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Coltrane-Younger-Douglas Trio al Cremona Jazz
For Turiya Trio
Auditorium Giovanni Arvedi
Cremona
16.04.2016
Un contrabbasso che parte sottovoce per aumentare gradualmente di intensità, gocce di rugiada che arrivano da delicate escursioni sulle corde dell'arpa ed il sax tenore che entra in sordina per poi abbandonarsi ad un viaggio che profuma di misticismo e di spiritualità, dove la pulsazione dell'anima sostituisce quella della batteria assente. Inizia così, con intensità e profonde emozioni, l'edizione 2016 di Cremona Jazz, rassegna ospitata in quel gioiello stilistico e acustico che è l'Auditorium Giovanni Arvedi, 464 posti a sedere tra legni pregiati e forme sinuose che garantiscono un ascolto perfetto a trecentosessanta gradi.
Ad esibirsi il For Turiya Trio -Ravi Coltrane ai sassofoni, Brandee Younger all'arpa, Dezron Douglas al contrabbasso -formazione pensata per onorare la memoria di Alice Coltrane, Turiya appunto, termine che nella filosofia induista indica uno stato di coscienza pura. Inizio assai promettente, si diceva, che faceva presagire un concerto dalla forte valenza simbolica e affettiva, oltre che stimolante dal punto di vista compositivo e sonoro vista la strumentazione così insolita del trio.
L'andamento ha invece palesato qualche discontinuità di troppo, un percorso ondivago senza un punto focale che desse organicità al materiale proposto, una varietà di atmosfere che sembrava rivolta più al pubblico che dettata da una profonda urgenza espressiva. Così i momenti più interessanti sono parsi quelli in cui ha preso il sopravvento l'anima più strettamente jazzistica del trio.
Si sono potuti apprezzare un bel duetto tra il sopranino di Coltrane e il contrabbasso di Douglas, una rivisitazione minimalista ma efficace di "Human Nature" ed il bis nel quale lo spirito del Coltrane padre ha soffiato tangibile su di una performance ricca di pathos e di guizzi improvvisativi finalmente incisivi. Meno indovinate alcune scorribande in una sorta di world music ammiccante o in forme ballad un po' farraginose nelle quali l'attenzione al suono e alle dinamiche interne veniva declinata senza un minimo di azzardo. In definitiva, un trio che deve mettere a punto diversi meccanismi espressivi e compositivi ma che grazie alla caratura degli interpreti è stato particolarmente apprezzato dal numeroso e caloroso pubblico presente.
Foto
Danilo Codazzi
Auditorium Giovanni Arvedi
Cremona
16.04.2016
Un contrabbasso che parte sottovoce per aumentare gradualmente di intensità, gocce di rugiada che arrivano da delicate escursioni sulle corde dell'arpa ed il sax tenore che entra in sordina per poi abbandonarsi ad un viaggio che profuma di misticismo e di spiritualità, dove la pulsazione dell'anima sostituisce quella della batteria assente. Inizia così, con intensità e profonde emozioni, l'edizione 2016 di Cremona Jazz, rassegna ospitata in quel gioiello stilistico e acustico che è l'Auditorium Giovanni Arvedi, 464 posti a sedere tra legni pregiati e forme sinuose che garantiscono un ascolto perfetto a trecentosessanta gradi.
Ad esibirsi il For Turiya Trio -Ravi Coltrane ai sassofoni, Brandee Younger all'arpa, Dezron Douglas al contrabbasso -formazione pensata per onorare la memoria di Alice Coltrane, Turiya appunto, termine che nella filosofia induista indica uno stato di coscienza pura. Inizio assai promettente, si diceva, che faceva presagire un concerto dalla forte valenza simbolica e affettiva, oltre che stimolante dal punto di vista compositivo e sonoro vista la strumentazione così insolita del trio.
L'andamento ha invece palesato qualche discontinuità di troppo, un percorso ondivago senza un punto focale che desse organicità al materiale proposto, una varietà di atmosfere che sembrava rivolta più al pubblico che dettata da una profonda urgenza espressiva. Così i momenti più interessanti sono parsi quelli in cui ha preso il sopravvento l'anima più strettamente jazzistica del trio.
Si sono potuti apprezzare un bel duetto tra il sopranino di Coltrane e il contrabbasso di Douglas, una rivisitazione minimalista ma efficace di "Human Nature" ed il bis nel quale lo spirito del Coltrane padre ha soffiato tangibile su di una performance ricca di pathos e di guizzi improvvisativi finalmente incisivi. Meno indovinate alcune scorribande in una sorta di world music ammiccante o in forme ballad un po' farraginose nelle quali l'attenzione al suono e alle dinamiche interne veniva declinata senza un minimo di azzardo. In definitiva, un trio che deve mettere a punto diversi meccanismi espressivi e compositivi ma che grazie alla caratura degli interpreti è stato particolarmente apprezzato dal numeroso e caloroso pubblico presente.
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Danilo Codazzi
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About Ravi Coltrane
Instrument: Saxophone, tenor
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