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Steve Lacy: Cycles
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Cycles è il risultato della meritoria azione filologica di Martin Davidson, che, recuperando quindici inediti, ricostruisce tre "cicli" di composizioni soliste di Steve Lacy della seconda metà degli anni Settanta.
Il primo, composto da otto temi è "Shots," già registrato in LP per la Musica Records nel 1977 a Parigi, in duo con il percussionista giapponese Masa Kwate. La fonte principale della ricostruzione che apre questo doppio CD è un concerto al Teatro Alberico di Roma, pochi giorni dopo la registrazione parigina, ma "The Wire" viene dalla prima esibizione, sempre a Parigi, dell'anno precedente e "Tots" viene dal concerto a Colonia due giorni dopo quello romano.
Ispirato dalle figure genitoriali e da artisti come Claude Debussy, Charles Ives, Joan Mirò, Edgar Varése e Maurice Ravel, il ciclo è un intensissimo viaggio condotto su linee acidule e dal taglio melodico inconfondibile. Come sempre accade con Lacy, ogni frammento possiede una fortissima autonomia poetica, ma l'unità architettonica della "suite" fornisce all'ascoltatore continui nuovi spunti di articolazione della complessità narrativa del sassofonista.
Le altre registrazioni presenti su questo disco provengono dalla Svizzera, dalla Ancienne église des Jésuites di Porrentruy. Siamo nel dicembre del 1980 e nel pomeriggio Lacy cattura, senza pubblico, quattro composizioni e il breve ciclo "Sands," ispirato a alcune poesie di Samuel Beckett. La sera, con il pubblico, il sassofonista riprende "Sands" e il ciclo "Hedges," con il danzatore e coreografo belga Pierre Droulers.
Pubblicate nel 1982 dalla HatHut e mai ristampate, le cinque parti di quest'ultima "suite" vengono qui riproposte insieme al "Sands" pomeridiano e ai quattro altri brani, due dei quali -"Thoughts" e "Swoops" -non saranno più ripresi da Lacy negli anni successivi.
"Sands" invece troverà una nuova versione discografica nel 1998, per la zorniana Tzadik.
Anche in questo caso si tratta di momenti di intensa bellezza: l'essenzialità del gesto sonoro del sax soprano di Lacy spinge a un rapporto con il suono che potremmo definire di geometria emozionale, capace di disegnare i tempi e gli spazi con una linea al tempo stesso bruciante e meditativa.
Inutile dire che si tratta di un disco imperdibile per chi ama Steve Lacy, ma anche per chi voglia accostarsi a un periodo della sua carriera solista straordinariamente intenso. Nel decennio successivo la musica di Thelonious Monk entrerà in modo preponderante nella sua esplorazione, fornendo alle intuizioni di Lacy un'ulteriore, immortale, profondità.
Il primo, composto da otto temi è "Shots," già registrato in LP per la Musica Records nel 1977 a Parigi, in duo con il percussionista giapponese Masa Kwate. La fonte principale della ricostruzione che apre questo doppio CD è un concerto al Teatro Alberico di Roma, pochi giorni dopo la registrazione parigina, ma "The Wire" viene dalla prima esibizione, sempre a Parigi, dell'anno precedente e "Tots" viene dal concerto a Colonia due giorni dopo quello romano.
Ispirato dalle figure genitoriali e da artisti come Claude Debussy, Charles Ives, Joan Mirò, Edgar Varése e Maurice Ravel, il ciclo è un intensissimo viaggio condotto su linee acidule e dal taglio melodico inconfondibile. Come sempre accade con Lacy, ogni frammento possiede una fortissima autonomia poetica, ma l'unità architettonica della "suite" fornisce all'ascoltatore continui nuovi spunti di articolazione della complessità narrativa del sassofonista.
Le altre registrazioni presenti su questo disco provengono dalla Svizzera, dalla Ancienne église des Jésuites di Porrentruy. Siamo nel dicembre del 1980 e nel pomeriggio Lacy cattura, senza pubblico, quattro composizioni e il breve ciclo "Sands," ispirato a alcune poesie di Samuel Beckett. La sera, con il pubblico, il sassofonista riprende "Sands" e il ciclo "Hedges," con il danzatore e coreografo belga Pierre Droulers.
Pubblicate nel 1982 dalla HatHut e mai ristampate, le cinque parti di quest'ultima "suite" vengono qui riproposte insieme al "Sands" pomeridiano e ai quattro altri brani, due dei quali -"Thoughts" e "Swoops" -non saranno più ripresi da Lacy negli anni successivi.
"Sands" invece troverà una nuova versione discografica nel 1998, per la zorniana Tzadik.
Anche in questo caso si tratta di momenti di intensa bellezza: l'essenzialità del gesto sonoro del sax soprano di Lacy spinge a un rapporto con il suono che potremmo definire di geometria emozionale, capace di disegnare i tempi e gli spazi con una linea al tempo stesso bruciante e meditativa.
Inutile dire che si tratta di un disco imperdibile per chi ama Steve Lacy, ma anche per chi voglia accostarsi a un periodo della sua carriera solista straordinariamente intenso. Nel decennio successivo la musica di Thelonious Monk entrerà in modo preponderante nella sua esplorazione, fornendo alle intuizioni di Lacy un'ulteriore, immortale, profondità.
Track Listing
SHOTS: Moms; Pops; The Kiss; Tots; The Ladder; Fruits; Coots; The Wire; Follies; Thought; Wickets; Swoops; SANDS: Stand; Jump; Fall; HEDGES: Hedges; Squirrel; Fox; Rabbit; Shambles.
Personnel
Steve Lacy
saxophone, sopranoSteve Lacy: soprano saxophone solos; Pierre Droulers: dance (16-20).
Album information
Title: Cycles | Year Released: 2015 | Record Label: Emanem