della musica improvvisata.
La grandezza di questo trio si è rivelata appieno anche nell'approccio concettuale al concerto. Non semplice riproposizione live come promozione del CD appena uscito sul mercato, con brani inesorabilmente più lunghi, il piede schiacciato sull'acceleratore degli assoli e qualche variazione o farcitura del tema. Niente di tutto ciò, bensì qualcosa di assolutamente autonomo dal punto di vista creativo, canovacci che mutano in continuazione perché a prevalere è l'ispirazione del momento, è la necessità di spingere la musica verso qualcosa di nuovo, la curiosità di vedere i limiti di tale esplorazione.
E allora è un piacere per gli occhi e per le orecchie vedere Cooper-Moore alle prese con il mouth-bow, una sorta di violino primordiale (un archetto ad una corda, amplificato e percosso da una bacchetta) con la pressione della bocca che ne determina l'andamento cromatico. O darci dentro con un banjo fretless a tre corde slappando come un ispirato Jaco Pastorius, o soffiare dolcissime melodie in un flauto di bamboo o infine trasformarsi in improbabile cantante tra un crooner smaliziato e un predicatore invasato. Nell'esaltare questa straripante vitalità giocano un ruolo fondamentale gli altri componenti del trio. Assif Tsahar con il sax tenore riesce ad essere melodioso negli assoli più spigolosi e intricati e ricco di vibrante tensione quando contrappunta con frasi dolci e misurate, mentre al clarinetto basso riesce ad estrarre suoni di una bellezza inaudita. Chad Taylor sfrutta i pochi elementi del suo set percussivo per sciorinare una poliritmica leggerezza notevole, oltre che a fungere da decisivo elemento di raccordo per le scorribande, a volte furiose, dei suoi compagni di viaggio.
E così tra una versione free-gospel di "Motherless Child," una "Over the Rainbow" visionaria come poche e una manciata di improvvisazioni da leccarsi i baffi, l'ascoltatore non può che sentirsi protagonista di un evento dai contorni sciamanici nel quale la forza primitiva della musica trova un adeguato canale comunicativo grazie all'intelligenza, alla passione e alle capacità strumentali dei musicisti.
Foto, di repertorio, di Danilo Codazzi
< Previous
The 6th Penang Island Jazz Festival: ...
Next >
First Day