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Chick Corea al Parco della Musica, Roma
Parco della Musica
Roma
10.05.2014
In occasione della recentissima pubblicazione del suo nuovo CD di solo piano, Portraits, il pianista Chick Corea ha intrapreso un tour mondiale che lo ha portato anche dalle nostre parti. Il suo concerto solistico è strutturato analogamente al CD, registrato dal vivo, con una prima parte che è una storia del piano jazz attraverso l'interpretazione di composizioni di alcuni tra i più importanti esponenti dello strumento, non soltanto in ambito jazzistico, ciascuna preceduta da una breve introduzione parlata.
Così, dopo l'inizio con uno degli standard più eseguiti, "How Deep Is the Ocean," e i successivi doverosi omaggi a Antonio Carlos Jobim ("Desafinado"), Duke Ellington ("Sophisticated Lady"), Bill Evans ("Turn Out the Stars" e "Waltz for Debby") c'è spazio anche per un medley che azzarda una combinazione di "Pastime Paradise" di Stevie Wonder con una Mazurka in La minore di Chopin, per poi terminare la prima parte del concerto con una propria composizione, "Mozart Goes Dancing."
La seconda parte si apre con Thelonious Monk ("Blue Monk"), seguito da un'altra composizione di Corea, "Yellow Nimbus," che era stata incisa dal pianista insieme a Paco de Lucia, e che diventa così un toccante ricordo del chitarrista recentemente scomparso. A questo punto, Corea porge ai pianisti presenti tra il pubblico l'invito a raggiungerlo sul palco per un duetto improvvisato a quattro mani; due volonterosi non si lasciano sfuggire l'occasione di dividere il palco con uno dei massimi pianisti in attività, e a turno si fanno trascinare nella jam session. Corea imposta il ritmo sulla parte bassa della tastiera e dà l'imbeccata all'occasionale partner, che risponde fino a sviluppare un dialogo estemporaneo con risultati tutto sommato brillanti in almeno uno dei due casi. Si prosegue poi con una selezione delle "Children's Songs," raccolta di composizioni-studio tra le più riuscite di Corea, che concludono il programma. Richiamato sul palco per un bis, il pianista coinvolge nuovamente il pubblico, questa volta dirigendolo in una sorta di coro misto ad accompagnare una sua improvvisazione di sapore latino.
Al di là di qualche gigioneria di troppo (aspetto che fa comunque da sempre parte integrante del personaggio), Corea ha dimostrato ulteriormente la sua capacità di padroneggiare il linguaggio pianistico attraverso una conoscenza universale dello strumento che pochi possono vantare, messa al servizio non più della sperimentazione (che comunque Corea ha svolto, con esiti importanti, almeno nel primo decennio della sua carriera professionale arrivata ormai al mezzo secolo), ma di un intrattenimento intelligente e di alto livello da parte di un musicista entrato di diritto nella storia del jazz.
Foto (per gentile concessione di)
Chick Corea
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