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I 10 CD nel CD-Player di... Caroline Davis
01. Arthur Russell-Tower of Meaning (Chatham Square -1983).
Ho cominciato ad ascoltare Arthur Russell nel 2006. Originariamente pensato come sonorizzazione di un lavoro di Robert Wilson è diventato un disco che funziona autonomamente. Non ci sono grandiosi eventi ritmici né particolari modulazioni, ma si possono avvertire movimenti continui che danno un senso al tutto. È crudo e frammentario, qualità che apprezzo particolarmente nella sua musica.
02. Warne Marsh -Ne Plus Ultra (hatOLOGY -1970).
Dovrebbe essere il primo disco a proprio nome dal 1958 quando incise con Paul Chambers e Paul Motian. È interessante ascoltare Warne e Gary Foster insieme perché in quel periodo della carriera suonano allo stesso modo! Nonostante la presenza di standard e un frammento di Bach si può considerare un disco free, l'improvvisazione come unica preoccupazione. Particolare e imprevedibile.
03. Louis Cole -Louis Cole (Autoprodotto -2010).
Non è un disco jazz né pretende di esserlo, ma è uno degli album più interessanti che ho ascoltato ultimamente dal punto di vista dell'impatto sonoro. Due brani sono strumentali ma la maggior parte del disco ha in bella evidenza la sua voce angelica spesso in falsetto. Tutti i brani sono molto belli, la musica è ricca di groove e il suo messaggio arriva in profondità.
04. Steve Coleman -Synovial Joints (Pi Recordings -2015).
Mi sono avvicinata alla musica di Steve, quando vivevo a Chicago, attraverso Von Freeman, quando andavo spesso alle esibizioni di Von al New Apartment Lounge. Adoro questo disco che ascolto di continuo, la complessità ha sempre esercitato un grande appeal su di me e Steve ha la capacità di presentarla nel più gentile dei modi soprattutto qui. Le sue melodie e le sue trasformazioni ritmiche sono intriganti, il suo processo compositivo unico.
05. The Shins -Oh, Inverted World (Sub Pop Records -2001).
Questo è un vero e proprio tuffo nella mia giovinezza. È il loro primo album e il mio preferito. C'è qualcosa di stranamente intrigante nella voce di James Mercer. È un album divertente con diverse stranezze -come un gatto che fa le fusa con i bambini che ridono -e per me nostalgico. Avverto chiara l' influenza di Beach Boys e Beatles, gruppi che adoro.
06. Herbie Hancock -Inventions and Dimensions (Blue Note -1963).
Terzo album da leader che posseggo da parecchio tempo ma nel quale mi sono buttata a capofitto solo ora. Sono quasi sicura che questa musica sia stata composta in tempo reale ed è veramente interessante ascoltare come i membri del gruppo si relazionino con il processo di libera improvvisazione. È sorprendente quanto sia appagante e divertente l'ascolto di questo disco.
07. J Dilla -The Shining (BBE Records -2006).
Sono ritornata ad ascoltare questo album per imparare qualcosa di più riguardo samples e produzione. Le sue innovazioni in quel campo erano insuperate al momento della sua scomparsa (l'album fu portato a termine da Karriem Riggins) e le sento ancora vive e palpitanti tutte le volte che ascolto queste meravigliose creazioni.
08. Lee Konitz -Satori (Milestone -1975).
Konitz è da sempre uno dei miei eroi musicali. In questo disco suona in maniera quasi selvaggia e credo sia dovuto ai suoi compagni di viaggio. Conserva naturalmente il suo stile ma i musicisti che lo attorniano (Martial Solal, Dick Katz, Dave Holland, Jack DeJohnette) hanno la capacità di portarlo ad esplorare una notevole gamma di situazioni.
09. Charles Brown -Driftin' Blues (The Best of) (Aladdin -1992).
Charles Brown ha una delle voci più pastose che io conosca. Questa compilation spazia dal '45 al '56 quindi presenta delle disomogeneità nei brani ma la sua voce funziona splendidamente da collante. Ho sentito dei suoi pezzicampionati da produttori hip hop; non vedo l'ora di ascoltare altra sua musica in formato album.
10. Ornette Coleman -Complete Live at the Hillcrest Club (Inner City -1976).
Dopo la scomparsa di Paul Bley ho cominciato a cercare altri album in cui fosse presente il suo piano. Ho recuperato questo perché Ornette è un altro dei musicisti che hanno segnato la mia formazione. Album pazzesco per interplay, uso dello spazio ed energia. È tra i miei preferiti con questi musicisti, è pieno zeppo di grandi interventi solistici e di sorprese nell'ascolto. Con il fascino di essere tra i primi album dal vivo di Ornette.
Foto
Rob Perrillo.
Ho cominciato ad ascoltare Arthur Russell nel 2006. Originariamente pensato come sonorizzazione di un lavoro di Robert Wilson è diventato un disco che funziona autonomamente. Non ci sono grandiosi eventi ritmici né particolari modulazioni, ma si possono avvertire movimenti continui che danno un senso al tutto. È crudo e frammentario, qualità che apprezzo particolarmente nella sua musica.
02. Warne Marsh -Ne Plus Ultra (hatOLOGY -1970).
Dovrebbe essere il primo disco a proprio nome dal 1958 quando incise con Paul Chambers e Paul Motian. È interessante ascoltare Warne e Gary Foster insieme perché in quel periodo della carriera suonano allo stesso modo! Nonostante la presenza di standard e un frammento di Bach si può considerare un disco free, l'improvvisazione come unica preoccupazione. Particolare e imprevedibile.
03. Louis Cole -Louis Cole (Autoprodotto -2010).
Non è un disco jazz né pretende di esserlo, ma è uno degli album più interessanti che ho ascoltato ultimamente dal punto di vista dell'impatto sonoro. Due brani sono strumentali ma la maggior parte del disco ha in bella evidenza la sua voce angelica spesso in falsetto. Tutti i brani sono molto belli, la musica è ricca di groove e il suo messaggio arriva in profondità.
04. Steve Coleman -Synovial Joints (Pi Recordings -2015).
Mi sono avvicinata alla musica di Steve, quando vivevo a Chicago, attraverso Von Freeman, quando andavo spesso alle esibizioni di Von al New Apartment Lounge. Adoro questo disco che ascolto di continuo, la complessità ha sempre esercitato un grande appeal su di me e Steve ha la capacità di presentarla nel più gentile dei modi soprattutto qui. Le sue melodie e le sue trasformazioni ritmiche sono intriganti, il suo processo compositivo unico.
05. The Shins -Oh, Inverted World (Sub Pop Records -2001).
Questo è un vero e proprio tuffo nella mia giovinezza. È il loro primo album e il mio preferito. C'è qualcosa di stranamente intrigante nella voce di James Mercer. È un album divertente con diverse stranezze -come un gatto che fa le fusa con i bambini che ridono -e per me nostalgico. Avverto chiara l' influenza di Beach Boys e Beatles, gruppi che adoro.
06. Herbie Hancock -Inventions and Dimensions (Blue Note -1963).
Terzo album da leader che posseggo da parecchio tempo ma nel quale mi sono buttata a capofitto solo ora. Sono quasi sicura che questa musica sia stata composta in tempo reale ed è veramente interessante ascoltare come i membri del gruppo si relazionino con il processo di libera improvvisazione. È sorprendente quanto sia appagante e divertente l'ascolto di questo disco.
07. J Dilla -The Shining (BBE Records -2006).
Sono ritornata ad ascoltare questo album per imparare qualcosa di più riguardo samples e produzione. Le sue innovazioni in quel campo erano insuperate al momento della sua scomparsa (l'album fu portato a termine da Karriem Riggins) e le sento ancora vive e palpitanti tutte le volte che ascolto queste meravigliose creazioni.
08. Lee Konitz -Satori (Milestone -1975).
Konitz è da sempre uno dei miei eroi musicali. In questo disco suona in maniera quasi selvaggia e credo sia dovuto ai suoi compagni di viaggio. Conserva naturalmente il suo stile ma i musicisti che lo attorniano (Martial Solal, Dick Katz, Dave Holland, Jack DeJohnette) hanno la capacità di portarlo ad esplorare una notevole gamma di situazioni.
09. Charles Brown -Driftin' Blues (The Best of) (Aladdin -1992).
Charles Brown ha una delle voci più pastose che io conosca. Questa compilation spazia dal '45 al '56 quindi presenta delle disomogeneità nei brani ma la sua voce funziona splendidamente da collante. Ho sentito dei suoi pezzicampionati da produttori hip hop; non vedo l'ora di ascoltare altra sua musica in formato album.
10. Ornette Coleman -Complete Live at the Hillcrest Club (Inner City -1976).
Dopo la scomparsa di Paul Bley ho cominciato a cercare altri album in cui fosse presente il suo piano. Ho recuperato questo perché Ornette è un altro dei musicisti che hanno segnato la mia formazione. Album pazzesco per interplay, uso dello spazio ed energia. È tra i miei preferiti con questi musicisti, è pieno zeppo di grandi interventi solistici e di sorprese nell'ascolto. Con il fascino di essere tra i primi album dal vivo di Ornette.
Foto
Rob Perrillo.
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Instrument: Saxophone
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