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Intervista a Marcello Giannini

Intervista a Marcello Giannini
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Il pubblico italiano del jazz ha conosciuto Marcello Giannini grazie alla scrittura nell'organico "Parco della Musica Jazz Lab" di Enrico Rava. Con questi ha registrato per l'Espresso il CD Jazz Italiano Live 2009 e, qualche anno dopo per l'ECM, Rava on the Dance Floor. Attivo professionalmente da un decennio, in un'area musicale che spazia dal jazz alla libera improvvisazione e al rock (Slivovitz, 99 Posse, Daniele Sepe, Cristiano Arcelli), il chitarrista napoletano ha da poco pubblicato il suo primo disco da leader (Frammenti, Auand 2015) aggiungendo freschezza e originalità compositiva alle sue doti di fantasioso solista.

All About Jazz Italia: Da qualche mese è stato pubblicato Frammenti, il tuo primo disco da leader. Ci racconti com'è nato?
Marcello Giannini: Il disco nasce dalla mia esigenza di documentare la scena napoletana che mi appartiene, quella degli amici con cui collaboro da tempo. Mi riferisco sia ai membri dello Slivovitz che del Collettivo Crossroad Improring. Da quattro anni con questi ultimi ci vediamo una volta alla settimana e facciamo libera improvvisazione

AAJI: Quanti siete?
M.G.: Il collettivo comprende una trentina di persone ma nel disco sono entrati quelli con cui ho una relazione musicale più intensa. Volevo incidere delle mie composizioni con formazioni diverse, aiutandomi col lavoro in post-produzione. Ad esempio il secondo pezzo del disco, "Eta Carinae" è stato registrato subito da me alla chitarra e da Davide Maria Viola al violoncello. In un secondo tempo è intervenuto Marco Castaldo improvvisando alla batteria ed io ho montato il tutto. Anche i brani "Frammenti" e "Petrolio" nascono da libere improvvisazioni rielaborate in un secondo momento.

AAJI: Per quanto tempo ci hai lavorato?
M.G.: Molto. Ho iniziato a registrare a marzo e ho finito a luglio inoltrato, facendo da solo tutto il missaggio e il lavoro di post-produzione. Ho registrato in sala impro batteria, chitarra, contrabbasso e violoncello mentre, recandomi a casa dei vari amici, ho registrato il violino (Riccardo Villari) ed ancora la chitarra acustica, quella elettrica, la batteria eccetera.

AAJI: Dal disco emergono vari riferimenti stilistici...
M.G.: Io seguo da molti anni la scena elettronica, quindi gruppi come Rahiohead e Mogway sono stati fondamentali. Un esempio importante per me è stato il disco di David Torn Prezens inciso per l'ECM. Anche lui ha registrato delle improvvisazioni di Tim Berne, Craig Taborn e Tom Rainey e le ha montate in un secondo tempo. Altri che mi hanno sicuramente influenzato sono musicisti elettronici "puri" come Jon Hopkins, Clark, Squarepusher, Aphex Twin.

AAJI: La dimensione elettronica viene però combinata con suoni acustici folk, un po' come fanno gli Slivovitz.
M.G.: Si. È una combinazione che mi piace moltissimo. Ricordo ad esempio le cose fatte in The Lemon of Pink dagli americani The Books dove c'è un ibrido tra superfolk ed elettronica, associando suoni di strumenti acustici con elaborati campionamenti.

AAJI: Prima di questo disco ne hai inciso un altro dal titolo Arduo che è però un oggetto misterioso, nel senso che è poco reperibile...
M.G.: Si è un'incisione autoprodotta con il batterista Andrea De Fazio, un musicista molto bravo, legato ad Erlend Oye dei Kings of Convenience, al collettivo Revenaz ed altri gruppi. È appassionato come me di math-rock, jazz-core e hardcore. Dopo varie esibizioni abbiamo deciso di registrare, tutto dal vivo. In esso esprimo pienamente il mio lato rock.

AAJI: Come vedi la scena musicale napoletana odierna? Mi sembra che ci sia un bel fermento...
M.G.: Si c'è un bel fermento sia nel campo del modern jazz che nell'ambito più sperimentale e alternativo, incline alla libera improvvisazione e al rock. Da questo punto di vista Napoli è sempre stata viva ed anche in questo periodo di crisi economica, dov'è difficile farsi conoscere fuori della città, emergono delle belle cose. C'è un legame con centri sociali come il Lido Pola, Officina 99, l'ex Asilo Filangieri... Si respira un clima molto stimolante, ci scambiamo idee e c'è una bella collaborazione tra persone che sviluppano per conto proprio cose diverse.

AAJI: Ti consideri un musicista di jazz?
M.G.: Direi in senso molto lato. Non mi condidero un purista perchè non è proprio la mia storia. Mi piace il jazz per le possibilità che offre a chi vuole esplorare e guardare oltre. Io sono nato con il rock & roll, poi mi sono appassionato al jazz e ho frequentato vari seminari. Quello che sono adesso è la somma di queste e tante altre influenze, come la libera improvvisazione per cui ho avuto sempre una grande passione.

AAJI: Com'è nata la passione per la chitarra?
M.G.: In realtà io volevo suonare la batteria ma mio padre è stato contrario perchè non voleva disturbare i vicini e così ho optato per la chitarra e pian piano mi sono appassionato anche grazie all'ascolto di chitarristi rock leggendari come Jimi Hendrix, Jimmy Page, Brian May dei Queen, Eric Clapton e altri. Qualche anno dopo ho scoperto John Scofield ed altri chitarristi jazz, in particolare Pat Metheny e Bill Frisell. Li ho apprezzati tutti anche se Scofield resta il mio preferito per il suo groove, per la sua propensione verso il blues e il ritmo.

AAJI: E tra i musicisti o gruppi più recenti?
M.G.: I Radiohead moltissimo e tra chitarristi David Torn e Marc Ducret.

AAJI: Nella tua formazione musicale c'è anche il conservatorio...
M.G.: Prima ho studiato privatamente con Domenico Langella e Giulio Martino, poi ho proseguito al conservatorio S.Pietro a Majella di Napoli, sotto la guida di Pietro Condorelli e Marco Sannini, dove mi sono diplomato. Poi mi sono iscritto al corso biennale di Siena Jazz e ho avuto modo di apprendere da Kurt Rosenwinkel, Roberto Cecchetto, Marc Ducret. Ho così scoperto l'avanguardia attiva a New York negli anni novanta e mi si è aperto un mondo...

AAJI: Parliamo della collaborazione con Enrico Rava.
M.G.: È stata una collaborazione molto importante per me. Dopo quei corsi a Siene mi ero iscritto a un suo seminario e subito dopo Enrico mi ha chiamato a collaborare nel gruppo Parco Della Musica Jazz Lab. Enrico doveva pubblicare un disco per l'Espresso nella collana "Jazz Italiano Live 2009" e dopo una serata a Villa Celimontana lo abbiamo registrato live alla Casa del Jazz. Per me è stato proprio un battesimo di fuoco.
Con Enrico ho partecipato a Rava On the Dance Floor dedicato alla musica di Michael Jackson e appena prima al rifacimento del progetto L'Opera Va, con dei concerti in Francia.

AAJI: Come ti sei trovato a suonare con Rava?
M.G.: Benissimo. Rava ha un grande intuito e dà spazio a tutti, lasciando ampia libertà d'espressione.

AAJI: Infine c'è la collaborazione coi 99 Posse... mi piacciono i dischi a cui hai partecipato, Cattivi Guaglioni e Curre Curre Guagliò 2.0 ...
M.G.: È un'altra bella esperienza che sta andando avanti. Con loro siamo proprio amici, ci conosciamo da anni e sono sempre molto carini con me e con gli Slivovitz e spesso ospitano alcuni di noi nei loro live.

AAJI: Cosa rappresenta per te la musica?
M.G.: Ovviamente tutto. Rappresenta tutta la mia vita anche se in un momento come questo è molto dura. A volte capitano delle grandi occasioni, come è successo a me con Enrico Rava, ma andare avanti è comunque difficile.

AAJI: Che progetti hai in cantiere?
M.G.: Ad ottobre dovrebbe uscire il quarto disco degli Slivovitz con l'etichetta newyorkese Moonjune e poi vorrei dedicarmi a questo nuovo quintetto, i Periodic Limb Sleep Disorder, con i quali promuovo i pezzi del mio disco e poi continuare con Arduo.

Foto
Riccardo Crimi.

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