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Body Parts

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Area Sismica - Forlì - 25.11.2006

Sotto la denominazione (un po’ “splatter”?) di Body Parts si celano il chitarrista Nick Didkovsky e il batterista Guigou Chenevier, due vere e proprie icone dell’avant-rock: il primo con una lunga militanza nella scena downtown newyorkese, il secondo fra i fondatori del movimento musical-politico europeo di Rock in Opposition negli anni ’70 e fra i padri indiscussi di questo multiforme genere musicale.

A oltre cinque anni dal loro - finora unico - CD e dal primo tour, sono tornati a suonare insieme per una serie di date europee. Se nella loro prima incarnazione proponevano un mix di composizioni rock evolute e di libera improvvisazione, negli ultimi concerti a quest’ultima è stato lasciato tutto lo spazio (forse per mancanza di nuovo materiale?). La presenza di composizioni non si è comunque fatta rimpiangere, visto che l’esuberanza creativa dei due è ben in grado di mantenere alto - con poche cadute di tensione - il livello inventivo del flusso sonoro e l’interesse di chi ascolta.

Tanto per dare subito un segnale chiaro della direzione in cui la serata si apprestava ad andare, Didkovsky ha iniziato il set con la chitarra appoggiata sul tavolo: Tabletop guitar, e inevitabilmente dal cervello escono subito le ovvie associazioni di idee: Keith Rowe, Mike Cooper... insomma, ricerca del suono più che della musica, se per “musica” s’intende qualcosa che implichi delle note. E infatti le prime note spunteranno fuori solo dopo 40 minuti abbondanti. Dunque, largo spazio alla matericità, al primato della timbrica come vera essenza - quasi trama scheletrica - del suono. Rintocchi metallici, ora secchi e scarni, ora più soffusi, cupi e soffici; a loro modo, delicati.

Ma nel frattempo, il vero protagonista è Chenevier, che sopra questo tappeto sonoro tutto sommato statico dà sfogo alla sua verve pirotecnica: incedere solenne di tom e timpani che fanno pensare a un ensemble di percussioni classiche; lamiere metalliche percosse a evocare scenari “industriali”; ritmi tribali; figure articolate e in perenne trasformazione; frenesia e continuo divenire ritmico e timbrico. Chenevier non permette alle sue idee di fossilizzarsi ed esaurirsi e cerca continuamente in oggetti diversi la fonte di sonorità sempre cangianti: percuote campanelli, lamiere e pentole, ci fa frullare dentro trottole per bambini; manipola campionamenti, tenta di superare le limitazioni logistiche incollando nastro adesivo sui tasti del synth perché continui a suonare mentre lui percuote qualcos’altro. La sua è una vera fantasia ipertrofica.

Quando la chitarra inizia ad emettere note, quelli che ricama sono arpeggi e fraseggi lievi e rapidi, con un aroma vagamente esotico, dato anche dai rapidi bending delle corde. Nella mente si visualizza un immaginario marchio di fabbrica: “Fred Frith”.

Ed in effetti, lungi dall’essere una semplice rilettura di un modello acquisito, la formula chitarra-batteria dei Body Parts ha, soprattutto nei suoi aspetti d’improvvisazione elettro-acustica e oltranzista (oltre che nei fraseggi e nelle atmosfere prima ricordate, un chiaro precedente e nume tutelare nel longevo duo di Fred Frith e Chris Cutler (già del resto collaboratori e amici personali dei nostri).

Il concerto si chiude con una virata su sonorità e stilemi più chiaramente rock, soprattutto per mano di Didkovsky, che non manca mai di dispensare un po’ dei suoi fraseggi e "riffettoni" di ascendenza hard/heavy. Il tutto, però, mantenendo sempre una coloritura “tribale”, data soprattutto dal ritmo ipnotico della batteria e da qualche liberatoria improvvisazione vocale (tipo “grida di battaglia”...).

Nei bis i due ripropongono l’unico pezzo preesistente della serata: la “Pet Song” che apriva il loro CD: una rock song fulminante dal ritornello obliquo ed elementare insieme, costruito su una semplice progressione di accordi ascendenti, e con un ritmo nervoso e martellante, col rullante in battere come da tradizione garage-rock o punk.

Un concerto che Forse non ha cambiato la vita (né la loro né la nostra), ma che sicuramente ha regalato una forte dose di creatività e inventiva musicale, concretizzate attraverso una piena padronanza dei propri mezzi espressivi.

Foto di Claudio Casanova [altre foto tratte da questo concerto sono disponibili nella galleria immagini]


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