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Claudio Cojaniz alla Sala del Rosso di Firenze

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Claudio Cojaniz
Sala del Rosso
Firenze
19.02.2016

A distanza di tre anni e mezzo dalla sua ultima apparizione sui palchi fiorentini, il pianista Claudio Cojaniz torna nella città toscana dove vanta un buon numero di appassionati estimatori. Lo fa in solitudine, a pochi giorni dal suo concerto in trio per i Concerti del Quirinale, trasmessi dalla RAI, presentando un programma di musiche che potremmo definire di "Africa immaginaria": una serie di composizioni perlopiù originali, ispirate da ritmi, atmosfere, colori, personalità e compositori africani. Un lavoro che il pianista friulano porta avanti da diversi anni, che aveva trovato una prima sintesi nell'album Blue Africa, in duo con il contrabbassista Franco Feruglio e che ne ha in parte "ammorbidito" le asprezze monkiane di una decina d'anni orsono, riconciliandolo con un lirismo che non è mai stato fuori dalle sue corde, senza con ciò fargli dimenticare gli stilemi percussivi, il gioco con le reiterazioni e con le pause, più in generale il blues.

La serata fiorentina ha visto Cojaniz inanellare in due set una dozzina di brani, nei quali si sentivano ora eco della grande musica sudafricana, da Abdullah Ibrahim a Chris McGregor, ora ritmi dell'Africa centrale, ora lirismi di tutt'altra provenienza che si sposavano a meraviglia con i profumi della "Madre Africa," alla quale il concerto era esplicitamente dedicato. Il tutto con gli stilemi diventati la cifra del pianista, assimilati dalla pratica di quello stride a cui ha dedicato il suo ultimo album e anche quello prossimo all'uscita, alla profonda conoscenza di Thelonious Monk e del compianto Paul Bley, alla costante frequentazione del blues. Con alcune sorprese, quali deliziosi brani della tradizione slava -altro ambito musicale che il pianista conosce a fondo -e la conclusiva, lirica e affascinate "Freedom and Flowers," inno alla pace dedicato a tutti i bambini del mondo, che Cojaniz ha interpretato negli anni in forme e formazioni assai diverse, dal duo fino ai venti elementi dei Diavoli Rossi.

Grande poesia, che ha affascinato e catturato il pubblico presente (una volta tanto abbastanza numeroso, quale si merita la splendida sala), accompagnata però da un altrettanto grande impegno affinché la musica non sia mai "intrattenimento," ma abbia costantemente un significato di cultura sociale e politica, possa cioè dare il suo consistente contributo per cambiare il mondo.

Foto
Michele Giotto.

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