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Simone Graziano Frontal al Pinocchio Live Jazz

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Pinocchio Live Jazz
Firenze
21.11.2015

Nel mezzo di un tour italiano per la presentazione del nuovo CD, Trentacinque, il quintetto Frontal di Simone Graziano ha giocato in casa calcando il palco del Pinocchio, ove già aveva suonato due anni orsono (clicca qui per leggere la recensione di quel concerto). Solo che, nel frattempo, il gruppo—pur invariato nella formazione—ha visto mutare diversi elementi della musica che esprime, come ben ci spiega il leader nell'intervista che gli abbiamo fatto (clicca qui per leggerla): scrittura più densa, maggiore coralità, suono più compatto, ancorché sempre caratterizzato da un forte impatto comunicativo.

Come il disco, il concerto si è aperto con un'improvvisazione collettiva, alla quale è seguita "Falk the Bow," la composizione più lunga di Trentacinque: caratterizzata da continui cambi di scena e velocità, ora intensa e trascinante, ora più astratta e sospesa—un pedale ipnotico del pianoforte ha retto a lungo le introspettive sonorità dei due sax—ben rappresenta la cifra attuale di Frontal, con i cinque straordinari musicisti che mettono le loro capacità strumentali e la loro inventiva al servizio della musica del gruppo.

Questo carattere è emerso in modo ancor più chiaro nel corso della serata, che ha visto alternarsi al programma di Trentacinque parte di quello del primo CD Frontal, come "Tre Spirali" e "Lucine": immutato il suono e la comunicativa, la musica ha però dato assai più spazio ai solisti, in particolare i due sassofonisti David Binney e Dan Kinzelman, diversissimi negli stili: il primo sviluppa assoli fluidissimi e dinamici, il secondo viceversa ha un suono più scabro e si avventura in ricerche sonore che talvolta sfiorano il disturbo ma sono sempre comunicativamente pertinenti.

Nei due set del concerto hanno trovato spazio altri brani di entrambi i lavori, in un equilibrio di complessità—"Kamennaja Baba," ispirata alle grandi statue femminili siberiane poste a guardia delle tombe, "Window on a Better World," definita da Graziano l'unica canzone d'amore di Trentacinque e assai ampliata rispetto alla versione registrata—e genialità individuale—che ha trovato l'acme nel bis, "Rock Song #1" da Frontal, nella quale Kinzelman si è prodotto in un lunghissimo assolo semplicemente strepitoso, privo di qualsivoglia ripetizione, sunto di storia e tecnica del sax tenore, mentre Binney ha subito dopo sviluppato un proprio solo al contralto partendo da sussurri soffiati e arrivando—sotto gli occhi deliziati dello stesso Kinzelman—a un'intensità dinamica impressionante.

Va aggiunto un plauso per Gabriele Evangelista, sontuoso al contrabbasso nel sostenere una musica così potente e pronto a esprimersi in assolo o in duetto con il piano, e uno per lo straordinario Stefano Tamborrino, oggi uno dei maggiori batteristi non solo italiani, capace di accompagnare la musica e arricchirla di colori, contribuendo in modo determinate al mutamento degli scenari.

Di Graziano, infine, va detto che è adesso molto più protagonista anche come pianista, non solo perché—nel disco come nel concerto—si ritaglia alcuni intermezzi tra i brani e nei cambi interni di atmosfera, ma anche perché le sue improvvisazioni, i duetti con Evangelista o Tamborrino, il ruolo della tastiera all'interno della tessitura complessiva sono tali da permettere più che in passato di apprezzare le sue capacità strumentali.

Concerto dunque appassionante e splendido, conferma—assieme al nuovo disco—che Frontal è uno dei più interessanti gruppi sulla scena, e non solo di quella italiana.

Foto
Riccardo Crimi

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