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“Chrysalis” di (e con) Lanfranco Malaguti

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Terzo capitolo (per ora) della nuova saga che accompagna la più recente produzione di Lanfranco Malaguti, uno che non ama arrestarsi al già acquisito. I due precedenti lavori, con identico organico, realizzati anch'essi per la Splasc(h), di cui il chitarrista è un fedelissimo, erano - per la cronaca - Panorami (2011), in cui già colpivano tracciati insolitamente corporei, per Malaguti, al culmine di un processo di approfondimento delle strutture improvvisative che aveva qualcosa a che fare - per ammissione del diretto interessato - con la teoria armolodica di ornettiana memoria, e Galaxies (2012), che riconfermava questo tratto per così dire espressionistico del nuovo corso malagutiano.

Di tale work in progress, l'odierno Chrysalis, inciso in febbraio e sul mercato da maggio, fissa un ulteriore tassello, che, pur alla luce di quanto detto, non manca a sua volta di stupire. Stupisce anzitutto - al di là della musica, su cui ovviamente torneremo - la lunga sequela di strumenti accreditati a Malaguti: chitarra/viola, chitarra/contrabbasso, chitarra/polyphonic octave generator e chitarra/valve overdrive. "In realtà - precisa il musicista - lo strumento è uno solo, la mia solita Gibson L4, da cui però traggo sonorità assolutamente nuove, inedite, grazie all'uso dell'octave generator, che permette di spostare le note di un'ottava sopra o sotto a seconda delle esigenze. Il suono che ne esce è simile al flauto. Tuttavia, studiando la formazione dei suoni ottenuti mescolando i timbri-base, ho scoperto che distorcendolo si ottiene il timbro degli strumenti ad arco: violino, viola, violoncello, contrabbasso, a seconda dell'ottava usata sulla chitarra o, dove questa non arriva, dell'ottava impostata appunto sull'octave generator. Il valve overdrive è invece il distorsore che impiego, tutt'altra cosa rispetto a quelli che usano i giovani rockettari. Si tratta di un aggeggio valvolare che simula le distorsioni naturali da amplificatore tipo anni Sessanta/Settanta. L'ultimo anello della catena è un particolare plettro allungato che, su corde zigrinate, consente di simulare l'effetto-archetto, mentre invece, se utilizzo solo chitarra e octave generator, senza valve overdrive, ottengo il suono del basso elettrico, che può diventare più simile al contrabbasso pizzicato lavorando sulla messa a punto dei toni sull'amplificatore".

"Tutto ciò risponde al desiderio di esprimermi con strumenti diversi dalla chitarra canonica - prosegue Malaguti - il cui suono mi condiziona, mi ingessa, impedendomi di ampliare i miei orizzonti in termini compositivi e improvvisativi, di dare libero sfogo a tutte le idee che mi frullano per la testa. Ovviamente ciò non accadrebbe se io potessi muovermi nella dimensione del compositore puro, che si rivolge ai vari strumentisti per estrinsecare le proprie idee, il che non mi è consentito per la mia scarsa conoscenza delle tecniche compositive e per la mia lentezza a scrivere partiture per grossi organici. In ogni caso, attualmente, la questione non mi tocca più di tanto, anche perché, parlando molto chiaramente, più che a tavolino mi sento un compositore in tempo reale, oggi con una voglia maggiore di esprimere qualche sonorità in più rispetto al passato".

Veniamo dunque a parlare del disco. L'iniziale "The Flight of the Dragonflies" sfoggia da subito timbriche e dinamiche decisamente più piene, grasse, quasi rockeggianti, del solito. Decisivo è il ruolo giocato dalla batteria. Dinamiche più nervose, spezzate, spigolose, caratterizzano il successivo "Plots," che poi si sviluppa attraverso quello che potremmo definire un camerismo/contrappuntismo (elemento d'altronde tipico di Malaguti) di marca free. Come si pone il diretto interessato di fronte a una definizione del genere? "La trovo quanto mai pertinente. La componente cameristico-contrappuntistica ha sempre segnato non poco la mia musica, fermo restando il rispetto di taluni canoni armonici legati alla tradizione jazz. A un certo punto, però, ho avvertito la necessità di svincolarmi da certe regole circa la costruzione degli accordi e relativi assemblaggi, anche per crearmi una nuova dimensione solistica. Tutto ciò dovrebbe influire anche sulla costruzione dei temi, rispetto al passato. Naturalmente le stesse sequenze armoniche risentono di un alto coefficiente di libertà e apparente casualità, ma qui occorrerebbe aprire un lungo capitolo sul rapporto tra leggi frattaliche e teorie sul caos".

Un'estrema vitalità anima anche il terzo brano del disco, "Quick Repartee," una ricchissima, fitta selva di suoni entro cui un ruolo assolutamente centrale spetta al flauto di Massimo De Mattia. "Chrysalis - precisa Malaguti - rappresenta un po' la quadratura del cerchio di un processo iniziato addirittura con Visionary, inciso a fine 2009 con un diverso quartetto, ma già con Luca Colussi alla batteria (e percussioni). Successivamente ho pensato di ampliare ed estendere le sonorità attraverso una minisezione-fiati composta da flauto e sax, rinunciando nel contempo al contrabbasso, in modo da liberare maggiormente particolari sequenze armoniche elaborate alla chitarra. E qui, in termini squisitamente estetici, ho avuto la fortuna di trovare dei partner ideali per realizzare tutto ciò. Per Massimo De Mattia, in particolare, nutro grande stima e affetto. Posso dire di conoscerlo da una vita. In passato abbiamo collaborato più di una volta, quando lui però batteva già strade più sperimentali, contemporanee, e io invece più canoniche, legate alla tradizione bop. L'evoluzione che la mia musica ha subito negli ultimi anni mi ha condotto quindi su terreni in cui Massimo già si muoveva, per cui ne è scaturita una collaborazione quanto mai proficua. La poetica che Massimo esprime attraverso la sua vasta gamma di flauti ha dato un apporto fondamentale ai miei ultimi lavori, il che vale anche per Nicola Fazzini e Luca Colussi".

C'è appunto il sax alto di Fazzini, ma non il flauto, in "Polyrhythm," a sua volta denso, vitale, come pure "Exchanges," in cui Malaguti letteralmente si moltiplica, espandendo ancor più quella selva di tramature parallele e contrapposte di cui dicevamo. "Ho fatto largo ricorso al jam man - ci confida - strumento in grado di costruire dei loop, delle basi preregistrate e memorizzate che metto in funzione al momento opportuno. È un effetto che già avevo impiegato molti anni fa nel solitario Aforismi (1997). Con il jam man posso fra l'altro ricreare l'effetto polistrumentale presente nel disco anche in concerto".

La seconda parte di Chrysalis suggerisce, un po' a sorpresa, l'impressione di una sia pur lieve deviazione rispetto ai brani precedenti: a partire da "Reggaemania" (titolo per più versi emblematico) e "Dialogue," suo naturale seguito, la chitarra sembra infatti come indulgere su sonorità più tornite, quasi "plastificate," facendo per così dire un passo indietro in fatto di inventiva e forza identitaria. La cosa - come si diceva - un po' sorprende, come a frapporsi su un percorso che pareva ormai delineato. Quanto ci rivela al proposito Malaguti spiega l'arcano: "In effetti, una volta deciso questo progetto, la mia intenzione era quella di svolgerlo attraverso una sorta di gradualità che, partendo da situazioni per così dire più ancorate a terra, progredisse verso una dimensione più ardita, in linea con la mia concezione attuale. È come se volessi esprimere le nuove sonorità, soprattutto quelle gravi, introducendole attraverso contenuti un po' più fruibili, per arrivare infine alle soluzioni più audaci. Così ho fatto. Solo che poi, in sede di mixaggio, ho deciso di ribaltare il processo, inserendo all'inizio ciò in cui più mi identifico attualmente, in una sorta di viaggio a ritroso che in qualche modo vuole dire "ecco: ciò che esprimo all'inizio è la conseguenza di ciò che sentirete più avanti". Non escludo che tale scelta sia stata dettata da una specie di urgenza di presentare subito i risultati più estremi".

Dopo "Elephant Dance" e "Syncopated," per cui valgono in buona sostanza le considerazioni appena fatte (ma in "Syncopated" va quanto meno segnalato un notevole assolo di flauto), Chrysalis si chiude con "Arabesque," che strada facendo, sotto i colpi dell'alto di Fazzini ma non solo, assume neanche troppo vaghe inflessioni à la Tim Berne, a suggello di un album nel suo complesso assolutamente ammirevole.

Volendo chiudere ancora con qualche riflessione dell'artefice primo del disco, riportiamo anzitutto un'annotazione di Malaguti circa la scelta del titolo: "Può sembrare strano aver intitolato Chrysalis, che a norma indica uno stadio intermedio, di passaggio, un lavoro che definivo poco fa come l'ideale quadratura di un cerchio, la chiusura di un ciclo. Il motivo è semplice, ed è di natura più che altro scaramantica, nel senso che mi auguro che questo album funga da transito, da tramite, verso nuove idee e nuovi progetti".

Ma c'era di mezzo qualche ascolto particolare, qualche suggestione, che aveva in mente il chitarrista mentre la cosa nasceva e si sviluppava, gli abbiamo chiesto? "Non specificatamente. Almeno non a livello conscio. Se poi, nell'inconscio, posso esser condizionato da qualcosa che ascolto (di preferenza tendo a privilegiare ciò che mi rilassa, compresa molta musica cosiddetta leggera) come faccio a dirlo? In termini di ascolto attivo, tendo a esplorare paesaggi un po' reali e un po' immaginari, con l'intento di tornare indietro e ripercorrere strade magari già percorse. In quest'ottica, se proprio devo riferirmi a qualcosa del passato che mi suggestiona come ricordo, devo risalire a un album in cui Frank Zappa collaborava con Jean-Luc Ponty, King Kong, anche se non penso che esista un diretto legame causa/effetto col fatto che, per esempio, in Chrysalis io abbia elaborato, con i miei marchingegni, un suono simile al violino, che fra l'altro credo richiami solo in minima parte quello di Ponty, anche per un fatto di tecnica e ambito espressivo. Forse attualmente, quindi, non mi suggestiona tanto il contenuto di King Kong, quanto il fatto di echeggiare timbricamente, attraverso il mio ultimo progetto, una musica che ha fatto la storia".

Elenco dei brani:

01. The Flight of the Dragonflies; 02. Plots; 03. Quick Repartee; 04. Polyrhythm; 05. Exchanges; 06. Reggaemania; 07. Dialogue; 08. Elephant Dance; 09. Syncopated; 10. Arabesque.

Musicisti:

Massimo De Mattia (flauti); Nicola Fazzini (sax contralto); Lanfranco Malaguti (chitarre); Luca Colussi (batteria, percussioni).

Foto di Nada Žgank (De Mattia) e Studio Capri (Malaguti).

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