E' inevitabile ricordare Albert Ayler ascoltando questo disco. Il sax dolorante, l'astrattismo imperante, il ricorso agli strumenti ad arco, il parossismo della cantabilità tematica accostata all'esplosione free non lasciano dubbi. E infatti Tyler fu per anni, e anche in molti celebri dischi, parte integrante della cerchia dello sfortunato Albert. Un gigante che a quanto pare ne ha segnato anche la storia da solista. Per convincersene basta prestare l'orecchio (non ci vuole molto) alle analogia del brano "Three Spirits" con molti temi ayleriani.Tutto sommato questa ristampa ci offre l'occasione di riscoprire un musicista oggi quasi completamente dimenticato (morì a cinquant'anni nel giugno del '92), che in questo suo esordio del 1966 sembra applicare ai dettami di Ayler anche alcune idee personali, nell'utilizzo per esempio delle tastiere che sembrano conferire un'area magica e celestiale ai momenti più alti dell'improvvisazione totale sviluppata a partire dai temi.Alla circolarità fanno da contrappunto linee orizzontali in cui si ritrovano polifonie all'insegna della libertà e momenti solistici in cui svetta il sax di Tyler e il violoncello. E proprio le spirali create dal sax con il violoncello e contrabbasso sin dal primo brano si avviluppano lungo una verticale di una notevole potenza visionaria.
Track Listing
Strange Uhuru; Lacy's Out East; Three Spirits; Black Mysticism.
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