Ananda Gari: T-Duality

Il trentenne batterista pugliese Ananda Gari (nome di origine indù) riunisce un quartetto coi controfiocchi e confeziona un album senz'altro degno di attenzione. Con un Tim Berne e lo stesso Michael Formanek, si dirà, è più o meno un gioco da ragazzi. Probabilmente sì, e tuttavia intanto bisogna convincere gente di questo calibro—oltretutto avvezza a suonare la propria musica, come in particolare il sassofonista di Syracuse—e poi è necessario raggiungere il non facile equilibrio di impiegarli convenientemente, però senza affidarsi troppo smaccatamente alle loro peculiarità, ovviamente spiccate (specie, anche qui, in Berne).

Come si muove, Gari, in questa moltitudine di input? La musica si annuncia da subito piena, densa, con un Berne incidente ma non prevaricante. Altrettanto peculiare—ciò che il resto del disco confermerà—appare il ruolo della chitarra, mentre il quinto brano ("Fields") afferma ciò che già l'intro a "Are You Kidding Me?" aveva suggerito, vale a dire una "transumanza" verso atmosfere più larghe e parsimoniose.

Una rinnovata intensità attraversa quindi "Last Drops," che poi si fa comunque a sua volta più pensoso, laddove il conclusivo "Don't Forget to Pet Your Cat" funge in qualche misura da compendio dell'intero lavoro, compresa, nella seconda parte, la priorità estetica assegnata a sax alto e chitarra (l'ottimo Rez Abbasi, statunitense di origini pakistane).

A questo punto non possiamo che attendere Gari a nuove prove che ne confermino il valore, con o senza illustri padrini.

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