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Avvistamenti coltraniani
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Se ci fosse bisogno di soppesare una volta di più quanto la memoria, le stimmate di John Coltrane siano ancora terribilmente di attualità ad ormai quasi mezzo secolo dalla sua comparsa, basterebbe mettere nel lettore questi cinque CD, incisi nel biennio che va dal giugno 2012 al giugno 2014 e messi sul mercato a seguire.
Paul Dunmall, Tony Bianco
Homage to John Coltrane
Slam Productions
2015
Valutazione: * * *
Una sorta di fil rouge dell'assunto, al di là di ogni altra considerazione (che ovviamente faremo), è costituito dalla presenza, a intermittenza, del sessantaduenne sassofonista del Kent Paul Dunmall che, per iniziare, in duo con Tony Bianco, ha appena pubblicato quello che è almeno il terzo CD esplicitamente dedicato a Coltrane nel giro di un paio d'anni (e al quale, anche considerando che nello specifico siamo di fronte a un album doppio, studio & live, in tutta coscienza ci sentiremmo di consigliargli di non dare ulteriore seguito).
Vi trovano posto tredici brani, spesso molto noti ma per lo più poco riconoscibili, per un'ora e un quarto di improvvisazione a briglia sciolta, con esiticome sempre in questi casisvarianti dal sublime (rari, in verità) al decisamente pleonastico. L'idea è quella del flusso continuo, senza freni né inibizioni di sorta, ma a quel punto bisogna possedere una capacità di sintesi, un senso della forma tutto interno, che qui latitano abbastanza tangibilmente. Il che non esclude che diversi episodi contengano sequenze di assoluto valore.
Ivo Perelman, Whit Dickey
Tenorhood
Leo Records
2015
Valutazione: * * *
Sempre duettando con una batteria, nelle mani di Whit Dickey, un altro tenorista (ma Dunmall suona anche flauto e saxello) che non brilla certo per sintesi, prestando anzi il fianco, con una produzione ipertrofica, a più di una critica, omaggia Coltrane e nel contempo diversi suoi colleghi di strumento (Mobley, Webster, Ayler, suo primo e principale amore, e Rollins, più un brano in qualche modo ricapitolativo intitolato "Tenorhood" come il CD), attingendo quanto meno per la durata (47 minuti) a una sintesi che non gli è poi così familiare.
Ci riferiamo a Ivo Perelman, che nel disco in oggetto di fatto tratta un po' tutti alla stessa stregua (né c'era da aspettarsi niente di diverso), con la visceralità che gli è propria, per il semplice fatto che, una volta di più, il vero omaggiato è lui, il cinquantaquattrenne tenorsassofonista di San Paolo. Naturalmente anche qui i momenti felici, a lasciar da parte le coordinate concettuali di partenza (non così in Homage to John Coltrane, di un rigore stringente), non mancano: fra questi proprio il (sedicente) tributo coltraniano.
Evan Parker, Paul Dunmall, Tony Bianco
Extremes
Red Toucan
2014
Valutazione: * * *
Aggiungendo un tassello (leggi un secondo tenore, e che tenore: Evan Parker) al duo Dunmall/Bianco, eccoci di fronte a Extremes, che titolo più centrato non potrebbe avere. Vi trova infatti posto un aggrumarsi denso, vorticoso, non di rado belluino, di bordate d'ancia, un sovrapporsi di flutti entro cui la batteria si muove con ammirevole equidistanza, risultando di fatto il vero (e del resto quasi fisiologico) ago della bilancia.
Tre soli i brani, due dei quali chilometrici, fatti di veemenza e ripiegamenti (rari: per esempio proprio il brano più breveper distaccodel trittico, "All Ways"), in un continuum sonoro che alterna più o meno ampie sequenze solistiche (un unico tenore per volta a dialogare con la batteria) ad aggrovigliate, grumose scorribande a ranghi compatti. L'abbinamento strumentale, sempre in rapporto all'assunto di partenza, rievoca ovviamente il Coltrane di Interstellar Space (al limite di "Vigil") più di qualunque altro (qui anche certi magmi intessuti con Pharoah Sanders, per ovvi motivi).
Charles Evans
On Beauty
More Is More
2014
Valutazione: * * * *
Di chiaro referente coltraniano è anchepur lungo altre coordinate, più onnicomprensiveDave Liebman, che, al soprano, è ospite del giovane baritonista newyorchese Charles Evans, un nome da tenere a mente, nell'ottimo On Beauty. Qui, globalmente, l'impronta coltraniana appare da subito molto più labile. Colpisce eventualmente, come ideale continuità rispetto a quanto incontrato finora, il ripetersi di un dialogo fra due sax, il crescere dell'organico di un'ulteriore unità (qui è all'opera un quartetto), l'assenza dello strumento "altro" fin qui onnipresente, in favore degli altri due che completano la classica sezione ritmica del jazz, piano e contrabbasso.
L'assenza dell'elemento percussivo sposta ovviamente la temperatura della musica in un ambito più prezioso, a tratti vagamente cameristico, benché la presenza di suono, anche una certa densità, sopravvivano. C'è, soprattutto, un chiaro intento (leggi scheletro) compositivo-strutturale, il cui merito va ovviamente a Evans, responsabile dell'incisione e di tutti i temi che vi trovano posto. Un ragazzo da tener d'occhio, come si diceva.
Edward Ricart Quartet + Paul Dunmall
(Chamaeleon)
New Atlantis Records
2014
Valutazione: * * * ½
Meritevole di attenzione è anche il chitarrista panamense Edward Ricart, classe 1984, il quale dirige in (Chamaeleon) un quintetto che si fregia della presenza di Paul Dunmall, di fatto unico elemento (in senso lato) attinente al tema che informa queste nostre righe. Non ci sono altre sopravvivenze coltraniane, in effetti, se non un indulgere verso una (dichiarata) improvvisazione collettiva orgiastica, dionisiaca che al gigante di Hamlet, da Ascension in poi, deve certo più di qualcosa.
Il tono complessivo dell'opera, peraltro, è diverso. Le scorribande chitarristiche di Ricart, per esempio, devono ben più al rock che al jazz, e più in generale si avverte un disegno complessivo, ora più frastagliato, nervoso, ora più educato, e un'estetica di gruppo palpabili, in cui in particolare la tromba (e i vari strumentini) di Herb Robertson, grande protagonista del jazz a cavallo fra i millenni di cui si erano un po' perse le tracce, oltre alla chitarra, occupano spesso il centro della scena. Né mancano gli spazi per il tenore di Dunmall, che mostra di saper stare impeccabilmente al gioco.
Elenco dei brani:
Homage to John Coltrane:
CD1: Ascension; Resolution; Central Park West; Transition; Psalm.
CD2: Ogunde/Ascent; Naima; The Drum Thing; Sunship; Giant Steps; Expression/Affirmation; Alabama; My Favourite Things.
Tenorhood:
For Mobley; For Webster; For Coltrane; Tenorhood; For Ayler; For Rollins.
Extremes:
Extreme; All Ways; Horus.
On Beauty:
Introduction; Movement I; Interlude I; Movement II÷V; Interlude II; Ending Beauty.
(Chamaeleon)
Forager; Real Orbital; Excavator; Blind Source; Elliptic Operators; Beelining.
Musicisti:
Homage to John Coltrane:
Paul Dunmall: sax tenore, flauto, saxello; Tony Bianco: batteria.
Tenorhood:
Ivo Perelman: sax tenore; With Dickey: batteria.
Extremes:
Evan Parker, Paul Dunmall: sax tenore; Tony Bianco: batteria.
On Beauty:
David Liebman: sax soprano; Charles Evans: sax baritono; Ron Stabinsky: pianoforte; Tony Marino: contrabbasso.
(Chamaeleon)
Herb Robertson: tromba, piccoli strumenti; Paul Dunmall: sax tenore; Edward Ricart: chitarra; Jason Ajemian: contrabbasso; Andrew Barker: batteria.
Paul Dunmall, Tony Bianco
Homage to John Coltrane
Slam Productions
2015
Valutazione: * * *
Una sorta di fil rouge dell'assunto, al di là di ogni altra considerazione (che ovviamente faremo), è costituito dalla presenza, a intermittenza, del sessantaduenne sassofonista del Kent Paul Dunmall che, per iniziare, in duo con Tony Bianco, ha appena pubblicato quello che è almeno il terzo CD esplicitamente dedicato a Coltrane nel giro di un paio d'anni (e al quale, anche considerando che nello specifico siamo di fronte a un album doppio, studio & live, in tutta coscienza ci sentiremmo di consigliargli di non dare ulteriore seguito).
Vi trovano posto tredici brani, spesso molto noti ma per lo più poco riconoscibili, per un'ora e un quarto di improvvisazione a briglia sciolta, con esiticome sempre in questi casisvarianti dal sublime (rari, in verità) al decisamente pleonastico. L'idea è quella del flusso continuo, senza freni né inibizioni di sorta, ma a quel punto bisogna possedere una capacità di sintesi, un senso della forma tutto interno, che qui latitano abbastanza tangibilmente. Il che non esclude che diversi episodi contengano sequenze di assoluto valore.
Ivo Perelman, Whit Dickey
Tenorhood
Leo Records
2015
Valutazione: * * *
Sempre duettando con una batteria, nelle mani di Whit Dickey, un altro tenorista (ma Dunmall suona anche flauto e saxello) che non brilla certo per sintesi, prestando anzi il fianco, con una produzione ipertrofica, a più di una critica, omaggia Coltrane e nel contempo diversi suoi colleghi di strumento (Mobley, Webster, Ayler, suo primo e principale amore, e Rollins, più un brano in qualche modo ricapitolativo intitolato "Tenorhood" come il CD), attingendo quanto meno per la durata (47 minuti) a una sintesi che non gli è poi così familiare.
Ci riferiamo a Ivo Perelman, che nel disco in oggetto di fatto tratta un po' tutti alla stessa stregua (né c'era da aspettarsi niente di diverso), con la visceralità che gli è propria, per il semplice fatto che, una volta di più, il vero omaggiato è lui, il cinquantaquattrenne tenorsassofonista di San Paolo. Naturalmente anche qui i momenti felici, a lasciar da parte le coordinate concettuali di partenza (non così in Homage to John Coltrane, di un rigore stringente), non mancano: fra questi proprio il (sedicente) tributo coltraniano.
Evan Parker, Paul Dunmall, Tony Bianco
Extremes
Red Toucan
2014
Valutazione: * * *
Aggiungendo un tassello (leggi un secondo tenore, e che tenore: Evan Parker) al duo Dunmall/Bianco, eccoci di fronte a Extremes, che titolo più centrato non potrebbe avere. Vi trova infatti posto un aggrumarsi denso, vorticoso, non di rado belluino, di bordate d'ancia, un sovrapporsi di flutti entro cui la batteria si muove con ammirevole equidistanza, risultando di fatto il vero (e del resto quasi fisiologico) ago della bilancia.
Tre soli i brani, due dei quali chilometrici, fatti di veemenza e ripiegamenti (rari: per esempio proprio il brano più breveper distaccodel trittico, "All Ways"), in un continuum sonoro che alterna più o meno ampie sequenze solistiche (un unico tenore per volta a dialogare con la batteria) ad aggrovigliate, grumose scorribande a ranghi compatti. L'abbinamento strumentale, sempre in rapporto all'assunto di partenza, rievoca ovviamente il Coltrane di Interstellar Space (al limite di "Vigil") più di qualunque altro (qui anche certi magmi intessuti con Pharoah Sanders, per ovvi motivi).
Charles Evans
On Beauty
More Is More
2014
Valutazione: * * * *
Di chiaro referente coltraniano è anchepur lungo altre coordinate, più onnicomprensiveDave Liebman, che, al soprano, è ospite del giovane baritonista newyorchese Charles Evans, un nome da tenere a mente, nell'ottimo On Beauty. Qui, globalmente, l'impronta coltraniana appare da subito molto più labile. Colpisce eventualmente, come ideale continuità rispetto a quanto incontrato finora, il ripetersi di un dialogo fra due sax, il crescere dell'organico di un'ulteriore unità (qui è all'opera un quartetto), l'assenza dello strumento "altro" fin qui onnipresente, in favore degli altri due che completano la classica sezione ritmica del jazz, piano e contrabbasso.
L'assenza dell'elemento percussivo sposta ovviamente la temperatura della musica in un ambito più prezioso, a tratti vagamente cameristico, benché la presenza di suono, anche una certa densità, sopravvivano. C'è, soprattutto, un chiaro intento (leggi scheletro) compositivo-strutturale, il cui merito va ovviamente a Evans, responsabile dell'incisione e di tutti i temi che vi trovano posto. Un ragazzo da tener d'occhio, come si diceva.
Edward Ricart Quartet + Paul Dunmall
(Chamaeleon)
New Atlantis Records
2014
Valutazione: * * * ½
Meritevole di attenzione è anche il chitarrista panamense Edward Ricart, classe 1984, il quale dirige in (Chamaeleon) un quintetto che si fregia della presenza di Paul Dunmall, di fatto unico elemento (in senso lato) attinente al tema che informa queste nostre righe. Non ci sono altre sopravvivenze coltraniane, in effetti, se non un indulgere verso una (dichiarata) improvvisazione collettiva orgiastica, dionisiaca che al gigante di Hamlet, da Ascension in poi, deve certo più di qualcosa.
Il tono complessivo dell'opera, peraltro, è diverso. Le scorribande chitarristiche di Ricart, per esempio, devono ben più al rock che al jazz, e più in generale si avverte un disegno complessivo, ora più frastagliato, nervoso, ora più educato, e un'estetica di gruppo palpabili, in cui in particolare la tromba (e i vari strumentini) di Herb Robertson, grande protagonista del jazz a cavallo fra i millenni di cui si erano un po' perse le tracce, oltre alla chitarra, occupano spesso il centro della scena. Né mancano gli spazi per il tenore di Dunmall, che mostra di saper stare impeccabilmente al gioco.
Elenco dei brani:
Homage to John Coltrane:
CD1: Ascension; Resolution; Central Park West; Transition; Psalm.
CD2: Ogunde/Ascent; Naima; The Drum Thing; Sunship; Giant Steps; Expression/Affirmation; Alabama; My Favourite Things.
Tenorhood:
For Mobley; For Webster; For Coltrane; Tenorhood; For Ayler; For Rollins.
Extremes:
Extreme; All Ways; Horus.
On Beauty:
Introduction; Movement I; Interlude I; Movement II÷V; Interlude II; Ending Beauty.
(Chamaeleon)
Forager; Real Orbital; Excavator; Blind Source; Elliptic Operators; Beelining.
Musicisti:
Homage to John Coltrane:
Paul Dunmall: sax tenore, flauto, saxello; Tony Bianco: batteria.
Tenorhood:
Ivo Perelman: sax tenore; With Dickey: batteria.
Extremes:
Evan Parker, Paul Dunmall: sax tenore; Tony Bianco: batteria.
On Beauty:
David Liebman: sax soprano; Charles Evans: sax baritono; Ron Stabinsky: pianoforte; Tony Marino: contrabbasso.
(Chamaeleon)
Herb Robertson: tromba, piccoli strumenti; Paul Dunmall: sax tenore; Edward Ricart: chitarra; Jason Ajemian: contrabbasso; Andrew Barker: batteria.
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