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Keith Jarrett al Parco della Musica, Roma
Parco della Musica
Roma
11.07.2014
Anche se non fa più tanto parlare di sè come in passato, ogni concerto di Keith Jarrett merita lo status di evento, tanto più quando, come in questo caso, il pianista si esibisce in solitudine. Ogni concerto è unico e irripetibile, impostato, come consuetudine ormai consolidata dopo quarant'anni (il primo live pubblicato, il famoso Koln Concert, risale al 1975, ma era già stato preceduto da altri concerti) all'insegna di una totale improvvisazione, con assenza di qualsiasi schema o struttura predeterminata. Ciò comporta naturalmente uno sforzo molto maggiore da parte del pianista, e di conseguenza una maggior rarefazione di questo tipo di concerti rispetto a quelli tenuti col trio.
Il concerto romano, a distanza di 10 anni dall'utima esibizione di questo tipo nella capitale, è stato l'ultimo di un breve tour estivo (cinque concerti in tutto, due in Canada e tre in Europa). Come sempre c'era il rischio che il mancato rispetto da parte del pubblico delle rigidissime disposizioni del pianista riguardo l'uso di flash e l'osservanza del più assoluto silenzio provocassero una cattiva serata, o addirittura l'interruzione del concerto (come accaduto poghi giorni prima a Parigi, dove Jarrett, infastidito dai ripetuti colpi di tosse, è uscito dalla sala nel corso del secondo set). Fortunatamente il pubblico presente nell'affollata Sala S. Cecilia si è comportato bene, con l'eccezione di qualcuno nella balconata rimasto oggetto dei rimbrottianche pesantidel pianista.
La ricompensa è stata un concerto straordinario, una sequenza di brani composti al momento, molti dei quali non avrebbero affatto sfigurato in un ideale songbook del pianista. Il tono generale è stato rilassato, con Jarrett apparso subito sciolto e ispirato. Dopo un primo brano preso a ritmo costante, con le mani a scorrere su e giù per la tastiera come se volesse fare un po' di stretching prima di passare a esercizi più impegnativi, è iniziata una sequenza di brani tutti caratterizzati da forte lirismo e spiccata melodia, tanto da stimolare anche un frequente ricorso alla vocalizzazione da parte del pianista, come moderni standard non dissimili da quelli classici nel suo repertorio.
L'unica possibile eccezione, iniziata con una figura ritmica caratteristica dei suoi tipici ostinati, è stata interrotta dopo poche misure per dare spazio a un'idea migliore. Dopo l'intervallo, Jarrett ha ripreso a suonare con la stessa ispirazione della prima parte, variando appena il tono generale con l'introduzione di qualche brano più mosso.
Finale con tre bis, a testimonianza di una serata complessivamente positiva: due standard ("Too Young to Go Steady" e "Answer Me, My Love") inframmezzati da un blues su uno schema in 8 battute. Entusiasmo del pubblico, consapevole di aver assistito a una serata pianistica di altissimo livello da parte di un artista unico e geniale.
Roma
11.07.2014
Anche se non fa più tanto parlare di sè come in passato, ogni concerto di Keith Jarrett merita lo status di evento, tanto più quando, come in questo caso, il pianista si esibisce in solitudine. Ogni concerto è unico e irripetibile, impostato, come consuetudine ormai consolidata dopo quarant'anni (il primo live pubblicato, il famoso Koln Concert, risale al 1975, ma era già stato preceduto da altri concerti) all'insegna di una totale improvvisazione, con assenza di qualsiasi schema o struttura predeterminata. Ciò comporta naturalmente uno sforzo molto maggiore da parte del pianista, e di conseguenza una maggior rarefazione di questo tipo di concerti rispetto a quelli tenuti col trio.
Il concerto romano, a distanza di 10 anni dall'utima esibizione di questo tipo nella capitale, è stato l'ultimo di un breve tour estivo (cinque concerti in tutto, due in Canada e tre in Europa). Come sempre c'era il rischio che il mancato rispetto da parte del pubblico delle rigidissime disposizioni del pianista riguardo l'uso di flash e l'osservanza del più assoluto silenzio provocassero una cattiva serata, o addirittura l'interruzione del concerto (come accaduto poghi giorni prima a Parigi, dove Jarrett, infastidito dai ripetuti colpi di tosse, è uscito dalla sala nel corso del secondo set). Fortunatamente il pubblico presente nell'affollata Sala S. Cecilia si è comportato bene, con l'eccezione di qualcuno nella balconata rimasto oggetto dei rimbrottianche pesantidel pianista.
La ricompensa è stata un concerto straordinario, una sequenza di brani composti al momento, molti dei quali non avrebbero affatto sfigurato in un ideale songbook del pianista. Il tono generale è stato rilassato, con Jarrett apparso subito sciolto e ispirato. Dopo un primo brano preso a ritmo costante, con le mani a scorrere su e giù per la tastiera come se volesse fare un po' di stretching prima di passare a esercizi più impegnativi, è iniziata una sequenza di brani tutti caratterizzati da forte lirismo e spiccata melodia, tanto da stimolare anche un frequente ricorso alla vocalizzazione da parte del pianista, come moderni standard non dissimili da quelli classici nel suo repertorio.
L'unica possibile eccezione, iniziata con una figura ritmica caratteristica dei suoi tipici ostinati, è stata interrotta dopo poche misure per dare spazio a un'idea migliore. Dopo l'intervallo, Jarrett ha ripreso a suonare con la stessa ispirazione della prima parte, variando appena il tono generale con l'introduzione di qualche brano più mosso.
Finale con tre bis, a testimonianza di una serata complessivamente positiva: due standard ("Too Young to Go Steady" e "Answer Me, My Love") inframmezzati da un blues su uno schema in 8 battute. Entusiasmo del pubblico, consapevole di aver assistito a una serata pianistica di altissimo livello da parte di un artista unico e geniale.