Home » Articoli » Album Review » Spontaneous Music Ensemble: Oliv & Familie
Spontaneous Music Ensemble: Oliv & Familie
ByIl tema è quello di una delle prime e più interessanti forme d'improvvisazione degli anni Sessanta inglesi, scaturita dalla creativa idea del batterista John Stevens da Brentford (West London) e scomparso ventuno anni fa. Il celebrato produttore Giorgio Gomelsky, fervida mente di quegli anni, si accorse subito del peculiare universo che poteva stare dietro ai territori, solo apparentemente ostici, del progetto Spontaneous Music Ensemble, capace di unire sotto lo stesso tetto alcuni tra i migliori nomi della creatività in terra d'Albione di quegli anni. Inutile snocciolarli qui. Correte con l'occhio alla fine della recensione e guardateli da soli nella lista dei credits e pensate che, per di più, quelli citati sono solo quelli che appaiono in questo lavoro; uno solo delle decine apparse fra il 1964 e il 1994. In questo manca ad esempio l'immenso nome di Julie Tippetts che non partecipò alle esperienze "Familie" o "Oliv," ovverossia a due delle prime figurazioni allargate del progetto che Stevens mise in piedi a metà degli anni Sessanta accanto al sassofonista Trevor Watts, altro autentico nome di riferimento del jazz britannico.
Il significato sociale di queste incisioni è enorme e rasenta lo storico. Semplicemente cruciali per ogni mente che voglia avventurarsi nello studio del jazz britannico e delle sue forme o strade -davvero uniche al mondo -verso la musica improvvisata. In quei vinili che oggi Emanem riporta alla "luce digitale," c'è l'afflato quasi teatrale che muoveva musicisti destinati a diventare nomi di assoluto riferimento della "modern music" internazionale, riuscendo a vivere vite parallele sia nel panorama più vicino al pop-rock che al jazz o alle forme più vicine alla musica contemporanea accademica.
Dello stesso periodo dell'importante Karyobin che fu registrato il mese successivo, Oliv e Familie sono vere testimonianze di musica per l'arte, ricche dell'immenso sapere di gente del calibro di Kenny Wheeler, Norma Winstone, Evan Parker, Derek Bailey, Jeff Clyne, Dave Holland e Maggie Nichols. Può bastare? Gemme emozionali alle quali ci si deve avvicinare preparati poiché di ascolto per certi versi difficile e arduo. Suoni d'importanza seminale; quasi fosse una sorta di teatro musicale, per certi versi ispirato dal Gagaku, la musica giapponese di corte. Un'importantissima fotografia della Londra "non swinging" del '68 alternativa ai Beatles ma che -come i Beatles -è in grado di utilizzare il surrealismo come ad esempio nell'incipit di "Oliv," cantato da Maggie Nichols, dove la vocalist usa un linguaggio inventato da lei stessa mentre lavorava come hostess a Teheran, alla stessa stregua del kobaiano dei Magma francesi di Christian Vander. Wheeler qui è poi addirittura epico: visto oggi una buona decina di anni avanti alle menti anche più avanguardiste del tempo.
Musica non musica: ipnosi allo stato puro, assai vicina alle forme dell'arcana poesia teatrale greca. Una collezione unica di pura creatività britannica che andò alla scoperta di tutto ciò che sino allora forse solo Stockhausen aveva avvicinato: la sovratonalità, il radicalismo, gli ultra-acuti, i salti di registro, le nuove "regole" dell'improvvisazione, il concettualismo spontaneo, la ricerca totale. Come il lettore ben sa, quelli sono stati anni di autentica unicità e fervore dove tutto sembrò possibile. Stevens riuscì addirittura a creare una sorta di decalogo che, comunque fosse, aveva innanzitutto due regole fondamentali: 1. Se mentre suoni non riesci a sentire cosa sta facendo un altro musicista allora significa che stai suonando troppo forte. 2. Se il suono che stai producendo non trova una ragione d'essere con ciò che stai ascoltando creato da un tuo collega, allora che cavolo ci stai a fare in un gruppo? Perché non prendi in considerazione la possibilità di suonare da solo?
Se pensate al fatto di inserire questi concetti in un territorio musicale improvvisato, a-ritmico, atonale e con la peculiare caratteristica di essere comunque calmo e tranquillo, spesso non amplificato, allora potete avvicinarvi all'immane importanza del senso di quest'affermazione e di quale punto fondamentale ed essenziale del concetto di improvvisazione si sta parlando.
Insomma, in poche parole, un enciclopedico pezzo di storia al quale non è possibile dare voto perché sono i maestri che danno voti e non gli allievi o gli occasionali ascoltatori.
Track Listing
Familie; Oliv I; Oliv II; Familie (alternative ending).
Personnel
Pepi Lemer: voce; Norma Winstone: voce; Trevor Watts: piccolo, sax contralto; Brian Smith: flauto; Evan Parker: sax soprano; Peter Lemer: pianoforte; Derek Bailey: chitarra; Nik Bryce: violoncello; Jeff Clyne: contrabbasso; Dave Holland: contrabbasso; John Stevens: batteria; Derek Bailey: chitarra; Carolann Nicholls: voce; Johnny Dyani: contrabbasso.
Album information
Title: Oliv & Familie | Year Released: 2015 | Record Label: Emanem
< Previous
Made in Chicago
Next >
Live At NHKM