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Emanuele Parrini Quartet al Pinocchio Jazz di Firenze

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Pinocchio Live Jazz
Firenze
23.01.2016

Sono passati quasi due anni dal concerto fiorentino (clicca qui per leggerne la recensione) nel quale il quartetto di Emanuele Parrini sperimentava la suite dedicata ad Amiri Baraka per poi registrarla nei giorni successivi, in previsione di un disco.

Adesso quell'album è pronto e la formazione torna su un palco fiorentino -stavolta su quello più noto, il Pinocchio Live Jazz -per presentarlo in anteprima. Il disco, che esce per la Long Song Records, si intitola The Blessed Prince, così come la suite, e completa un trittico iniziato con i due Viaggio al centro del violino editi da Rudi Records: il volume 1 per solo violino, nel 2014, il volume 2 per sestetto (più voci ospiti) nel 2015.

La prima parte del concerto ha visto l'esecuzione, senza soluzione di continuità, della suite che dà il titolo all'album. Introducendo, Parrini ha ricordato che proprio sul palco del Pinocchio, alcuni anni fa, lui e Dimitri Grechi Espinoza -il sax del quartetto -avevano suonato ospitandolo nel Dinamitri Jazz Folklore (tra l'altro è appena uscito per la Rudi Records il disco che documenta la collaborazione tra quel gruppo e il compianto poeta americano al festival di S.Anna Arresi), ragione che ha reso ancora più sentito e concreto l'omaggio.

La suite ha uno stile di fatto abbastanza curioso e intrigante: molto scritta, suona però come improvvisata, forse anche grazie al fatto che gli spazi solistici sono ampi per tutti; gli interventi, coerenti allo sviluppo drammaturgico, sono ora più lineari e lirici -d'un lirismo, peraltro, che rinvia a quello caro a Parrini della New Thing degli anni Settanta, nel quale spiccano gli espressivi interventi di Espinoza -ora invece più liberi e rumoristici -in particolare nel caso del violino, che Parrini esplora in tutte le sue forme espressive, e del contrabbasso di Giovanni Maier.

Quest'ultimo, peraltro, ha nel gruppo un ruolo cardine: presente in ogni momento non solo dal punto di vista ritmico ma anche da quello della caratterizzazione del suono, compie sovente un'opera di raccordo nei passaggi narrativi dall'uno all'altro dei solisti, anche alla luce del fatto che il gruppo tende a cambiare composizione più volte all'interno di ciascuna parte della suite. Rilevante anche il contributo del batterista Andrea Melani, solo in rare occasioni impegnato in assoli e tuttavia sempre presente nel sostenere -e talvolta dialogare, come nel caso di un duo con il contrabbasso -il lavoro degli altri strumenti.

Alla fine del primo set, in ogni caso, il pubblico era decisamente già molto soddisfatto di una musica intensa, rigorosa, mai in alcun modo prevedibile, e tuttavia al tempo stesso neppure mai criptica. Impressioni confermate dal secondo set, incentrato stavolta su brani isolati, alcuni dei quali già noti in formazioni diverse -in particolare quelli scritti da Maier. Qui la musica ha conservato complessità e libertà, acquisendo compattezza grazie alla soluzione di continuità e al più stringato discorso drammaturgico, a discapito forse della suggestione sprigionata dalla suite.

Gran bel concerto, del quale a prima impressione il disco appena uscito conserva interamente la qualità.

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