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Dinamitri Jazz Folklore "La Società delle Maschere"

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Spazio Alfieri
Firenze
13.04.2014

Sono oltre due anni che Dimitri Grechi Espinoza e il gruppo di eccellenti musicisti raccolti nel suo Dinamitri Jazz Folklore lavorano attorno al progetto della "Società delle Maschere." Anni che hanno prodotto una lunga serie di concerti e l'eccellente CD per la Rudi Records, ma che hanno anche favorito una crescita del progetto che—oggi che Espinoza ne annuncia la prossima conclusione nell'intervista che ci ha concesso—rasenta ormai la perfezione, come ha potuto apprezzare chi abbia assistito al concerto fiorentino presso lo Spazio Alfieri.

La prima parte del concerto ha ripercorso le coordinate del CD, messo in scena in modo suggestivo con i musicisti "mascherati": si tratta di maschere originali, create da un artigiano su suggestioni africane. Musica bellissima e intensa, perfettamente coerente e compatta, personalissima pur con le palesi eredità che vengono dall'Art Ensemble Of Chicago, da Mingus, da Sun Ra.

Nel corso del concerto, Espinoza ha smembrato il sestetto e lo ha fatto operare a piccoli gruppi di volta in volta diversi, così da creare spazi solistici e valorizzare le espressività individuali—notevolissime, considerando che in scena ci sono personalità come Emanuele Parrini al violino, Beppe Scardino al sax baritono e Gabrio Baldacci alla chitarra, solo per citare i principali solisti—salvo ricongiungere poi il gruppo nelle intensissime e ascetiche parti corali.

Dopo la suite delle Maschere, sul palco è salito il vocalist Piero Gesué che—come nel disco—ha interpretato una serie di brani della cultura Tuareg, peraltro intercalati da uno splendido pezzo per sestetto, ricco di reiterazioni quasi rituali. Particolari gli interventi di Pee Wee Durante all'organo, talvolta sinergici alla chitarra di Baldacci, altre screzianti le sonorità acustiche dei fiati. Come sempre notevole e creativo l'apporto di Andrea Melani alla batteria e quello di Simone Padovani alle percussioni.

Una nota a parte per Espinoza, ispiratore e regista dell'operazione, ma anche protagonista in scena sia per l'espressività musicale—la sua voce di contralto è tra le più personali del nostro paese e le sue improvvisazioni, oggi meno tormentate e "urlate" di un tempo, hanno impareggiabile coerenza e suggestione—sia per teatralità—ha ripetutamente suonato seduto in "seiza" ed è anche sceso in platea all'inizio del bis con un lungo bastone, per svolgere gesta rituali mentre gli altri, sul palco, suonavano campanacci.

Concerto di grande livello, che lascia una punta di dispiacere solo perché sarà difficile rivedere ancora questo progetto in scena. Anche se, ovviamente, c'è da confidare senza riserve nei futuri progetti di Espinoza e del Dinamitri.

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