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Rui Neves e la scena jazzistica portoghese

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Nel 2013 su All About Jazz Italia comparve una serie organica di interviste da parte di Enrico Bettinello a protagonisti del jazz italiano (produttori, agenti, direttori artistici...) con l'obiettivo di analizzare i meccanismi e i criteri che caratterizzano la programmazione dei festival jazz nel nostro Paese. A quella meritoria ed esauriente iniziativa si può ricollegare idealmente l'intervista a Rui Neves: gettando lo sguardo al di là dei confini nazionali, abbiamo cercato di capire come viene organizzato l'importante festival Jazz em Agosto di Lisbona, del quale Neves è direttore artistico.

Nato a Dungo, in Angola, poi trasferitosi a Lisbona per sostenere gli studi secondari, Neves è cresciuto ascoltando una gamma di musiche estremamente ampia e approdando allo studio del sax soprano. Durante il servizio militare, svolto in Mozambico, incontrò il violinista Carlos Zingaro assieme al quale formò il gruppo Plexus. A Lisbona consolidò la sua attività di programmatore e conduttore radiofonico su diverse stazioni e di critico su giornali come i settimanali Expresso e Se7e. Alla metà degli anni Ottanta ebbe inizio la sua direzione artistica di Jazz em Agosto. Dal 1999 al 2004 è stato inoltre consigliere per il jazz del Centro Cultural de Belém, curandone la programmazione.

All About Jazz: Quando hai cominciato a curare la direzione artistica di Jazz em Agosto?

Rui Neves: La prima edizione del festival, nel 1984, fu dedicata a quattro dei gruppi portoghesi più importanti di allora, fra cui quello della cantante Maria Joao. Fu l'Hot Club del Portogallo a curarne la direzione artistica; i concerti, uno per settimana all'aperto nell'anfiteatro, erano gratuiti e fu un vero successo. Perciò io fui chiamato per organizzare qualcosa di più ambizioso nella seconda edizione: invitai fra gli altri la Sun Ra Arkestra, il Dave Holland Quintet, Terje Rypdal/The Chasers... Diressi il festival fino al 1991 e ne sono tornato alla guida nel 2000; nel periodo intermedio si sono succedute diverse direzioni artistiche.
È importante ricordare che Jazz em Agosto nacque presso l'Acarte/Modern Art Center, un dipartimento della Calouste Gulbenkian Foundation, ma a cominciare dal 2006 fa parte integrante dell'attività del Gulbenkian Music Department, che organizza una stagione di musica classica ed ha un'orchestra stabile.

AAJ: Nelle ultime edizioni hai optato per un solo gruppo al giorno, con un concerto serale all'anfiteatro all'aperto. Perché?

R.N.: Questo criterio dipende dal fatto che Jazz em Agosto si svolge in una capitale; in una grande città come Lisbona ognuno ha un mucchio di impegni durante il giorno, non avrebbe senso presentare un festival molto nutrito, come quelli che interessano piccole città di provincia. D'altra parte anche l'impostazione del Gulbenkian è identica: presentare un solo concerto al giorno. Una componente importante è inoltre costituita dai turisti che abbiamo a Lisbona in agosto, gente che rimane per una settimana circa e che ama il jazz: stiamo notando che una parte del nostro pubblico è internazionale.

AAJ: Mi sembra che tu abbia puntato prevalentemente sui musicisti americani, includendo solo tre o quattro gruppi europei ogni anno; possiamo approfondire gli intenti e gli obiettivi della tua programmazione?

R.N.: Credo che nel corso degli anni abbiamo presentato musicisti americani ed europei in eguale misura; l'idea fondamentale è sempre quella di puntare sui personaggi che sono realmente creativi e che fanno parte della storia. Vero è comunque che dobbiamo porre attenzione anche al modo di attrarre il pubblico, perché il nostro anfiteatro contiene quasi mille posti; per cui se il programma ospita più americani che europei è perché essi richiamano più gente. In ogni caso la qualità estetica è il criterio che prevale.

AAJ: Trovo che il costo dei biglietti sia piuttosto basso, ma che manchi la possibilità di acquistare un abbonamento. Ci puoi parlare di questa scelta, della situazione finanziaria del festival, degli sponsor e delle collaborazioni economiche e culturali?

R.N.: La Gulbenkian Foundation attua una politica tutta sua riguardo al prezzo dei biglietti; il profitto non rientra nei nostri obiettivi, per il fatto che la fondazione ricava i suoi fondi principalmente dal mercato internazionale del petrolio con l'impegno di reinvestirli nel sostegno all'arte, all'assistenza e alla scienza. Il Dipartimento di Musica dispone di un suo budget e noi possiamo lavorare in sicurezza, senza il bisogno di ricorrere a sponsor come banche o altro. Al contrario, abbiamo stabilito partnerships di servizio con radio, con il quotidiano Público, con la compagnia televisiva Sic Notícias, con la Citroën e con l'Ufficio Turistico di Lisbona.
Appunto per il fatto che il prezzo dei biglietti non è alto, come hai notato, di solito non prevediamo abbonamenti, anche se pratichiamo sconti del 30% per studenti sotto i venticinque anni, per i musicisti e per gli operatori dello spettacolo.

AAJ: Ci puoi sintetizzare un bilancio, più culturale e organizzativo che finanziario, dell'ultima edizione del 2013, quella del trentennale?

R.N.: Per celebrare la trentesima edizione del festival abbiamo potuto contare su un budget incrementato, una migliore visibilità sui media ed un programma in cui le tre differenti apparizioni di John Zorn hanno focalizzato un nuovo specifico nucleo di interesse.
Per la prima volta inoltre abbiamo deciso di presentare dieci concerti consecutivi (uno per ogni sera) sul nostro main stage, l'anfiteatro all'aperto. Abbiamo constatato che questa formula ha funzionato perché ha creato una sequenza che ha permesso al pubblico di assistere ad ogni concerto come ad un evento unico, in una sorta di contemplazione, come ha detto il critico canadese Stuart Borrare. L'anfiteatro, che si trova all'interno del parco all'inglese, con il relativo laghetto, della Calouste Gulbenkian Foundation, merita tutta la dovuta attenzione riguardo all'amplificazione e all'illuminazione.

Un importante risultato della trentesima edizione di Jazz em Agosto è stato anche l'incremento di pubblico: un pubblico che riflette i frammentati gusti di oggi, ma che comunque è informato e predilige la musica attuale nella pluralità delle sue forme, comprendendo che il jazz è un'espressione in continua mutazione.
Un altro avvenimento è stata la pubblicazione bilingue (portoghese e inglese) del libro Arrivals/Departures: New Horizons in Jazz, contenente cinquanta saggi biografici su altrettanti musicisti che sono apparsi al festival nei decenni e che meglio di altri ne hanno modellato l'identità. Gli autori dei saggi sono tre noti e riconosciuti critici: Bill Shoemaker, Stuart Broomer, Brian Morton.

AAJ: Per quale motivo negli ultimi anni avete deciso di sopprimere i concerti pomeridiani nell'auditorium all'interno del Gulbenkian?

R.N.: L'evoluzione continua di Jazz em Agosto spiega le decisioni che abbiamo preso nel corso degli anni. I concerti pomeridiani, nell'auditorium di 350 posti originariamente creato per ospitare conferenze e seminari, erano comunque seguiti dal concerto serale sul main stage. Essi non avevano un buon riscontro di pubblico probabilmente perché d'estate a Lisbona, a differenza di quanto capita nei festival compatti che si svolgono in piccole città di provincia, la gente è decisamente più interessata ai concerti serali. Questo anche se il nostro pubblico non è esclusivamente portoghese, ma internazionale.

In alternativa, nel 2011 e 2012 decidemmo di presentare alcuni concerti in uno spazio nuovo e trendy, il Teatro do Bairro di 400 posti, nelle sere di martedì, mercoledì e giovedì alle 22 (all'epoca i concerti principali si concentravano al Gulbenkian in due fine settimana). Quegli appuntamenti al Teatro do Bairro riuscirono bene, ma ci rendemmo conto che l'affluenza del pubblico esauriva presto lo spazio, perciò perché non prendere in considerazione il nostro main stage a prezzi più bassi? Anche se so bene che programmare per uno spazio più piccolo permette di presentare soli, duetti e trii, musicisti che propongono elaborate visioni estetiche, oppure sperimentazioni fatte da musicisti che ancora non godono di una sufficiente notorietà e sono consapevole che questo potrebbe costituire la caratteristica di festival orientati alle forme musicali contemporanee e creative come il nostro.

AAJ: Pensi che ci siano aspetti dell'organizzazione del festival che potrebbero o dovrebbero essere migliorati?

R.N.: Migliorare è sempre la prima delle nostre preoccupazioni; ogni anno scopriamo nuovi modi per farlo. Appena un festival si conclude inizia lentamente l'organizzazione di quello seguente, selezionando accuratamente i musicisti, ricercando il giusto equilibrio in termini economici perché la somma disponibile deve essere assolutamente rispettata. Anche la comunicazione sui media è molto importante; viviamo nell'era digitale, che ci offre tanti nuovi strumenti, nel bene e nel male come sappiamo, e in questo campo il festival è progredito molto.

AAJ: Ci sono musicisti che in passato avresti voluto invitare ma che per qualche ragione non hai potuto?

R.N.: In passato ci sono stati alcuni musicisti, già invitati, che sono morti prima, e il pubblico portoghese ha perso la possibilità di conoscerli. Posso ricordarne pochi che ho ammirato particolarmente: Chris McGregor nel 1986, John Carter nel 1991, Edward Vesala nel 2000. Il batterista Ronald Shannon Jackson è un altro grande musicista che recentemente è scomparso; avrei tanto desiderato presentarlo in Portogallo per la prima volta ed ora l'opportunità è svanita per sempre.

AAJ: Cosa ci puoi anticipare della prossima edizione del 2014?

R.N.: Ci stiamo ancora lavorando e posso solo dire che avremo di nuovo dieci concerti nell'anfiteatro all'aperto; il successo ottenuto nel 2013 ci ha fatto pensare che questa possa essere una buona formula per Lisbona in agosto. I concerti si terranno dall'1 al 10 agosto alle 21,30. Comunque lo spirito e la peculiarità del nostro festival sono sempre quelli di rappresentare i continui cambiamenti del jazz, i suoi indirizzi più creativi. Nella terza settimana di aprile presenteremo ufficialmente Jazz em Agosto 2014 in una conferenza stampa e contemporaneamente l'informazione sarà disponibile sul nostro sito.

AAJ: Quali festival europei o americani segui abitualmente e cosa ne pensi?

R.N.: Seguo festival dal 1976, quando andai per la prima volta al festival di Willisau in Svizzera, diretto da Niklaus Troxler, secondo me uno dei più importanti sostenitori europei del jazz d'avanguardia, oltre che notevole graphic designer. Negli ultimi dieci anni sono poi diventato un frequentatore dell'austriaco Saalfelden Festival. Questi due appuntamenti alla fine d'agosto costituiscono insostituibili punti di riferimento per i loro eccitanti programmi.
Negli anni Ottanta e Novanta ho partecipato numerose volte al festival di Mulhouse, quando ne era direttore Paul Kanitzer; oggi il festival continua, più ridotto, sotto un diverso nome, Méteo, e un altro direttore, ma sempre focalizzato sull'improvvisazione assoluta. Fra i festival di musica improvvisata, uno dei miei preferiti è All Ears, che si svolge in gennaio a Oslo, sotto la direzione del batterista Paal Nilssen-Love e del noisemaker Lasse Marhaug. Nei Paesi Scandinavi si assiste a una buona offerta: conosco bene Tampere in Finlandia dal 2002, Perspectives a Västerås in Svezia, diretto da Mats Gustafsson ogni due anni. In Germania il mio preferito è il Moers Festival, oggi diretto da Reiner Michalke; lo conosco dal 1979 quando c'era il direttore originario Bukkard Hennen.
Dal 2005 infine vado ogni anno in Québec/Canada al Festival International Musique Actuel Victoriaville (FIMAV), diretto da Michel Levasseur (nel 2014 il festival celebra il suo trentesimo anniversario). Si tratta di un appuntamento che amo molto per le sue ampie concezioni musicali, un evento unico nel suo genere nel Nord America e un'opportunità per incontrare la vivace scena musicale di Montreal e del Québec.

AAJ: Non hai mai partecipato ad un festival italiano?

R.N.: In realtà non mi è mai capitata l'opportunità di venire ad un festival italiano, ma non lo escudo dai miei orizzonti... vedremo. Comunque seguo il jazz italiano tramite i dischi e i concerti; ogni luglio, dal 2005, ho ingaggiato interessanti musicisti italiani per il Jazz im Goethe-Garten, un festival raccolto e mirato alle realtà europee, da me diretto e promosso dal Goethe-Institut di Lisbona: sono stati ospitati gruppi come Daniele Cavallanti & Tiziano Tononi Udu Calls, Francesco Bearzatti Tinissima Quartet in "Suite For Tina Modotti," Gianluca Petrella Tubo Libre, Eco d'Alberi (Edoardo Marraffa, Alberto Braida, Antonio Borghini, Fabrizio Spera), Nimoy (Francesco Bigoni, Zeno de Rossi, Salvatore Maiore), Piero Bittolo Bon Jümp The Shark.

AAJ: Quindi ci sono proposte italiane che apprezzi particolarmente. Più in generale cosa pensi dell'attuale jazz italiano?

R.N.: Senza dubbio oggi l'Italia può vantare musicisti e gruppi ottimi. Seguo la scena italiana dal 1974 e nel corso degli anni ho conosciuto bene musicisti come Giorgio Gaslini, Guido Mazzon, Bruno Tommaso, Mario Schiano, Gianluigi Trovesi, Pino Minafra, Roberto Gatto, Paolo Vinaccia, Sebi Tramontana, Roy Paci, e molti altri. L'Italian Instabile Orchestra, che ho ascoltato dal vivo varie volte, è stata, ed ancora è, una formazione eccitante e indimenticabile.

AAJ: Potresti sintetizzarci in poche parole l'attuale situazione portoghese per quanto riguarda i nomi emergenti e le proposte musicali più stimolanti?

R.N.: Oggi non mancano musicisti molto preparati che però suonano un jazz canonico, come i musicisti classici interpretano i compositori della tradizione europea, o che suonano original che assomigliano agli standard; sappiamo che ciò è l'effetto diretto di scuole di jazz con rigidi programmi, tesi a formare musicisti impostati, cosa che capita ovunque come è noto. In Portogallo non ci sono scuole come a Graz in Austria o come il Mills College di San Francisco, che favoriscono una vera apertura mentale dei lori studenti.

Al contrario, soprattutto a Lisbona esiste una scena di musica improvvisata i cui esponenti non collaborano con quelli del mainstream, operando nel loro circuito destinato a un pubblico ristretto. In questa area il personaggio più importante è il violinista Carlos Zingaro, che, pur con una carriera internazionale, talvolta dirige interessanti progetti interamente portoghesi: per esempio Nuova Camerata, che nel 2012 suonò a Jazz em Agosto. Ci sono poi giovani musicisti di talento che hanno studiato in scuole europee, fra i più importanti cito il batterista Joao Luis Lobo, i contrabbassisti Goncalo Almeida, Hugo Carvalhais e Hugo Antunes, la trombettista Susana Santos Silva.
Nell'ambito dell'avant jazz abbiamo musicisti e gruppi consolidati che hanno raggiunto un riconoscimento internazionale: il Red Trio con Rodrigo Pinheiro al piano, Hernâni Faustino al basso e Gabriel Ferrandini alla batteria; il prolifico trombettista Rodrigo Amado, che oltre a guidare i suoi trii (Motian Trio e Hurricane), prende parte al Humanization Quartet del chitarrista d'avanguardia Luís Lopes. Nel campo della ampie formazioni una delle più interessanti è il Lisbon Underground Music Ensemble, L.U.M.E. (in portoghese LUME significa fuoco), diretto dal compositore Marcos Barroso e comprendente quindici elementi provenienti da differenti ambiti, dal jazz alla musica classica a contemporanea.

AAJ: Cosa ci puoi dire infine della Clean Feed, che secondo noi negli ultimi dieci anni si è rivelata una delle etichette indipendenti più importanti nel panorama mondiale?

R. N.: Seguo la Clean Feed fin dalla sua nascita nel 2001. Il sassofonista Rodrigo Amado, inventore del nome, e il produttore Pedro Costa avevano aperto un negozio di dischi specializzato nel centro di Lisbona, chiamato Trem Azul, cioè la traduzione portoghese di Blue Train. Rodrigo si ritirò presto perché aveva da curare la sua carriera di musicista, mentre Pedro aveva tutte le carte in regola per creare un'etichetta di jazz con base a Lisbona ma dall'attrattiva internazionale: in primo luogo aveva una sufficiente esperienza nei negozi di dischi, per di più era un costante frequentatore della scena di New York, dove incontrava una quantità di interessanti musicisti creativi che avevano bisogno di un produttore come lui, vale a dire uno con un grande amore per la musica, disinteressato a ingenti profitti e capace anche di farli suonare in Europa, perché Pedro opera anche come agente.
La Clean Feed ha una serie speciale dedicata a Jazz em Agosto e nel tempo ha documentato alcuni dei concerti da noi presentati: Paul Dunmall Octet (2002), Julius Hemphill Sextet (2003), Otomo Yoshihide New Jazz Quintet comprendente Mats Gustafsson (2004), Peter Evans Quartet (2009), Peter Brötzmann Hairy Bones (2011). Il suo catalogo, che ha ormai superato i trecento dischi, è veramente apprezzabile.

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