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34 ° Tampere Jazz Happening

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Tampere Jazz Happening 2015
Tampere (Finlandia) 29.10- 01.11.2015

Il Tampere Jazz Happening si conferma come un festival di grande vitalità, tra i migliori in Europa. Un'edizione, questa 34^, ancora una volta senza confini geografici né musicali, all'insegna della combinazione tra musica jazz e parola parlata.

I cinquemila spettatori paganti hanno gremito le quattro giornate e hanno visto le ventisette formazioni (nove finlandesi) esibirsi in tre diversi spazi: Pakkahuone, Klubi e Telakka.

Giovedi
Anteprima con "Nordic Jazz Comet," showcase (concorso fino al 2011) per giovani emergenti del Nord Europa, a cui purtroppo non ho assistito. Unanime il consenso dei partecipanti per la giovane sassofonista di Trondheim Mette Henriette, che ha appena pubblicato il suo album di debutto per la ECM.


Venerdi
Il festival inizia nel pomeriggio dopo la conferenza stampa e l'assegnazione del prestigioso "Yrjö Award" al bassista Ulf Krokfors.

Saranno poi il pianista svedese (per l'occasione alle tastiere) Mats Öberg e il tellurico batterista finlandese Morgan Ågren ad aprire le danze sul palco principale del Pekkahuone, affiancati dal bassista Gustaf Hielm e dal chitarrista e tastierista Stefan Iron Ståhl. Un inizio "fusion" un po' confuso e deludente che introduce al trio pirotecnico di Omar Sosa, Paolo Fresu e Trilok Gurtu—progetto ben confezionato e divertente che ha letteralmente rapito il pubblico. A seguire la locale Ricky Tick Big Band & Jukinen Sana, una big band da 20 elementi che vede ospiti i rapper Paleface, Paleface Redrama e Tommy Lindgren (rigorosamente in finlandese). Un progetto intrigante sulla carta, ma dal risultato un po' strambo e di scarsa efficacia.

Chiusura a tarda ora nel più intimo e attiguo Klubi con il set convincente del sassofonista americano David Murray, affiancato dal poeta, predicatore, attore, rapper, e autentica stella dell'hip-hop, Saul Williams... un progetto, questo dell'"Infinity Quartet" (Hamid Drake alla batteria, Orrin Evans al piano e Jaribu Shahid al contrabbasso), che fonda le proprie radici nel jazz e pone a confronto due autentici profeti della musica nera; un progetto ribollente che mette in luce un Murray in particolare stato di grazia, conferma la statura di Hamid Drake e rivela (a me) le qualità di Saul Williams.


Sabato


Sabato è la vera giornata clou, ricca e densa di emozioni (dalle 2 del pomeriggio a notte fonda), e a farle da apripista è Mats Gustafsson... e che inizio! Chi conosce il sassofonista svedese sa che si tratta di materiale da maneggiare con cura. Con eloquio particolarmente efficace ed intrigante Mats introduce i brani, spesso ispirati alla natura e al silenzio delle sue lande: un qualcosa di intimo e toccante che coinvolge il pubblico pur mantenendo caustico e spesso abrasivo il suo fraseggio nelle improvvisazioni al sassofono. Un set eccitante che conclude a modo suo, urlando al pubblico: "Fuck you all!"

Il pomeriggio è all'insegna del free e sembra voler indagare le individualità/personalità del tellurico trio "The Thing" visto che a Mats segue la band del batterista norvegese Paal Nilssen-Love. "Large Unit" è un bell'ensemble nordico di undici membri che dopo alcune defezioni dovute ai troppi impegni di alcuni di loro risulta oggi più che mai equilibrato e coeso. La sintonia e il clima sono perfetti, l'ensemble funziona a meraviglia e la performance è esplosiva, emozionante. Paal è la locomotiva, ma il manipolo di guastatori che lo affianca fa il resto. Un buon esempio di come musica composta e improvvisazione possano coesistere e dare vita a un risultato dalla forza musicale inarrestabile.

E poi dulcis in fundo il terzo componente del trio "The Thing" il bassista Ingebrigt Håker Flaten con il progetto Young Mothers. Ingebrigt da qualche tempo si è stabilito in Texas (USA) e sognava di metter in piedi un progetto con musicisti di quella scena. Un set di particolare forza e intensità che fonde free jazz, indie rock, hip hop e sfumature death metal, grazie alle incursioni del vibrafonista Stefan Gonzales -alla voce e batteria, e alle ottime individualità -anche di Jason Jackson (sax tenore), Jawwaad Taylor (voce e tromba), Jonathan Horne (chitarra e voce) e Frank Rosaly (batteria) -si traducono in un buon lavoro che il leader guida ai limiti estremi del jazz puntando chiaramente all'oltre...


In prima serata l'atmosfera si fa più leggera, certo non per un calo nella qualità o nell'interesse di quanto proposto sul palco: a esibirsi è infatti l'ensemble francese Papanosh con ospiti Roy Nathanson e Fidel Fourneyron. Un set ispirato alla musica di Mingus, non a caso intitolato "Oh Yeah!," che mostra un bell'affiatamento e si fa portavoce dell'eredità di alcuni territori indagati dal grande maestro.

Con Colin Stetson (sassofoni) e Sarah Neufeld (violino), duo che ha pubblicato uno dei migliori dischi del 2015, si giunge infine a uno dei momenti più alti del festival. Lo spettacolo è di quelli autentici: percorsi reiterati e ciclici di cui Colin è elemento materico e corpulento che precipita e trascina in abissi sempre più profondi (grazie anche a una strumentazione tutt'altro che convenzionale che va dal sax tenore al baritono passando per clarinetto contrabbasso), mentre lei è ornamento, piuma che leggerissima volteggia, con tecnica sublime, sospesa tra voce e violino. La loro è una musica dalle sonorità gravi che evocano una natura primordiale illuminata però da una grazia sognante e fantasiosa, paesaggi deserti e aridi che pure lasciano una piacevole sensazione di stupore.

A ridosso della mezzanotte è il momento del celebre Ginger Baker, ex batterista della band rock Cream, con il progetto "Jazz Confusion." Lo affiancano il percussionista Abass Dodoom, il bassista Alec Dankworth e il sassofonista Pee Wee Ellis. Un set che vede il leader stanco e invecchiato, senza lo smalto di un tempo. In parallelo, al Telakka, si sono esibite diverse band finlandesi: il deludente trio Skinny Jenny (Timo Kämäräinen, Tuomas Timonen e Alexi Tuomarila), il solido mainstrean dello Jussi Fredriksson trio (piano trio con Jori Huhtala e Mika Kallio)—difficili, però, da seguire con attenzione in contemporanea. Da non perdere il quartetto Ilmiliekki, con il trombettista Verneri Pohjola, Olavi Louhivuori alla batteria, Tuemo Prättäla al piano e Antti Lotjonen al contrabbasso. Un set acustico melodico e raffinato che ha visto il Telakka davvero gremito.

Chiusura a tarda ora all'insegna del beat e del divertimento con la voce di Sabina Sciubba, ospite del francese Magnetic Ensemble.

Domenica
Ad aprire una giornata che si annuncia assai meno densa è "Life and Other Transient Storms," il nuovo progetto della giovane portoghese Susana Santos Silva (ormai affermata sperimentatrice) che riunisce un manipolo di improvvisatori scandinavi straordinari: la sassofonista Lotte Anker (danese), il pianista Sten Sandell, il batterista Jon Fält e il contrabbassista Torbjorn Zetterberg (tutti svedesi). Zetterberg è ormai compagno di ventura fidato della trombettista di Porto mentre per gli altri è la prima volta, ma il risultato è tale che vien da dire buona la prima! Un super gruppo che mette in luce la versatilità di Jon Fält, il batterista che aggiunge colori ed eccentricità già al trio di Bobo Stenson, è una locomotiva solida ed efficace anche in questo caso, sempre molto colorito e alla ricerca di timbri. C'è da sperare che Pedro Costa e la sua preziosa etichetta portoghese Clean Feed ci regalino un'altra gemma, pubblicando presto su disco questo progetto.

A seguire un bell'ensemble che avevo intravisto a Brema (Jazzahead) e che si sta facendo conoscere in Europa: Maria Faust - Sacrum Facere . Il progetto della sassofonista estone -di stanza a Copenaghen come il nucleo di ottimi musicisti che la affiancano —si è imposto per qualità e idee portando alla ribalta la tradizione del folklore estone e il canto Runo dalla regione Setu ai confini con la Russia. Un ensemble di ottoni, tre fiati, pianoforte preparato e kantele, che si muove a cavallo tra composizione classica-contemporanea e libera improvvisazione. Una band internazionale, "di immigrati" la definisce lei stessa (danesi in minima parte), con musicisti tutti molto bravi e affiatati: Kristi Mühling (kantele), Emanuele Maniscalco (pianoforte), Francesco Bigoni (clarinetto), Ned Ferm (sax tenore e clarinetto), Tobias Wiklund (tromba), Mads Hyhne (trombone), Petter Hängsel Jonatan Ahlbom (tuba), e naturalmente Maria Faust (sax alto, clarinetto e voice). La direzione di Maria, artista trasparente e sanguigna, ha saputo instaurare il giusto feeling e creare a una sorta di marching band molto ben organizzata. Particolare è il tocco contemporaneo della Mühling al kantele -assai lontano dai soliti terreni melodici dello strumento—perfetta nel dialogo con Emanuale Maniscalco al piano preparato. Maniscalco in un particolare stato di grazia che si esibisce poi in un assolo che rimarrà scolpito nella storia del festival come uno dei più belli ed entusiasmanti. Un progetto che in occasione del Danish Music Awards 2014 è valso a Maria la nomina come compositore jazz dell'anno e all'album Sacrum Facere (Barefoot Records, 2014) quella di album cross-over dell'anno.

La chiusura del palco principale di Pakkahuone spetta a una delle grandi del jazz contemporaneo, Carla Bley con il suo trio (Steve Swallow e Andy Sheppard), rodati e pronti per la registrazione del nuovo disco a Lugano con Stefano Amerio, nei giorni successivi il festival. Compositrice e arrangiatrice tra le migliori in circolazione da anni, non ha entusiasmato. Un set avviato col piede giusto si è perso nel corso della suite in tre parti, finendo per diventare troppo lungo e noioso.

Al Klubi il concerto finale è invece stato all'insegna del rock, con la norvegese Hedvig Mollestad Thomassen e il suo trio: un set granitico nello spirito della band e ideale per salutare questa bella edizione del Tampere Jazz Happening e creare contagiosa aspettativa per la prossima. Che sia, ci si augura, altrettanto forte e aperta nelle scelte artistiche.

Foto
Luca Vitali

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